Un'onda di petrolio verso l'Eden di Fabio Galvano

Un'onda di petrolio verso l'Eden Una chiazza di greggio lunga 8 chilometri minaccia di cancellare un paradiso ambientale Un'onda di petrolio verso l'Eden Galles: s'incaglia una nave, in pericolo due isole LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Una catastrofe ambientale. Un'altra. Fra 4 e 6 mila tonnellate di greggio, rovesciate in mare dalla chiglia squarciata di una petroliera incagliata al largo del Galles, sono spinte dal vento e dalle correnti verso la costa. Ieri sera, sfidando le condizioni del tempo che peggioravano, mezzi di soccorso tentavano una colossale operazione di salvataggio. E' una gara contro il tempo, perché la nave - la Sea Empress che batte bandiera liberiana ma ha un equipaggio tutto russo - ha ancora a bordo 136 mila tonnellate di petrolio: la marea nera potrebbe distruggere tutta la fauna locale e ridurre a un deserto ecologico la zona attorno al porto di Milford Haven, oggi ricca di oasi naturali. Il petrolio uscito dalle cisterne ha formato una chiazza lunga otto chilometri nel Canale di Bristol. Ma una piccola quantità qualche centinaio di tonnellate ha già colpito le spiagge lungo la costa del Pembrokeshire, nell'estuario di Milford Haven. Non è un disastro come quello della Braer, che nel gennaio 1993 si ruppe davanti alle Shetland scaricando a mare 80 mila tonnellate di greggio. Non ancora; ma le colonie di foche grigie, i delfini e il mezzo milione di uccelli, tra cui cormorani e sule che fanno di questa zona della costa gallese uno dei più importanti parchi naturali delle isole britanniche, sono a rischio. L'incidente è avvenuto giovedì sera e ancora se ne ignorano le cause. Avaria? Errore umano? Una combinazione dei due? Il responsabile delle operazioni della compagnia cui la Sea Empress appartiene, la Acomarit U.K., non ha voluto pronunciarsi; ma dai messaggi dei soccorritori risulterebbe che tanto la sala macchine quanto la timoneria non avevano subito avarie prima dell'incidente. Certo è che, una volta tanto, le condizioni del tempo non sono imputabili: il mare era tranquillo, giovedì sera, e il vento moderato. La petroliera era già nelle mani di un pilota venuto da Milford Haven quando ha urtato lo scoglio sommerso. Toccherà all'inchiesta ufficiale, già avviata ieri dal ministro dei Trasporti Sir George Young dopo una visita in zona, appurare le cause. Le priorità, in questo momento, sono altre. E già ieri, per tutta la giornata, sette aerei dotati di impianti per spruzzare detersivi hanno ripetutamente sorvolato la zona al largo di St. Govan's Head, tentando di neutralizzare la chiazza più grossa. Da tutta la costa occidentale dell'Inghilterra sono in arrivo imbarcazioni adatte a «filtrare» il mare, o a contenere la marea nera con un sistema di tubi galleggianti. Finora, dove il petrolio ha toccato terra, i danni ambientali e alla fauna non sarebbero irreparabili. Ma in poche ore la situazione potrebbe cambiare e provocare un'ecatom¬ be di gazze marine, puffini e urie. L'operazione più urgente consiste nel portare la Sea Empress al sicuro. Due specialisti olandesi di recuperi marittimi sono già al lavoro. La petroliera, che aveva caricato a Glasgow petrolio del Mare del Nord per portarlo alla raffineria Texaco di Milford Haven, dove si produce un quarto della benzina usata nelle isole britanniche, dovrà essere affiancata da una petroliera più piccola, la Star Bergen di 30 mila tonnellate, che pomperà il greggio dai serbatoi lesionati. Solo allora la Sea Empress potrà essere trainata dai quattro rimorchiatori che la tengono in posizione e portata senza pericolo di ulteriore inquinamento in un bacino di Milford Haven. Per effettuare quest'operazione occorrono mare calmo e vento debole: due condizioni su cui l'ufficio meteorologico ha molti dubbi. Il pericolo più immediato è per una colonia dì circa mille urie che si trovano su Stack Rock, uno scoglio nella zona a maggior rischio. «Le migrazioni porteranno qui, entro un mese, un altro mezzo milione di uccelli», ha precisato ieri Louise Tickle, che coordina l'anione dei volontari della società protettrice degli uccelli: «L'importanza di questa zona, nel panorama delle migrazioni internazionali, è immensa. E purtroppo l'esperienza insegna, sulla base della quantità di petrolio già finita in mare, che non sarà facile scongiurare un disastro ecologico». Soltanto se il vento cambiasse improvvisamente - cosa assai improbabile in questa stagione la costa del Galles sarebbe risparmiata. La petroliera non è una delle tragiche «carrette di mare» troppo sovente al centro di analoghe tragedie. Costruita in Spagna, è stata varata nel 1993 e dispone quindi dei più recenti sistemi di sicurezza; ma non ancora della «doppia chiglia» che la autorità marittime hanno reso obbligatoria dopo la tragedia delle Shetland. Pochi mesi fa un'altra nave si era incagliata nella stessa zona; e già ci si domanda se sia una coincidenza, o se correnti e fondali risultino in realtà diversi da quelli indicati sulle carte nautiche. Un mare di punti interrogativi, su cui spicca il più drammatico: si riuscirà a bloccare la marea nera? Fabio Galvano La «Sea Empress» batte bandiera liberiana, ma l'equipaggio è russo Scatta lo stato di massimo allarme Rischiano di morire mezzo milione di uccelli foche e delfìni Sette aerei scaricano solvente per frenare la marea nera La petroliera che sta gettando petrolio verso le coste del Galles

Persone citate: Eden Galles, Empress, George Young, Head, Louise Tickle, Stack Rock

Luoghi citati: Galles, Glasgow, Inghilterra, Londra, Spagna