D'Alema Bossi attento a come parli

Il leader della Quercia «avverte» anche Bertinotti: senza intese, facciamo vincere la destra Il leader della Quercia «avverte» anche Bertinotti: senza intese, facciamo vincere la destra D'Aleniti: Bossi, attento a come parli «Accordi solo se rinuncia alla secessione» MILANO. Due ore dopo lo scioglimento delle Camere - che definisce «le peggiori degli ultimi 30 anni» - il segretario del pds Massimo D'Alema è al Palalido di Milano tra un migliaio di fedelissimi. Esordisce: ((Abbiamo tentato le riforme ma non è stato possibile. A questo punto era inevitabile votare». E allora al voto, pensando (già) a candidati ed alleanze. Finiti i tempi dell'«inciucio» D'Alema guarda a tutti i possibili antagonisti della destra di Berlusconi. Elenca: «La Lega con cui abbiamo già lavorato sostenendo insieme il governo Dini e Rifondazione comunista». Alleanze possibili - «ma solo dopo aver rafforzato l'Ulivo» su cui il segretario del pds da subito mette i puntini sulle «i»: «Con la Lega solo se rinuncerà alla secessione. Con Rifondazione ci accomuna invece la preoccupazione che possa vincere una destra pericolosa». Basta questo per allargare la coalizione che dovrebbe fermare Berlusconi e Fini? In un'intervista a «Radio Popolare» D'Alema non dà per scontati i patti di desistenza. Ma ammonisce: «C'è il rischio che senza questi accordi la destra vinca. Spero che questo rischio sia considerato con attenzione da Bossi e Bertinotti». Tempo, a quanto pare, non ce n'è tantissimo. Si vota il 21 aprile. Le macchine dei partiti sono già a pieno regime. E D'Alema ieri pomeriggio, alla Casa della Cultura, ha voluto incontrare l'intellighenzia milanese che si riconosce nella Quercia e nell'Ulivo. Un dibattito pure vivace. Con il regista Giorgio Strehler che balza su e quasi urla: «Macché riformare la Costituzione, quella va bene com'è». D'Alema ascolta, interviene, ricostruisce il percorso politico degli ultimi mesi: quello con Berlusconi come nemico, poi amico, e adesso ancora nemico numero uno. Di candidature - per adesso - il segretario del pds non vuole parlare. Sta sul generico: ((Avremo nell'Ulivo anche personalità rappresentative di un'Italia mo¬ derata, della borghesia italiana che ha capito che questa destra ci porta fuori dall'Europa». Va bene, ma i nomi? D'Alema non esclude nulla: «Se teniamo le porte aperte a Dini e Maccanico? Ma io non sono il guardiano delle porte, decidano loro». E Di Pietro? Cosa dice il segretario del pds del politico non politico da una vita in testa ai sondaggi dei più graditi? Preferisce glissare, D'Alema. E fa, ai giornalisti che lo tampinano: «Prego, niente domande così difficili». Tra i cento della Casa della Cultura - c'erano lo scrittore e pittore Tadini, l'ex assessore Lanzone, l'operaio Superchi che dall'Alfa Romeo è approdato in Parlamento - c'è anche chi vuole sapere di sanità, di cultura, delle città in cui non si respira e del lavoro che non c'è. D'Alema preferisce parlare di Costituzione, di grandi riforme. E di questo Parlamento sciolto da due minuti e che per lui è il peggiore degli ultimi 30 anni. Si infervora, il segretario: ((Anche negli Anni 60 era meglio. E non mi riferisco soltanto a chi stava all'opposizione». Un mare di parole che finisce poco nei taccuini dei giornalisti che aspettano in via Borgogna con le ragazzine che chiedono quale cantante famoso sia lì, nella jeanseria a fianco. Meglio parlare di elezioni, «dell'Ulivo che va rafforzato e deLsuo ledare indiscusso che è Romano Prodi». E delle minacce che incombono all'orizzonte. Ma qui siamo già ai comizi: «Il mondo dell'economia deve scegliere: vuole una destra gendarme contro la sinistra, contro i sindacati? Sarebbe una scelta miope, di ingovernabilità del Paese. Decidano loro, la destra hanno visto come governa». Fabio Potetti Il leader leghista Umberto Bossi In basso: il segretario del pds Massimo D'Alema

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