Grandi manovre nei 2 poli per spodestare la Moratti

Grandi manovre nei 2 poli per spodestare la Moratti Grandi manovre nei 2 poli per spodestare la Moratti ELEZIONI E VERTICI RAI CROMA AMERE sciolte, tv assediate. Il controllo delle piazze elettroniche è la prima preoccupazione dei partiti, che si muovono fra norme incerte e appetiti feroci. E' fallita ogni mediazione: l'antitrust, la nuova legge Rai, persino il modesto «tavolo delle regole» dell'estate scorsa. Resta la «par condicio» ma non basta più neanche al suo inventore, il presidente Scalfaro, che la invocò con successo nelle ultime elezioni regionali. Purtroppo non c'è tempo per fare nuove norme. Ce n'è solo per cambiare qualche persona. E così, nel giorno dello Scioglimento, esplode inesorabile la Moratti-condicio. I partiti si rivoltano contro la presidente, che finora li aveva sempre saputi tenere a bada con abilità, anche instaurando rapporti personali diretti con «cespugli» di sinistra come i presenzialisti del video Spini e Crucianelli. Ma stavolta sul lungo collo di sciura Letizia soffia maligno il fiato dell'intero ex «arco costituzionale»: da Berlusconi a Bertinotti, passando per un Prodi particolarmente avvelenato, tutti tranne Fini vogliono mandare a casa o almeno ridurre all'impotenza la presidente della Rai, affiancandole un direttore generale di garanzia a cui delegare il comando durante la campagna elettorale. L'ultimo ad accodarsi alla lista è stato Umberto Bossi, con cui la Sciura fino a poco tempo fa si dava del tu, sentendosi anche proporre la promozione del suo Da Rold alla direzione della Tgr. Ma ieri i suoi uomini lo hanno sentito dire: «Questa qui ha tradito tutti: prima Berlusconi, poi me». Alla stessa ora i giuristi di D'Alema si affannavano davanti a codici e pandet- te per trovare l'artificio formale con cui segarle la sedia. Scalfaro riceveva i designatoli della Moratti, Pivetti e Scognamiglio, per manifestare la sua preoccupazione. Pivetti si incontrava anche con Dini, il «deus ex machina» della vicenda: sarà lui, nella sua veste di ministro del Tesoro, a suggerire all'Iri la probabile soluzione della crisi: un nuovo direttore generale da nominare il 27 febbraio al posto del licenziato Minicucci. Probabilmente un manager cattolico che piaccia da Casini al pds per gestire la Rai nei prossimi due mesi, bloccare nuove nomine morattiane e soprattutto vigilare sull'applicazione della «par condicio» con più poteri di quelli, pressoché nulli, del povero e ultra-prorogato garante Santaniello. Due, per il momento, i papabili: Albino Longhi (ex direttore del Tgl, vicino ai popolari ma gradito anche a Forza Italia e al pds) e Franco Iseppi (coordinatore dei palinsesti e grande amico e collaboratore di Enzo Biagi). Il tiro alla Sciura era partito fin dalle prime ore della mattina, dopo che l'azionista della Rai, il presidente dell'Ili Tedeschi, aveva espresso clamorosa¬ mente davanti alla commissione di vigilanza il suo dissenso nei confronti del consiglio d'amministrazione. Gongolavano i berluscones, anche se i toni più arrabbiati si ascoltavano fra i fans dell'Ulivo, da Gerardo Bianco al colonnello dalemiano Vincenzo Vita, che denunciava la «necessità di decisioni urgenti e risolutive». Il progressista Beppe Giulietti arrivava ad auspicare uria soluzione che fino a pochi giorni fa sulla sua bocca sarebbe parsa un'eresia: «A questo punto va bene anche il commissario!». Un vecchio tabù della sinistra, che adesso invece sarebbe disposta ad accettarlo, pur di liberarsi della «Commissaria» di viale Mazzini. Il sogno si inceppava però fra le maghe del diritto. I legali subito messi al lavoro dal pds rispondevano con sconsolati «niet» alle speranze dei politici. Per legge il commissario può essere nominato solo in caso di fallimento. Ci vorrebbe un decreto ad hoc, ma Dini faceva sapere di non essere disposto a compiere un simile atto a Camere chiuse, mentre An, fiutata l'aria, già gridava con Storace che «la nomina di un commissario in questa situazione equivarrebbe a un colpo di Stato». Restava un appiglio: che i legali dell'Ili denunciassero la Moratti per gravi illegittimità, ma col passare delle ore prendeva corpo l'ipotesi più semplice e concreta: uno svuotamento dei poteri della Presidente, scaduti il 31 dicembre scorso, e la nomina di un nuovo «cane da guardia». Massimo Gramolimi L'Iri stigmatizza il caso Minicucci ma non può «licenziare» la presidente Bossi tuona «Ha tradito tutti» Ormai solo Fini vuole lasciarla al suo posto Letizia Moratti con il presidente della Commissione di vigilanza sulla Rai Marco Taradash