II boom dei prodotti discount
U I ribassi della Barilla sono l'ultimo effetto della guerra sui listini II boom dei prodotti discount Tagli del30% rispetto alle grandi marche MILANO. Ben venga la Barilla. Almeno, grazie all'iniziativa in arrivo da Parma, il taglio dei prezzi su quasi tutta la produzione, si capiscono meglio le tendenze del mercato del largo consumo in Italia. Nella pasta, ovviamente, ma anche fuori. Anzi, è senz'altro presto per capire se la scelta in arrivo dalla Barilla produrrà un grande terremoto. «Noi - replicano alla Buitoni - aspettiamo la reazione del mercato. Certo, abbiamo tutti i mezzi per rispondere, sia come prezzi che in altra maniera. Ma adesso è presto...». Ma le promozioni? Andrete avanti per la vostra via? «Per ora il nostro impegno resta immutato. Ed è già una risposta...». Tutto qui, ma da un giro di opinioni allargato a tutte le aziende con un messaggio di marca, già si capisce l'antifona: l'industria di marca non pensa che la risposta Barilla, tutta basata sul prezzo, sia quella più giusta. La vera trincea, però, non sono, come potrebbe apparire a prima vista, i concorrenti diretti di Barilla. In ballo è qualcosa di più importante. Il rapporto, innanzitutto, tra grande distribuzione e industria di marca. Barilla ha presentato l'operazione «taglio dei prezzi» come un'azione studiata assieme alla grande distribuzione. «Balle - replica uno dei grandi del settore - noi guadagniamo a pezzo. E loro ci propongono di guadagnar meno su ogni singolo pezzo. Un'operazione che ricadrà su tutti e che non potremo recuperare sul fronte dei consumi. Gli italiani non mangeranno più pasta perché la Barilla ha ridotto i prezzi di 150 lire al chilo, ovvero otto chili per un caffè al bar...». Ma il malumore verso la Barilla è relativo, anche perché, a giudicare dall'andamento della distribuzione, grande e piccola, la battaglia dei prezzi (e della qualità) è in atto da tempo. Ben prima della scelta in arrivo dalla multinazionale di Parma. Prima trincea della guerra, ovviamente, sono stati gli hard discount. «Oddio - spiega il dottor Boi di Centromarca, l'associazione delle aziende di marca -. La crescita delle strutture di hard discount è tutta da verificare. Anzi, secondo le nostre rilevazioni siamo in frenata. Avevamo contato oltre mille strutture nuove nel '94, nel '95 ci sono giunte solo 600-650 rilevazioni». Dopo la grande esplosione il fenomeno, insomma, sarebbe in frenata». Certo, l'esercito dei discount registra una crescita impressionante: a inizio '93, in pratica si toccavano poche decine; poi, nel giro di pochi mesi si è balzati alle centinaia, al migliaio entro il '94. Gli hard discount, a fine '95, erano circa 2200, diventeranno oltre 2600 nei prossimi dodici mesi. Ma la stragrande maggioranza delle strutture nuove sarà installata al Sud, in una zona partita in ritardo rispetto al resto del Paese. Non solo. I discount all'italiana hanno assunto nel tempo caratteristiche diverse dai loro fratelli del Nord Europa, nell'ultimo anno: oltre ai prodotti «primo prezzo», insomma, presente¬ rebbero anche altre offerte di aziende di marca. «Non è un caso - commenta Beppe Milano di Federcom, cioè la struttura che mette assieme grandi organizzazioni, tipo A&O piuttosto che Végé che sia avvenuta questa metamorfosi, già verificatasi in Inghilterra. Si sono innescate certe scelte da parte dei grandi del settore, e una certa reazione degli altri». La mappa della guerra, insomma, segnala una certa ritirata degli hard discount, che però hanno inflitto gravi perdite al nemico: i prezzi risultano, in media, inferiori del 2530 per cento rispetto a quelli dell'industria di marca. L'avanzata degli hard discount è stata tamponata da quelli che in gergo vengono definiti «discount», che hanno risposto all'attacco con le «private labels» (Esselunga piuttosto che Pam, Sma o Gs). Il margine teorico di crescita del mercato è ancora assai elevato, dato che in Germania gli «hard discount» coprono un 20 per cento abbondante del mercato. Difficile che in Italia si possano toccare certe vette, anche perché il sistema ha saputo reagire, vuoi con i supermercati, vuoi con altre forme di vendita. «Di sicuro - affermano alla Faid, l'associazione che riunisce i colossi della grande distribuzione - la partita sui prezzi si avverte, eccome...». Ma non è un discorso legato premono gli esperti - alla mossa della Barilla. La partita è già cominciata da un pezzo. E il consumatore, almeno per ora, sembra il grande vincitore. L'importante è vigilare sulla qualità. Ugo Bertone LASPESACON INDICE LA SPESA INDICE 1 PRODOTTI Dl MARCA GLOBALE AL PRFZZO PIU' BASSO GLOBALE LE MARK S 100 LIDL HD 100 IPERGROSS 1 103 PLUS HD 101 JOYLAND 1 104 IN'S HD 101 TARANTINI S 104 ED HD 101 IPER 1 104 LD HD 103 DESANDI 1 104 DISCOPLUS HD 103 SUPERMERCATOROSSEnO S 105 ECU HD 104 IPERFUTURA 1 105 DISI HD 104 ITALMEC CARLONE S 106 ECONOMY HD 105 EPAM S 106 PRIX HD 105 IPERGEA 1 106 TUO HD 105 IPERMONDO 1 106 AS HD 106 CONTINENTE , 1 107 SUPERDT HD 106 INTERSPAR-IPERCITY 1 107 EGA HD 107 META' SUPERNEGOZI S 107 NEW FLORIDA HD t07 DOK S 108 EUROSPIN HD 107 . ORVEA S 108 SOSTY HD 107 L IPERFAMILA 1 108 ALTER HD 108 js^ESSELUNGA S 108 SUPERMERCATOROSSETTO S 118 W^vAUCHAN 1 108 AL GRAN SOLE 1 119 INDICE 100: PUNTO VEND MENO CARQ, "GLI INDICI TRA LE DUE TABELLI NON SONOCONFRONTABILI FONTE: ALTRO CONSUMO'95 3iatortaK DEI CONSUMI [DOVE SPENDONO GLI ITALIANI] 5,1% HARD DISCOUNT 45,6% SUPERMERCATI 21,6% UBERO SERVIZIO [SELF-SERVICE SOTTO 1400 MQ] 14,8% ALTRI [MISTI, SERVIZIO] 12,9% AMBULANTI NON CENSITI FONTE: NIELSEN
Luoghi citati: Germania, Inghilterra, Italia, Milano, Nord Europa, Parma
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