la Germania riapre la questione dei Sudeti di Emanuele Novazio
la Germania riapre la questione dei Sudeti seconda guerra mondiale La «rilettura» degli accordi di Potsdam allarma Washington, Londra e Mosca, che si schierano con Praga la Germania riapre la questione dei Sudeti «Illegittime l'espulsione dei tedeschi e la confisca dei loro beni» BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Ha ragione Praga o ha ragione Bonn? L'espulsione dei due milioni e mezzo di «tedeschi dei Sudeti», decisa dal governo ceco nell'immediato dopoguerra, era giustificata dagli accordi di Potsdam del 1945? O non era invece neppure contemplata, in quello che il governo federale considera - comunque - una semplice dichiarazione politica che non poteva dare «forza legale» alle espulsioni? Una disputa che le emozioni e i ricordi di cechi e tedeschi rendono delicatissima, al centro di un'Europa non più divisa dal Muro e sempre più protesa verso l'Est, si infiamma: Stati Uniti, Gran Bretagna e Russia - come informa da Praga la Frankfurter Allgemeine Zeitung - contestano infatti il governo tedesco, e si schierano al fianco di quello ceco nella questione Sudeti. Da Bonn arriva un secco «no comment». Ma la presa di posizione degli ambasciatori dei tre Paesi alleati durante la-guerra solleva'irritazione, all'indomani di un avvenimento soltanto in apparenza marginale: la contestata presenza al vertice dell'«Orchestra Filarmonica di Praga» di un direttore tedesco, Gerd Albrecht, costretto alle dimissioni dopo essere stato privato delle funzioni «soltanto a causa della sua nazionalità», come si accusa in Germania. E' prevedibile che, in seguito all'inatteso sviluppo alimentato dai tre ex alleati, le incomprensioni che aumentano una delle dispute europee più serie del dopo-Muro si acuiscano. E che la soluzione di un problema comunque complesso - un problema che potrebbe deludere le ambizioni di Praga nei confronti dell'Unione europea e della Nato - si allontani. Di recente, era stato il mini¬ stro degli Esteri Klaus Kinkel a riconoscere le difficoltà ancora esistenti con Praga, in un discorso davanti al Bundestag: «Il passato non vuole abbandonarci. Noi tedeschi abbiamo certamente commesso un'ingiustizia nei confronti dei cechi, noi tedeschi abbiamo certamente aperto ferite che non sono ancora guarite e che continuano a provocare dolore. Ma ingiustizia è stata commessa anche nei confronti dei tedeschi dei Sudeti, attraverso le espulsioni e la confisca delle loro proprietà». Sullo sfondo di una diffidenza sempre più evidente, a Praga, per il potente vicino tedesco, c'è probabilmente la rinnovata energia politica e diplomatica della Repubblica Federale, considerata in molti ambienti cechi un'ombra troppo grande e ingombrante. Spogliati delle ricadute emotive e psicologiche, in realtà, i termini del proble¬ ma che sta alla base del conflitto fra Bonn e Praga sono relativamente chiari: la Germania si rifiuta di pagare gli indennizzi di guerra alle centinaia di migliaia di vittime della persecuzione nazista finché il governo ceco non si scuserà per l'espulsione e la persecuzione dei tedeschi dei Sudeti. Non appena Vaclav Havel fu eletto capo dello Stato, nel 1989, la disputa sembrava vicina alla soluzione: il neo presidente dichiarò che il suo Paese avrebbe ammesso i torti commessi nei confronti della minoranza tedesca. Da allora, tuttavia, nulla è avvenuto: troppo forti, probabilmente, sono state le tensioni e le critiche sollevate da quelle parole. La contestazione degli accordi di Potsdam, adesso, i dubbi sul loro statuto, renderanno ancora più complicata l'intera questione. Emanuele Novazio
Persone citate: Gerd Albrecht, Klaus Kinkel, Vaclav Havel
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