L'azzurro Di Muccio Achille forse è Serra di Raffaello Masci

Ma il presidente Brutti: niente affatto, per il momento non siamo giunti a conclusioni sull'identità dello 007 E' polemica dopo l'audizione di Di Pietro al Comitato di controllo sui servizi. Il prefetto pronto a dimettersi L'azzurro Di Muccio: Achille forse è Serra Ma il presidente Brutti: niente affatto, per il momento non siamo giunti a conclusioni sull'identità dello 007 ROMA. «Achille», cioè la fonte che passava le informazioni ai servizi segreti sull'attività del pool Mani pulite, era Achille Serra, attuale prefetto di Palermo? Questo interrogativo ieri è tornato in auge (come già era avvenuto due mesi fa) dopo l'audizione-fiume di Antonio Di Pietro davanti al Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. E ha costituito il cardine di una polemica tra 0 deputato di Forza Italia Pietro Di Muccio, che ha fatto balenare l'ipotesi di una coincidenza tra «Achille» e Serra e, dall'altra parte, il presidente del medesimo Comitato, il senatore progressista Massimo Brutti, che ha smentito categoricamente questa possibilità. Teatro della diatriba è stato il palazzo di San Macuto, sede del Comitato, dove ieri mattina alle 10,30 è entrato Antonio Di Pietro per riferire su «Achille» e dintorni. L'audizione era rigorosamente segreta, ed è durata sei ore, più una breve pausa per il pranzo. In pratica, i parlamentari sono usciti verso le sette di sera. Silenzio assoluto. Bocche cucite. Eccetto quella del deputato Di Muccio che si è presentato ai cronisti e ha anche distribuito loro uno stralcio dello stenografico. Secondo la testimonianza di Di Muccio, a un certo plinto della lunga audizione tra i membri del Comitato è passato un brivido, quando Di Pietro, esaminando il testo di un dialogo che gli era stato sottoposto, ha esclamato: «Questo è Serra e sono io che parlo». Il documento era del 29 aprile '92 e vi si parlava di un possibile avviso di garanzia a Bobo Craxi. Di Muccio stesso, però, ha messo le mani avanti e ha precisato che comunque anche «Di Pietro ha detto che "Achille" potrebbe essere una sorta di "cassetta delle lettere" in cui confluivano fonti differenti». E quindi Serra potrebbe, se mai, essere solo una di queste fonti. «Serra - ha raccontato ancora Di Muccio - riceveva le confidenze di Di Pietro e le trasferiva al capo della polizia Parisi, che era sicuramente l'uomo che trasferiva le informazioni a Craxi. Di fronte ad altre domande - ha proseguito - Di Pietro non ha riconosciuto la mano diretta delle sue informazioni date a Serra. Ha riconosciuto tuttavia che Serra, eventualmente, gli chiedeva conferma di quelle informazioni che lui stesso aveva acquisito da altre fonti, ad esempio tramite la polizia che faceva servizio a Palazzo di Giustizia». Fin qui l'esternazione di Di Muccio. Il controcanto l'ha fatto subito dopo il presidente del Comitato, Massimo Brutti: «"Achille" è Serra? - ha esclamato - Ma niente affatto! Abbiamo parlato anche di Serra, questo sì - ha detto - ma l'impressione è che quelle informazioni avessero varie origini. Si tratta comunque di un professionista dell'informazione riservata che raccoglieva notizie che hanno varie origini». E allora chi sarà mai «Achille»? La risposta di Brutti è stata assai formale: «Vi è una richiesta della magistratura al presidente del Consiglio per conoscere l'identità di Achille. Stiamo aspettando questa decisione. Quello che posso escludere è che oggi si sia raggiunta una conclusione circa l'identità». Dunque Di Muccio avrebbe troppo calcato la mano? Può darsi, fatto sta che Brutti ha annunciato che lo denuncerà. Dalle sue posizioni hanno preso le distanze anche il capogruppo dei senatori di Fi Enrico La Loggia e il coordinatore azzurro per la Sicilia Gianfranco Miccichè. Da parte sua, il prefetto di Palermo è intervenuto ieri sera a «Tempo reale» per difendersi dalle accuse. Non solo. Amareggiato dalla situazione, si è detto pronto a dimettersi. Secondo altre indiscrezioni trapelate dal Comitato, Antonio Di Pietro avrebbe parlato al Comitato anche di pesanti tentativi di disinformazione che si sarebbero scatenati soprattutto a partire dall'autunno '94, dopo la scoperta del «tesoro» di Giorgio Tradati e di altri conti esteri. Il vicepresidente del Comitato Erminio Boso ha anche raccontato che Di Pietro avrebbe parlato della Guardia di Finanza come di «una associazione a delinquere che andrebbe sciolta» e della Falange Armata come di «una organizzazione costituita da uomini delle istituzioni». Raffaello Masci L'ex magistrato Antonio Di Pietro al suo arrivo per l'audizione davanti al Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti

Luoghi citati: Palermo, Roma, Sicilia