«Il mio golpe innocente»

La commissione d'inchiesta: agi per evitare una probabile invasione russa La commissione d'inchiesta: agi per evitare una probabile invasione russa «Il mio golpe innocente» Jaruzelskiprosciolto dopo quattro anni LA RIVINCITA DEL GENERALE COSA provoca in lei la decisione della Commissione parlamentare che lo ha assolto dal colpo di Stato che lei ha imposto alla Polonia nel dicembre dell'81? «Da una parte un senso di sollievo. Trovarsi in stato di accusa per tanti anni non è piacevole. Ma permane anche un senso di tristezza per le divisioni che questo episodio ha provocato tra i polacchi. Anche se i sondaggi più recenti indicano che due terzi dei miei concittadini ritengono che lo stato di emergenza sia stato necessario e solo un terzo è del parere contrario. Questo mi soddisfa più delle decisioni dei tribunali e delle commissioni». Ma lei veramente era convinto che i sovietici stessero per invadere la Polonia? «Ho preso la mia decisione in base a tre elementi: 1) l'anarchia che aveva attanagliato il Paese causando la paralisi nel funzionamento dello Stato; 2) il totale collasso dell'economia accompagnato da un ultimatum sovietico che se non fossimo stati capaci di garantire l'ordine in Polonia, dal 1° gennaio dell'82 sarebbero state drasticamente ridotte le forniture di materie prime indispensabili al Paese, e ciò avrebbe causato una catastro¬ fe non solo economica ma anche biologica; 3) il fatto che alle nostre frontiere unità degli eserciti sovietico, cecoslovacco e tedesco orientale si stavano preparando ad entrare se la situazione in Polonia non fosse cambiata». Ma lei mette in coda alle sue motivazioni quello che è sempre apparso come il motivo principale del colpo di Stato: la minaccia dell'invasione. «No, io lo considero il più importante, perché era il più pericoloso. Ma bisogna considerare la situazione nel suo insieme. Bisogna capire che era la situazione in Polonia, come l'ho descritta, che provocava quella minaccia sovietica». Dagli archivi sovietici emergono negli ultimi anni sempre nuovi documenti. Ce n'è qualcuno che indichi inequivocabilmente la decisione sovietica di invadere la Polonia? «Devo ammettere che i documenti sono contraddittori. Ma decisioni di questo genere vengono sempre prese all'ultimo momento. Non è che si stabilisce di invadere, e poi si aspetta di vedere cosa succede. Il 21 novembre di quell'anno, l'81, io ho ricevuto una lettera di Breznev a nome dell'Ufficio politico del partito comunista sovietico con una serie di avvertimenti che avevano tutto il sapore di un ultimatum. Io non ho mai sostenuto che i sovietici avevano la smania, o non pensavano ad altro che ad intervenire. Tutt'altro. Ma voglio ricordare qual era la situazione di allora, di estrema tensione, c'era l'Afghanistan, gli euromissili, la politica di riarmo di Reagan, e la Polonia era un crocevia geopoliticamente importante. In quelle circostanze il blocco sovietico non avrebbe mai tollerato che la crisi polacca continuasse all'infinito, ed era logico prevedere le stesse conseguenze che si erano verificate prima in Ungheria e in Cecoslovacchia, cioè l'invasione. Anche se, ripeto, non posso addurre alcun documento inequivocabile che lo confermi». Lei ha mai avuto un senso di colpa, la sensazione di aver commesso un errore quel 13 dicembre dell'81? «No. E' stata una decisione certo amara, drammatica. Ho la consapevolezza che molta gente ne ha sofferto, che alcuni rappresentanti del potere hanno compiuto in quel periodo atti non dignitosi, riprovevoli, ma ho la sensazione che senza quella mia decisione le sofferenze sarebbero state mille volte più pesanti, più gravi». Ma prendendo quella decisione lei ha certo dovuto mettere in conto che centinaia, forse anche migliaia di polacchi avrebbero potuto perdere la vita. «No. Io sono stato sorpreso e colpito dal fatto che fossero morti nove minatori. Avevo fatto tutto il possibile per evitare anche questo spargimento di sangue, organizzando lo stato di emergenza in tutti i minimi particolari con la meticolosità di un militare». E oggi, quando cammina per le strade di Varsavia, si sente tranquillo? «Io vado al parco, nei negozi, al teatro, e quasi tutti mi salutano con cordialità; raramente incontro manifestazioni di ostilità, anche se le capisco, perché, come ho detto, molta gente ha sofferto». Il fatto che un suo ex alleato, Aleksander Kwasniewski, abbia battuto Lech Walesa nelle elezioni presidenziali la rassicura? «Certo mi fa piacere. Ma in un certo senso può essere interpretato come un trionfo di Soli¬ darnosc, che ha saputo creare le condizioni perché in Polonia si instauri una democrazia di cui la vittoria di Kwasniewski è conseguenza. A questo bisogna aggiungere lo stile, o meglio la mancanza di stile, con cui Walesa esercitava le funzioni di presidente, e anche, lo dico con rammarico, l'eccessiva ingerenza della Chiesa in suo favore». Kwasniewski tende ad apparire come un socialdemocratico. Ma la crescita dell'influenza in Russia dei comunisti, di quelli veri, ancorati al passato, la preoccupa? «Non bisogna drammatizzare. Nemmeno in Russia si torna indietro. La gente non ha più paura, molta ricchezza è finita in mani private, anche se non sempre legalmente. E le cosiddette aspirazioni imperiali della Russia non possono essere così preoccupanti, il Paeseè indebolito politicamente ed economicamente, e non ce la fa nemmeno a risolvere i suoi problemi interni. Tanto meno può ingerirsi o influire al suo esterno». Ma dispone di armi nucleari! «Quelle non si usano con tanta facilità». Jas Gawronski VARSAVIA. Dopo 4 anni, la commissione parlamentare preposta ha deciso di archiviare l'inchiesta contro il generale Wojchiech Jaruzelski, capo del regime comunista tra il 1981 e il 1989. La commisione doveva decidere se Jaruzelski aveva violato la Costituzione polacca nell'imporre la legge marziale nel 1981. Il generale, oggi settantaduenne, ha sempre sostenuto che l'imposizione della legge marziale al tempo dei grandi sciperi di Danzica guidati da Solidarnosc era stato «il male minore» perché impedì un intervento militare sovietico. La legge marziale rimase in vigore dal 13 dicembre 1981 al 22 luglio del 1983: un periodo durante il quale molti attivisti dell'opposizione, compreso Walesa, furono arrestati. [Agi] «La mia decisione causò sofferenze ma era necessaria» e russa nni Sopra il generale Jaruzelski a fianco Walesa e una immagine del golpe dell'81