«Ma io resto al mio posto» di Raffaella Silipo

«Ma io resto al mio posto» RETROSCENA «Ma io resto al mio posto» Don Raffaele: una decisione illegittima UN ANNO O ON Raffaele non ci sta. La decisione della Moratti? «Inesistente e illegittima, è stata presa senza il consenso dell'assemblea dei soci e sulla base di una delega alla Moratti anch'essa illegittima». Il Gran Licenziato d'Italia non ha intenzione di arrendersi. «Proseguirò nell'esercizio delle mie funzioni di direttore generale. Il cda è scaduto il 31 dicembre 1995 e l'allontanamento del direttore non rientra nell'ordinaria gestione che compete agli amministratori ìnprorogatio». E' durata poco più di un anno la parabola di Minicucci in Rai. Arriva il 16 gennaio '95, al posto di Gianni Billia, uscito dall'azienda dopo soli tre mesi, per essere entrato in rotta di collisione con la Moratti. Minicucci ha alle spalle un curriculum di tutto rispetto nel campo delle comunicazioni. Sessantanni, napoletano, laureato in giurisprudenza, esordisce nel 1959 alla direzione generale della Stet, per poi passare alla Sip di cui nel 1971 diventa responsabile degli affari generali a Napoli. Nel 1982 arriva a Telespazio (società Iri) come amministratore delegato. Un carattere duro e determinato, abituato a fare a modo suo, ma senza mai dimenticare i modi da gentiluomo napoletano. Lo stile di Minicucci è apparentemente soft. Se Billia non faceva nulla per nascondere i ruvidi modi da decisionista, il suo successore sembra voler evitare ogni contrasto con la Moratti. Ma questa in breve tempo si rende conto che il direttore, forte della lunga esperienza in campo' televisivo, intende esercitare in pieno i suoi poteri: assunzioni, nomine e acquisizione non vanno avanti se lui non ne è più che convinto. E il conflitto tra i due si fa incandescente, anche se sempre nascosto sotto un'apparente correttezza. I contrasti tra le massime cariche, a onor del vero, sono una tradizione Rai, basti ricordare l'idiosincrasia tra Enrico Manca e Biagio Agnes. Ma mai erano giunti a esiti sanguinosi come questo. Il primo scontro aperto è in au- tunno, sul caso Santoro. A metà settembre la Moratti fa sapere di aver proposto a Santoro la direzione del Tg3. Una proposta, precisa la presidente, formulata in pieno accordo con Minicucci. Ma i giorni passano e Minicucci non firma. Il 30 settembre esce allo scoperto e dichiara che la direzione del Tg3 non è la collocazione più adatta per Santoro. «Sarebbe come relegarlo in un ruolo che, pur essendo importante, lo lascerebbe dietro le quinte. Per lui la Rai ha in mente altro». Moratti replica che il cda non è intenzionato a cambiare idea su Santoro. Minicucci vorrebbe assegnare la direzione del Tg3 al vicedirettore Alberto Severi. Finisce in compromesso: Santoro non viene nominato, ma è il cda ad indicare il nuovo direttore, Italo Moretti. Ma i rapporti sono irrimediabilmente compromessi dal diverso atteggiamento che presidenza e direzione hanno sul futuro Rai. Moratti spinge il piede sull'acceleratore, come se il suo cda dovesse durare per sempre. Minicucci va avanti con cautela, non vuole cambiare teste e programmi prima che la situazione non sia assestata. Il 16 gennaio la crisi al vertice della Rai assume una dimensione pubblica senza precedenti. Il cda, in un comunicato, sostiene che Minicucci ha presentato le dimissioni. Immediata la smentita di Minicucci, che la sera stessa, alla commissione parlamentare di vigilanza, racconta la sua verità: «Le divergenze nascono dalla mia convinzione che sia io che il cda siamo in prorogatio. In questa situazione l'azienda dovrebbe limitarsi alle decisioni indispensabili. E invece, da qualche tempo vengo fatto oggetto di pressioni e forzature». E ancora: «A mia insaputa sono state fatte trattative con gruppi esterni all'azienda, utilizzando miei sottoposti». La cosa non va giù al cda, che il 18 gennaio decide di considerare «esaurito il rapporto fiduciario» con Minicucci, congelando comunque la situazione in attesa di chiarimenti con l'In. L'Iri, infatti, ribadisce la sua contrarietà all'allontanamento del direttore, con cui i rapporti, fin dai tempi di Telespazio, sono ottimi. Minicucci, forte del sostegno dell'Iri, si sente ancora nel pieno delle proprie funzioni, almeno fino alla nomina di un nuovo direttore generale. Poi, a freddo, la decisione di ierLE a Don Raffaele, che cerca di entrare nel suo ufficio di Viale Mazzini, viene impedito l'ingresso. Un gesto simbolico di valenza inequivocabile, sancito dal gelido comunicato del cda: «Minicucci non ha più alcun rapporto di lavoro con l'azienda Rai. Può accedere in Viale Mazzini solo come ospite e non più come direttore generale». Raffaella Silipo Una rivalità nata sul caso Santoro e proseguita sul ruolo del cda in «prorogatio» Nella foto grande Raffaele Minicucci. A lato, Michele Santoro. Sopra, Letizia Moratti

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