Alleanze elettorali tremano i cespugli

Alleanze elettorali tremano i cespugli Alleanze elettorali tremano i cespugli Pierferdinando CROMA. «Ho visto che sei uscito dal Polo. Anzi, come dici tu, che ti sei preso la tua libertà». Transatlantico di Montecitorio: Pierferdinando Casini punzecchia Raffaele Costa, arrabbiatissimo per la rottura delle trattative. Ma mal gliene incoglie perché il collega di schieramento è nero e fulmineo nella battuta: «Non ti preoccupare Pier - osserva il capo dell'Fld che dopo le elezioni anche tu sarai liberissimo...». Scene di nervosismo nel centro destra, che culminano con l'annuncio di Giuliano Urbani: non mi ricandido più. Eh sì, l'ampio partito «polista» del non voto ce l'ha a morte con An e Ccd, fautori del fallimento di Maccanico. E la frecciata che Costa butta là non è casuale. Basta sentir parlare il responsabile enti locali di Forza Italia Mario Valducci per capire che ariaccia spira nel Polo: «Nel '94 annuncia il dirigente azzurro furono i nostri alleati a non accettare di distribuire i collegi alle varie forze sulla base dei sondaggi, questa volta non accetteremo noi: lavoreremo sui dati acquisiti». Come a dire che ai Ccd andrà poco o niente. E che anche An non può pensare di prendere tanti posti quanti gliene attribuiscono gli ultimi favorevoli sondaggi. «Con Alleanza nazionale - dice il forzitalista Savarese - ci sarà un bel braccio di ferro sui collegi». Già, il voto imminente ha fatto deflagrare il Polo che si è spaccato tra i sostenitori e gli oppositori del tentativo di Berlusconi. Ma l'incubo delle urne turba anche i sonni di chi si è adoperato per far fallire Maccanico. Come interpretare in altro modo l'aria mesta di Clemente Mastella? «L'astrologo - sospira speranzoso il presidente dei Ccd - sostiene che non si vota. Dite che ci sono le elezioni? E va bene, pazienza... certo che i nostri avversari si sono già organizzati... so che pds e Lega faranno degli accordi, di desistenza. A livello regionale, nel Nord, tra segretari locali, per fare finta che non c'è un'intesa a livello nazionale». E' un'atmosfera strana quella che grava sul Polo. Ormai siamo alle torte in faccia. Come quelle che si tirano Cdu e Ccd (a proposito non dovevano unificarsi?). Attacca Rocco Buttiglione. «Quando l'accordo sembrava vicinissimo accusa - si sono scatenati certi appetiti... e nei vertici del Polo ho dovuto calmare le preoccupazioni di alcuni sui ministeri». Replica Francesco D'Onofrio: «Ma Buttiglione lo vuol capire o no che con 6 deputati e 12 senatori non può andare continuamente in giro a trovare le più alte cariche dello Stato? In democrazia contano anche i numeri». Scambio di gentilezze tra ex de, a cui partecipano anche gli orfani forzitalisti dell'accordo. Vittorio Dotti in testa: «Berlusconi - si la¬ asir.i menta il capogruppo degli azzurri alla Camera - non è stato sostenuto da tutti i suoi alleati». Il riferimento è a Fini «che si è progressivamente irrigidito» e al Ccd «da cui è venuto un atteggiamento inaspettato». Insomma, sbotta Dotti, alla fine «ha prevalso la vecchia politica e ci si è impantanati sulle finezze terminologiche e forse anche su qualche patteggiamento spartitorio». Se il capogruppo forzitalista é-nerofi Urbani è letteralmente fuori di sé: «In queste condizioni - sbotta non mi ricandido più. E' chiaro però che non resterò in silenzio: spiegherò prima come sono questi due Poli di pastafrolla buoni a vendere solo patacche». E continua la sua invettiva, Urbani: «Fini è stato decisivo - dice - perché glielo hanno consentito. Berlusconi è statò troppo incerto e ha sofferto di titubanze gravi. Ormai a noi ci salva solo santa Pupa». Eh sì, se il Polo va al voto in queste condizioni, tra divisioni e lacerazioni, recriminazioni e insulti, le preghiere delle zie suore di Berlusconi questa volta rischiano di non essere sufficienti: urge un santo protettore in paradiso. Maria Teresa Meli Pierferdinando Casir.i