TRAP «Per la prima volta il maestro costretto ad andarsene»

TRI TRI Il più vittorioso degli allenatori italiani ha lasciato la panchina del Cagliari Per la prima volta il maestro costretto ad andarsene CAGLIARI DAL NOSTRO INVIATO «Non potevo farmi prendere ancora in giro». In questa amara confessione, così contrastante con il copione delle interviste ufficiali (ma che Trapattoni ha pronunciato più volte ad amici e collaboratori), c'è la chiave di un addio annunciato e consumato ufficialmente ieri mattina. E' finita, dopo 239 giorni, e con un reciproco fallimento, la strana avventura a Cagliari del tecnico che più di tutti ha saputo vincere in Italia e in Europa. Ma che non è riuscito a miracolare una squadra raffazzonata e senza adeguata statura tecnica. La lascia dopo una sconfitta pesante in casa della Juve, ma con 24 punti: quota salvezza. Trapattoni, con il suo vice Sergio Brio, si è autoesonerato (dimissioni spontanee, secondo il comunicato ufficiale) dopo un colloquio con il presidente Cellino. Non gli era mai accaduto, in 23 anni dì panchina arricchiti da 7 scudetti e 9 coppe, di lasciare un impegno a metà. Ma ora dà l'impressione di essersi soprattutto tolto un peso: «Non mi sento avvilito né tantomeno frustrato. La vita continua, ci mancherebbe. Mi spiace di aver contribuito ad inizio stagione ad alimentare illusioni eccessive; ho sbagliato a parlare di coppa Uefa. Me ne assumo la responsabilità, ma non sono il solo ad aver sbagliato. E forse l'errore più grave l'ho commesso quando ho accettato questa avventura». In meno di mezz'ora ha tolto il disturbo. Appuntamento alle 13 dal presidente, poi subito al campo per salutare la squadra. «Non ci lasci, mister», ha sussurrato qualcuno. Per evitare polemiche postume, la società ha ordinato il silenzio stampa. Bocca cucita anche da parte dello stesso Cellino, che ha fatto un'apparizione-fantasma al centro sportivo per affidare il mandato provvisorio ad Adriano Bardin, allenatore dei portieri, poi s'è volatilizzato alla ricerca di un sostituto. Senza commenti. Sul volo da Milano, in mattinata, il tecnico era stato evasivo, cercando di mascherare una svol- ta da tempo interiormente maturata. Nei giorni scorsi, però, era parso determinato a sollecitare un'altra conclusione: «Se sono un peso mi mandi via lui, io non mollo». Poi qualcosa ha fatto precipitare gli eventi. Cellino pretendeva il pugno di ferro, ritiri-fiume e musi lunghi. «Io invece - ha ammesso Trap - sono sempre stato convinto che la squadra avesse bisogno di serenità, di stimoli positivi, di fiducia. E' un gruppo che necessita di affetto e comprensione: per risollevarsi in fretta, ed anche per prendere coscienza de- gli errori, dei limiti che oggettivamente esistono». Non c'è soltanto questa contrapposizione ideologica sui metodi d'intervento, dietro il clamoroso addio. Trapattoni si è sentito tradito dall'ambiente: «Subodoravo che non mi volevano più, poi ne ho avuto la certezza». Segnali strani domenica sera. «Tutti mi chiedevano se Cellino mi avesse annunciato l'esonero, lui invece mi aveva stretto la mano dicendo: ci vediamo martedì. Non c'è stato nessun litigio». Però il giorno dopo, stranamente, l'epilogo gli era stato annunciato in via indiretta, addirittura al Processo biscardiano. Licenziamento via etere, il massimo. Imput precisi, ha pensato il Trap. E, quando il suo orgoglio gli ha impedito di sopportare oltre, ha optato per un addio soft che limita comunque i danni d'immagine, ma che nasconde una tristezza infinita. «Dopo vent'anni di panchina ti dicono che non sei adatto: come se io volessi spiegare al presidente i metodi per commerciare nel grano. Squadra atleticamente scarica? Macché, balle; io non giro col computer in tasca, però non c'è un solo giocatore fuori peso». Rabbia interiore, ma anche dichiarazioni al miele: «Non ho mai pensato ai soldi, non mi interes- sano. Lascio il Cagliari in posizione tranquilla dopo impegni proibitivi con Fiorentina e Juve dall'esito quasi scontato e alla vigilia di tre gare abbordabili con Sampdoria, Cremonese e Bari. Ci sono tutti i presupposti per un riscatto immediato. I giocatori avranno una reazione. Ho provato altre volte a dare scossoni violenti, dopo le sconfitte con Padova e Fiorentina, la risposta parzialmente c'è stata. Ma stavolta l'unico modo era questo. Penso di aver fatto la scelta più logica. E comunque nelle ultime ore ci ho pensato be¬ ne». Troppi nemici in agguato. E dire che era cominciato trionfalmente, il 1° gennaio, quel viaggio in Sardegna. Dodicimila abbonati nel nome del Trap, pubblicità perfino sui bus cittadini, entusiasmo a strafottere. Tabarez, il suo predecessore, lo aveva messo in guardia: «Attento, sei un grande tecnico, ma non è pensabile che il Cagliari diventi subito una squadra da Uefa». Lui, forse peccando di presunzione, non gli aveva creduto. «Poi tante volte - ha confessato nei momenti difficili - ho rimpianto di aver lasciato il Bayem». Dove, a celebrare il suo addio, c'erano gli applausi di 50 mila tifosi che lo ringraziavano. Ieri, invece... «Ancora la Germania nel mio futuro? Chissà, per ora vado a casa. Grazie a tutti». Alle 19 era già a Milano. Col suo tormento infinito. Piero Bianco PHESIDOm-MUn I! presidente «mangia-allenatori» per eccellenza è Fantine), della Reggiana, che in un solo anno di serie A ha cambiato due tecnici, Marchioro e Ferrari. Lo seguono: Spinelli (Genoa), 5 campionati e 5 tecnici (Giorgi, Maifredi, Maselli, Scoglio e Marchioro). Anconetani (Pisa) 6 campionati e 5 tecnici (Vinicio, Pace, Giannini, Boichi c Lucescu). Calieri (Torino), 3 campionati e 2 tecnici (Rampanti e Sonetti), Cellino (Cagliari), 4 tornei e 2 tecnici (Radice e Trapattoni). Meno cattivi della loro fama Rozzi (Ascoli) che in 14 campionati ha cambiato 6 allenatori (G.B. Fabbri, Mazzone, Sensibile, Castagner, Bersellini, De Sisti) e Pozzo (Udinese), 5 stagioni e 2 tecnici (Mazzia e Vicini). L'amaro addio: «Non potevo fermi prendere ancora in giro» china del Cagliari il maestro rsene tivaanto logietro ni si nte: evartezsera. lino erone» Troppi nemici in agguato E Cellino, il boss rossoblu non ha voluto parlare