Una poesia che cambia la vita

Cent'anni fa nasceva vesia cambia la vita Cent'anni fa nasceva il fondatore del surrealismo ]L diciassettenne intriso di simbolismo che chiedendo un incontro «di pochi istanti» al già celebre Valéry sfoderava un'audacia e un acume critico non comuni, era venuto al mondo il 19 febbraio 1896 a Tinchebray, in quella Bassa Normandia tutta squadrata da campi recintati come giardini che i genitori avrebbero presto abbandonato per la periferia parigina di Pantin. Ma negli Anni 30, al segno dei Pesci André Breton preferì quello dell'Acquario e si dichiarò nato il 18 febbraio con un invidiabile oroscopo: «Ascendente nella Bilancia. Sole in esilio, Luna in opposizione all'Ascendente, Saturno e Urano congiunti, Giove al centro del cielo...». Giusta rettifica o libera scelta? Non s'è mai saputo. La nuova data, comunque, al venerdì delle Ceneri sostituiva un più augurale giovedì grasso, e in una rara situazione astrologica assai simile a quella di Baudelaire, che significava: «Amore profondo delle scienze, ricerca del misterioso, bisogno spiccato di arricchimento interiore». Tale iniziativa non stupisce in chi, consumata la devozione per Valéry, deluso dai maestri che non avevano fatto sentire la loro voce contro il grand carnage bellico, aveva saputo elaborare contro il nichilismo e gli eccessi gratuiti di Dada un «richiamo all'ordine» all'insegna, dell'immaginazione. poetica liberatoria dalle miserie quotidiane - com'è scritto nel Primo Manifesto del | Surrealismo, del 1924. Contro l'ambizione dei genitori che l'avevano destinato alla medicina, aveva dunque scelto la poesia e la rivolta contro la società che aveva precipitato la sua generazione «in una cloaca di sangue, d'idiozia e di fango». E a nulla era valsa la lettera accorata «d'un pére et une mère accablés par l'immense chagrin», che si rivolsero a Valéry perché lo dissuadesse. Era il 22 marzo 1920. Quella lettera strappacuore dovette divertire il gelido autore del Monsieur Teste che, al contrario, procurò al ribelle una collaborazione con Gallimard consistente, tra l'altro, nella correzione e la lettura a alta voce delle bozze de I Guermantes. Proust non ne fu entusiasta, eppure insieme a Gide lo raccomandò per una Borsa Blumenthal che avrebbe risolto tutti i suoi problemi finanziari. Ma l'essersi mescolato agli scandali di Dada lo aveva «rovinato», come diceva Valéry il quale, nonostante la protezione accordatagli, non riuscì a tirare dalla parte del nuovo classicismo proposto dalla Nouvelle Reme Franqaise quel giovane di belle speranze. E di li a poco la loro intesa si sarebbe affievolita fino a spezzarsi negli anni in cui il poeta della Giovane Parca cominciò a far concessioni al successo e alla destra. D'altronde, non poteva andare diversamente. Dal Rimbaud delle Illuminazioni, che come un sonnambulo recitava passeggiando per Nantes dov'era stato arruolato nell'estate del 1915, Breton aveva imparato che la poesia può, e deve, es- ser capace di «cambiare la vita». E all'Ospedale psichiatrico della n Armata, dove arrivavano in delirio i soldati del fronte e i «diversi» da riformare, aveva scoperto Freud grazie a un allievo di Charcot che su quei pazienti utilizzava a fini terapeutici la registrazione dei sogni e la tecnica delle libere associazioni. A contatto con quei disgraziati aveva capito che la follia non poteva essere liquidata come una deficienza mentale perché vi s'annidavano elementi impensati di creatività. Le nozioni di psichiatria dinamica, il dibattito sull'ipnosi e sull'automatismo psicologico di Janet, la predilezione per Despine e Myers, fecero il resto in direzione dei meccanismi della mente e del rapporto tra la libertà dell'inconscio e la coercizione del pensiero cosciente. E appena congedato, s'era chiuso in una stanza con Philippe Soupault, con cui dirigeva Littérature, assieme a Aragon, per sperimentare una scrittura «automatica» che esprimesse il flusso mentale svincolato da preoccupazioni logiche o critiche. Andarono avanti scrivendo e poi leggendo a alta voce, a turno, in prosa e in versi, senza commenti, pause o correzioni, per una decina di giorni con punte di otto ore consecutive. Nascevano I campi magnetici che Breton avrebbe considerato, «incontestabilmente, la prima opera surrealista». Su quel tentativo di estrarre, «il metallo che l'arte s'adopera a raffinare senza tregua», si sarebbe fondato il Surrealismo. Presto si manifestò anche la preoccupazione politica. Ma l'adesione al partito comunista si sarebbe rivelata fallimentare per le riserve e la diffidenza reciproche. La rivista La rivoluzione surrealista si era trasformata in II surrealismo al servizio delia rivoluzione; il Secondo Manifesto, nel 1930, aveva affermato l'indipendenza dell'arte rispetto a ogni dogmatismo pur rivelando un orientamento tutto in direzione dell'impegno. Eppure, al «Congresso degli scrittori per la difesa della cultura», nel 1935, a Breton fu impedito di parlare. All'autore di Nadja, un antiromanzo considerato uno dei capolavori del 900, non fu perdonato il sonoro ceffone inflitto a Ily a Erhenburg che aveva accusato i surrealisti di pederastia e di vivere di espedienti. In effetti era il suo antistalinismo, e quel suo voler coniugare Rimbaud e Marx, a non piacere. Per cambiare la vita trasformando il mondo, allora, si sarebbe sempre più avvicinato a Trockij redigendo con lui un Manifèsto per un'arte indipendente. Avrebbe tentato di creare con Bataille un movimento negli anni del Fronte popolare. Intanto il surrealismo era attecchito dal Giappone ai Paesi scandinavi e l'Esposizione parigina del 1938, alla Galérie des Beaux Arts, dimostrava la vitalità di un movimento che più o meno direttamente aveva, o avrebbe, segnato i più grandi artisti, poeti, scrittori e cineasti del '900. L'anima di tutto era lui, con la sua passione e intransigenza, innamorato dell'amour Jbu, opposto al libertinismo e alle convenzioni sociali. Ebbe tre grandi amori. Dopo Simone Khan, sposò Jacquekne Lamba che gli diede la figlia Aube. E quando, durante l'esilio america¬ no, lei lo abbandonò per David Hare, l'incontro con la bellissima Elisa Clara, ispiratrice di Arcane 17, significò un ritomo alla vita e alla poesia quasi disseccate da quel doloroso sradicamento. Il ritorno in Francia, nel 1947, gli riservò un'accoglienza gelida. Gli intellettuali legati al pcf, soprattutto Tzara e Sartre, decretarono superato il surrealismo e gli rimproverarono una fuga dettata dalla persecuzione nazista e dal disaccordo dichiarato in Ni de votre guerre ni de votre paix. Lui continuò a levare alta la sua voce, nonostante l'ostruzionismo, e a raccogliere intomo a sé nuove generazioni vedendo di volta in volta i migliori prendere la loro strada. Come d'altronde era successo con i suoi coetanei. «Senza André Breton l'arte moderna non sarebbe stata mai presa sul serio». Lo disse in occasione della sua morte, il 28 settembre 1966, quel Jean Cocteau che Breton aveva esecrato con tutte le sue forze. Paola Decina Lombardi La famiglia lo voleva medico ma lui scelse l'arte. Proust e Gide gli procurarono una borsa di studio la scoperta di Freud in ospedale militare, gli esperimenti di scrittura automatica conAragon eva vesia cambia la vita André Breton in una caricatura di Levine A destra, Paul Valéry e Marcel Proust

Luoghi citati: Dada, Francia, Giappone