«Maria José tentò un golpe Voleva abbattere Mussolini»

DELiwasMo «Maria José lento un golpe «Maria José lento un golpe Voleva abbattere Mussolini» Le rivelazioni della figlia di un amico della principessa RETROSCENA DELiwasMo UN giorno del novembre 1942 il professor Nazareno Padellaro, alto funzionario del ministero fascista dell'Educazione Nazionale, andò da Bottai a confidargli un segreto: aveva saputo che Maria José, sposa del principe Umberto, l'erede del trono d'Italia, aveva creato un movimento clandestino di opposizione di cui facevano parte uomini vicini a Pio XII, esponenti del vecchio liberalismo, del partito popolare di don Sturzo e dell'alta finanza; il loro scopo era quello di abbattere il Duce e il regirne. Bottai non diede peso alla cosa, disse che Maria José era «una velleitaria con fantasie intellettualistiche», ma Mussolini fu di parere diverso: «Quella - osservò - è una donna infida e pericolosa». L'indiscrezione di Padellaro comunque era fondata. Già il 3 ottobre di quell'anno - come risulta dal diario della principessa - Maria José, su suggerimento di Guido Gonella, aveva incontrato in circostanze avventurose monsignor Montini, sostituto alla Segreteria di Stato, illustrandogli come intendeva agire per provocare il crollo del fascismo, l'arresto di Mussolini e l'uscita dell'Italia dall'Asse e chiedendogli di aiutarla a mettersi in contatto con Londra e Washington: non ebbe successo e la strada del Vaticano si rivelò impraticabile. Il gruppo degli oppositori di cui facevano parte il conte Nicolò Carandini, l'avvocato Manlio Brosio, Raffaele Mattioli, Adriano Olivetti, Filippo Burzio, Ivanoe Bonomi, Luigi Einaudi e Carlo Antoni, uno dei fondatori del partito d'azione, si riuniva nel castello di Racconigi o in case fidate di Roma, elaborando progetti per abbattere il regime. Si giunse persino a ventilare un piano per far uccidere Mussolini da un corazziere. Ad agosto del '42 Maria José incontrò Badoglio in Valle d'Aosta, a Cogne, nella villa degli industriali Necchi, e gli offrì il comando militare della congiura. Il prudente maresciallo prese tempo: «Forse è ancora troppo presto - disse -; meglio attendere che la sconfitta sia chiara perché l'operazione possa andare in porto. Allora, altezza, lei potrà contare su di me». Ma Badoglio, che aveva ben altri progetti, confidò ai suoi intimi che «l'agitarsi della principessa è diventato ormai una interferenza molesta» e l'anno dopo le dirà brutalmente: «Altezza reale, lei è invitata a non occuparsi di nulla. Lei complica soltanto le cose». Ma questo atteggiamento non rallentò l'azione di Maria José, che mise a frutto anche le altolocate conoscenze e le amicizie che aveva acquisito nelle forze armate. Attraverso Umberto e con la discreta collaborazione del duca Acquarone, ministro della Real Casa, riuscì a far designare Ambrosio capo di Stato Maggiore Generale, tanto che all'inizio del '43 potè confidare al futuro senatore liberale Lupinacci: «Io e i miei amici teniamo le redini delle uniche forze in grado di scardinare il fascismo, l'esercito e i carabinieri». Al tempo stesso attirò nella congiura il capo della polizia fascista, Carmine Senise, il quale però a primavera venne esautorato. Tuttavia l'attivismo frenetico di Maria José non si interruppe, anche se suo suocero, il re, aveva vietato che venisse messa al corrente degli affari di governo. La costanza della principessa fu premiata solo alla vigilia del crollo del fascismo. Nel giugno '43 potè prendere un contatto col governo portoghese per l'invio a Lisbona di un emissario che si incontrasse con rappresentanti angloamericani. Mattioli rifiutò di andare e la scelta cadde allora su un aristocratico, Alvise Emo di Capodilista. La sua missione fallì, tuttavia, proprio grazie a questa iniziativa di Maria José, il re seppe, con tre settimane di anticipo rispetto ai contatti che sarebbero stati presi nei 45 giorni dal governo Badoglio, che gli angloamericani accettavano dall'Italia solo la resa senza condizioni. Giuseppe Mayda ROMA. « Mar ia J osé di Savoia tra il 1942 e il 1943 cercò di organizzare un colpo di Stato per rovesciare il fascismo, cacciare Mussolini e insediare un governo con Badoglio e Bonomi»: a sostenerlo, in un'intervista su «Oggi», è Angela Staude Terzani, figlia di Hans-Joachim Staude, il pittore tedesco che fu insegnante, oltre che amico, della moglie ribelle di Umberto. «Fu Maria José a dettare a mio padre una memoria in cui raccontava tutto questo», ricorda la figlia. «Aveva il consenso del Vaticano e l'appoggio dei comunisti». [Agi] Maria José di Savoia