Il Cremlino vara la Rivoluzione di febbraio

«Per superare la crisi finanziaria». Nel mirino anche i colossi del gas, del petrolio, dell'auto Il Cremlino vara la Rivoluzione di febbraio RUSSIA «Per superare la crisi finanziaria». Nel mirino anche i colossi del gas, del petrolio, dell'auto // ministro degli Interni: rinazionalizziamo fabbriche e banche MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Chi ha paura del lupo cattivo comunista, da ieri avrà qualche motivo di angoscia supplementare. Infatti non occorrerà aspettare la vittoria di Ghennadij Ziuganov alle prossime elezioni presidenziali per vedere il cambio di linea verso la ri-statalizzazione dell'economia russa. Ci pensano gli uomini di Boris Eltsin. Ieri il ministro degli Interni, generale Anatolij Kulikov (che l'agenzia Interfax qualifica come «dottore in scienze economiche»), ha annunciato papale papale che «per superare la crisi finanziaria del ministero della Difesa e degli organi di sicurezza» occorrono ormai «decisioni strategiche». Quali? «Una parziale nazionalizzazione delle banche commerciali e delle grandi strutture commerciali monopolitiche». Colpo di sole improvviso? Poco probabile, di questi tempi a 20 sottozero. Kulikov non scherza. Intanto propone che sia il Presidente stesso, «con un apposito decreto», a decidere. E la faccenda si precisa nei dettagli: un'apposita commissione statale (il nuovo Gosplan?) «dovrà gestire i profitti delle banche commerciali e delle strutture economiche». E Kulikov elenca le imprese da nazionalizzare: il «Gasprom» (il colosso energetico privato russo, attualmente nelle mani del premier Cemomyrdin); la fabbrica di automobili «Zil»; quella di autocarri «Kamaz»; l'«Autovaz» di Togliattigrad; i giganti petroliferi recentemente privatizzati «Lukoil», «Jukos»; e le maggiori banche private del Paese: «Promstrojbank», «Agroprombank», «Mosbisnesbank», «Mostbank», «Imperiai». Nazionalizzare come? Con esproprio? Pare l'unica ipotesi realistica, visto che lo Stato non ha certamente il denaro per ricomprare la maggioranza dei pacchetti azionari di questo gruppo di imprese e banche. La prima reazione del ministero dell'Economia è stata di raggelato stupore. Cemomyrdin è in vacanza sul Mar Nero e tace. Parla il viceministro Serghei Vasiliev, che in sostanza dice: «Sarebbe un rovesciamento di linea, in pieno contrasto con le richieste del Fondo Monetario Internazionale». Per giunta nel bel mezzo della trattativa per ottenere un altro prestito di nove miliardi di dollari, al quale Clinton ha già dato la sua benedizione. La conseguenza logica - prosegue Vasiliev - sarà che gli investitori stranieri e russi (che già investono poco o nulla) scapperanno con i loro denari. Sarà impossibile proseguire con ls privatizzazioni nel 1996 e, tenendo conto che nel bilancio 1996 sono previste entrate da privatizzazioni per 11 mila miliardi di rubli, salterebbe anche il bilancio dello Stato. Ma il fugone si annuncia di proporzioni bibliche. Kulikov non si accontenta di nazionalizzare tutto. Va oltre. Ci vuole un altro decreto del Presidente - dice - per «consenI tire agli organi del ministero degli Interni, d'intesa con il servizio fiscale, di verificare tutte le proprietà immobiliari delle persone fisiche e giuridiche e le fonti di finanziamento che hanno permesso il loro acquisto». Altro che «riesame delle privatizzazioni», come aveva molto modestamente annunciato il leader dei comunisti! Il ministro Kulikov chiede di rimettere in discussione tutto quello che si è fatto in questi ultimi tre anni. Ed è ormai evidente che non si scherza. Il nuovo capo dell' Amministrazione presidenziale, Nikolai Egorov, interviene anche lui sempre più spesso sulle questioni economiche. E' lui che annuncia che i salari arretrati (20.000 miliardi di rubli) dovranno essere pagati immediatamente. Resipiscenza tardiva. Con che soldi? Stampando rubli. E addio alla politica di stabilizzazione del rublo. Ma anche i critici più feroci della politica macroeconomica dei radical-thatcheriani russi sanno bene che una tale decisione, specie se attuata in tempi brevi, da qui a giugno, per procura¬ re voti a Eltsin, avrebbe effetti catastrofici. Il governo, che fino a ieri giurava sull'«immutabilità del corso riformatore», si limita ai flebili guaiti di Vasiliev. Ormai le decisioni cruciali le prende la squadra del Presidente: il ministro degli Interni, il capo dell'Amministrazione, il capo della Guardia presidenziale. Forse a Wa- shington qualcuno si accorgerà finalmente che a Mosca le cose sono già cambiate. E che forse si poteva aspettare qualche mese prima di ammettere la Russia nel Consiglio d'Europa. Non per vedere se vinceva Ziuganov, ma per vedere cosa avrebbe fatto Eltsin. Giuliette Chiesa All'annuncio del ministro degli Interni Kulikov (nella foto), il ministero dell'Economia ha reagito con stupore: «Sarebbe un passo indietro di tre anni contro le richieste del Fondo Monetario»

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