All'Aia i criminali della discordia

Estero All'Aia i criminali della discordia // tribunale internazionale avvia ilprocesso La Nato apre un'inchiesta: perché Karadzic non è stato arrestato? BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I due alti ufficiali serbo-bosniaci catturati il mese scorso dai musulmani sono andati a finire a Scheveningen, il lido della capitale olandese, affollato di bar, ristoranti di pesce, fumerie di hashish e discoteche. Nella loro temporanea dimora però c'è poco da divertirsi: è un carcere infatti, costruito un anno fa per ospitare i criminali di guerra dell'ex Jugoslavia. All'Aia ha sede il tribunale internazionale che l'Onu ha istituito nel '93 per dar la caccia ai boia dei Balcani. Ed è lì che la Nato ha portato il generale Djordje Djukic ed il colonnello Aleksa Krsmanovic, dopo averli presi in consegna dai bosniaci. «E' stata un'azione molto positiva», ha detto il portavoce del dipartimento di Stato americano Nicholas Burns. Mirza Hajrici, portavoce del ministero degli Esteri bosniaco, ha usato invece toni trionfali. Il trasferimento all'Aia dei due ufficiali serbi «è un primo successo nella caccia ai criminali di guerra, e conferma che le nostre istituzioni hanno fatto un buon lavoro, ed hanno portato prove serie nei confronti di questi due criminali. I nostri computer contengono migliaia di nomi di persone sospettate di atrocità, e ogni giorno nuovi nomi vengono aggiunti alle nostre liste». Eppure l'intera storia solleva una nuvola di dubbi. Il Tribunale dell'Aia aveva infatti incriminato fino ad ora solo 52 persone: 45 serbo-bosniaci e sette croati. Solo uno di questi è effettivamente finito nel carcere di Scheveningen: Dusan Tadic, più noto come boia di Omai-ska. Djukic e Krsmanovic, al contrario, non figuravano nell'elenco dei 52, ed anzi, come ha confermato ieri il mediatore americano per la Bosnia Richard Holbrooke, «i due ufficiali non sono stati ancora formalmente incriminati» dal Tribunale dell'Aia. Il portavoce bosniaco Hajrici ha del resto ammesso che, secondo gli accordi raggiunti negli ultimi giorni, solo i criminali di guerra ricercati dal Tribunale dell'Aia potranno essere trattenuti. In altre parole, se Djukic e Krsmanovic venissero fermati oggi, dovrebbero essere rilasciati. Sempre ieri intanto, il Parlamento bosniaco ha approvato l'amnistia prevista dagli accordi di pace di Dayton, «per tutti gli individui che hanno commesso atti criminali (legati al con¬ flitto), ad eccezione di coloro che hanno commesso atti che violano il diritto umanitario internazionale così come definito dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia». Ora, si sa che gli altri militari serbi arrestati dai bosniaci a gennaio sono stati liberati, e si ha l'impressione che il trasferimento dei due ufficiali all'Aia sia stato nient'altro che una «soluzione po¬ litica». Non a caso il portavoce americano Burns ha detto che gli Stati Uniti restano «contrari a iniziative da parte dei tre governi (bosniaco, serbo e croato) per processare in proprio i presunti criminali di guerra». Il messaggio è chiaro, nessuno deve pensare di potersi fare giustizia da solo, perché altrimenti scatterebbe una spirale perversa, il cui primo giro è già stato completato: quattro giorni fa il fotografo bosmaco Hidajet Delie è stato arrestato dai serbi perché ritenuto anch'egli «criminale di guerra». C'è un altro problema. La Nato sostiene che il trasferimento in Olanda dei due ufficiali serbi dimostra che «l'Alleanza sostiene attivamente l'azione del Tribunale dell'Onu, ed è sempre pronta, nella misura del possibile, ad assisterlo nel raggiungimento dei suoi obiettivi». Perché allora la Washington Post ha scritto che il criminale di guerra numero 1, il leader serbo-bosmaco Radovan Karadzic, è passato per ben quattro volte, senza problemi, dai posti di blocco della Nato in Bosnia? Il Segretario dell'Alleanza, Solana, ha ordinato un'inchiesta. Resta da vedere cosa accadrà ai due ufficiali serbi. Djukic sarà difeso dall'avvocato Toma Fila, principe del foro di Belgrado, noto per aver difeso lo zingaro Manolo, il massacratore di Brescia condannato a «soli» 15 anni di carcere. Per i due ufficiali il Tribunale dell'Aia parla per ora solo di «presunti crimini di guerra» e aggiunge che resteranno nel carcere di Scheveningen «fino a nuovo ordine». Fabio Squillante Uno degli ufficiali sarà difeso dall'avvocato di «Manolo» IL TRIBUNALE DELL'AIA PRESIDENTE DEI TRIBUNALE Antonio TP CASSESE r PUBBLICO MINISTERO IT RioSord GOLDSTONE Pi DUE SEZIONI CON OGNUNA TRE GIUDICI 1 ( CAMERA D'APPELLO CON ONQUE GIUDICI IL TRIBUNALE GIUDICA DELLE RESPONSABILITÀ' INDIVIDUALI PER GENOCIDIO, CRIMINI DI GUERRA E CRIMINI CONTRO L'UMANITÀ' NEL TERRITORIO DELLA EX JUGOSLAVIA DAL 1" GENNAIO 1991. PUÒ* SOLO INCRIMINARE MA NON CONDANNARE, INFINE NON PUÒ' IMPORRE IA PENA CAPITALE. IL MASSIMO DELLA PENA COMMINABILE E' L'ERGASTOLO. Il presidente del Tribunale internazionale, Antonio Cassese, e a destra uno dei due ufficiali serbobosniaci al suo arrivo in carcere

Luoghi citati: Belgrado, Bosnia, Brescia, Bruxelles, Dayton, Jugoslavia, Olanda, Stati Uniti