«Un sant'uomo quel presidente»

«Un sant'uomo quel presidente» «Un sant'uomo quel presidente» Pacciani in lacrime: finalmente m'han creduto FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO E' uscito dal carcere seminando tutti, come se stesse scappando dal mondo dove invece può tornare da uomo libero, dopo tre anni di galera, «in nome del popolo italiano». L'ex-«mostro» di Firenze Pietro Pacciani ha lasciato la sua cella ieri pomeriggio, un paio d'ore dopo che la corte d'assise d'appello l'aveva assolto dall'accusa di aver ucciso quattordici persone nelle campagne intorno a Firenze, a bordo di un «cellulare» dei carabinieri, che doveva portarlo in una stazione dell'Arma e invece l'ha condotto chissà dove. Forse in un centro della Caritas, nei pressi di Firenze. In «un rifugio segreto», come si dice sempre in questi casi, dove probabilmente lo stava aspettando suor Elisabetta, la religiosa che l'ha seguito e assistito per anni, convinta della sua innocenza. Fuori dal super-carcere di Sollicciano, una costruzione che sembra uno stadio americano di baseball, è già buio quando gli avvocati del Pacciani raccontano di come hanno visto il loro cliente assolto da quell'accusa tremenda, delle sue lacrime, delle sue litanie. «A lei che è di fuori Firenze l'hanno creduta, a noi invece no, nemmeno quando ho mandato l'ultimo memoriale», dice appena lo incontra all'avvocato Nino Marazzita, il legale arrivato da Roma a sostenere questa causa liquidata in una settimana di udienze. E giù il primo pianto, secondo un rituale ormai tipico deU'ex-«mostro». Poi il baciamano all'avvocato, che fa perfino ingelosire l'altro legale, Pietro Fioravanti, difensore storico di Pacciani. «E a me non mi vuoi più bene?», fa l'avvocato, e il Pacciani: «Ma si, come no!», e giù il secondo pianto, mentre bacia e abbraccia pure Fioravanti. La giornata era cominciata sotto una cattiva stella, perché appena sveglio «il Paccia» aveva saputo dell'arresto di un suo presunto complice, quel Mario Vanni che aveva confessato di essere andato qualche volta a fare «le merende» in campagna con Pietro, e che adesso si ritrova in cella con l'accusa di duplice omicidio. Invece, nel giro di poche ore, è arrivata la notizia che aspettava: Pacciani è innocente, scarceratelo. Così il Pietro esce, mentre il Vanni è appena entrato. «Quello è un poveretto, non c'entra niente, perché non lo lasciano in pace?», dice Pacciani ai suoi difensori. E poi chiede: «Ma voi che dite, posso scrivere una lettera a quel sant'uomo del presidente che m'ha fatto assolvere?». «Certo che puoi, puoi fare quello che ti pare adesso». Chissà se quella lettera, arriverà mai, e chissà se ne sarà contento il presidente della Corte che ha mandato assolto l'imputato (condannato in primo grado a quattordici ergastoli) con una sentenza clamorosa. E che rischia di diventare definitiva se la procura generale (che pure aveva criticato duramente la condanna di primo grado) non farà ricorso in Cassazione. Per adesso è contento il Pacciani, che però nell'ufficio matrìcola del carcere, col suo maglioncino rosso e i pantaloni grigi, ha il problema di non sapere dove andare. «Dove elegge il suo domicilio?», chiede l'agente carcerario. «A Mercatale Val di Pesa, via Sonnino 33», risponde sicuro Pietro. Ma in quella casa la moglie ha già detto che non ce lo vuole, e contro i giornalisti che bussano alla sua porta sbraita, urla e lancia pigne. Per fortuna che c'è suor Elisabetta a prendersi cura di lui, sennò chissà dove andrebbe. Quando gli comunicano la sentenza, la religiosa risponde come se stesse recitando un salmo: «Lode al Signore che opera meraviglie e mette in luce la giustizia scavalcando l'uomo», snocciola d'un fiato. E' lei che dovrebbe andare a prendere l'ex-«mostro» in carcere, ma i bagagli di Pacciani sono troppi per entrare nella macchina della suora. Otto sacchi di plastica, di quelli neri usati per l'immondizia, pieni fino all'orlo. Nell'auto di suor Elisabetta tutta quella roba non ci sta, e allora si decide che «il Paccia» tornerà libero a bordo di un furgone cellulare, che di solito porta la gente in galera, non fuori. E si studia il piano per seminare fotografi e giornalisti: «Facciamolo uscire dal cancello che sta sul retro e portiamolo alla stazione dei carabinieri di Scandicci; si sbrigano con calma le altre formalità e poi va dove vuole». Il piano riesce a metà, perché in pochi minuti la voce si sparge e davanti alla piccola stazione si raduna un'altra folla di cronisti. L'avvocato Marazzita riparte per Roma, i due fiorentini, Fioravanti e Bevacqua, arrivano pure loro a Scandicci e si infilano nella stazione. Si fanno le sette, le sette e mezzo, ma Pacciani non arriva Evidentemente il piano è cambiato ancora, l'ex-«mostro» sembra essersi dileguato, e perfino i suoi avvocati giurano di non sapere dov'è: «Lo stavamo aspettando anche noi, ma non s'è visto. A questo punto ce ne andiamo a casa». Forse è vero e forse no, di certo c'è solo che il contadino di Mercatale non è più in carcere, né dai carabinieri di Scandicci, né a casa sua. E al convento di suor Elisa betta, accanto a Palazzo Pitti, di cono che la religiosa confidente di Pacciani non è in casa. Dove e con chi l'ex-«mostro» passerà la prima serata da uomo libero dopo tre an ni di galera, resta un mistero. A sentire Marazzita - che si go de questo successo fingendo che per lui è stata una bazzecola, che bastava leggere le carte e sarebbe arrivata l'assoluzione - quello di cui ha più bisogno il suo cliente in questo momento è un dottore: «Io gli ho consigliato di farsi vedere subito da un medico, perché sta veramente combinato male tra infarto, diabete e artrosi; si deve curare assolutamente». Intanto a Mercatale, residenza ufficiale del Pacciani, tutti dicono che se arriva lui se ne va lei, la moglie Angio lina. «Da quello che so una delle su' figliole si sta interessando per portarla a Firenze», dice un signore in piazza. «Ah certo, io non credo che resterà qui con lui», gli fa eco un altro. A chiedere pareri sulla sentenza, si raccolgono commenti più disparati, e le ovvietà che ci si può aspettare. Alla fine trionfa lo scetticismo: «Con questa giustizia non ci si capisce più niente». Una corte aveva detto che qui ha abitato per anni un as sassino, «il mostro»; adesso un'altra corte lo rispedisce a casa perché pare che non era vero. E a Mercatale scrollano le spalle. Giovanni Bianconi I DELITTI DA CUI V STATO ASSOLTO 14 SETTEMBRE 1874. Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini, vengono assassinati tra le vigne di Borgo S. Lorenzo. Con un coltello il mostro infierisce sul cadavere della giovane. 6 GIUGN01981. A Scandicci Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio vengono crivellati di colpi di pistola. Poi, quello che diventerà un macabro rituale: con una lama affilata il mostro asporta il pube della ragazza, e lo porta via. 22 OTTOBRE 1881. Stessa dinamica e stessa arma, ma stavolta l'assassino colpisce a Calenzano. Le vittime sono Stefano Baldi e Susanna Cambi. 18 GIUGN01882. Paolo Mainardi e Antonella Migliorini si appartano in auto a Montespertoll. Il mostro spara prima alla giovane. Lui tenta di fuggire, ma l'auto si blocca in una cunetta. L'assassino lo finisce con calma. 8 SETTEMBRE 1883. Due giovani turisti tedeschi, Horst Friedrich Meyer e Uwe Rusch, parcheggiano il furgoncino in un bosco di Galluzzo. Il mostro li uccide sparando decine di proiettili. 28 LUGLI01884. Claudio Stefanacci e Pia Rontini sono appartati in una stradina di Borgo San Lorenzo. L'assassino II uccide con il solito rituale. 8 SETTEMBRE 1885. Nadine Mauriot e Michel Kraveichvili piazzano la tenda in un bosco a Scopeti. Il killer spara dall'esterno. Il giorno dopo spedisce un pezzo di seno al giudice. Suor Elisabetta