Cade nel vuoto l'ultimo appello di Scalfari»

Da Genova aveva esortato a trovare un'intesa sull'esempio dei «padri» della Costituzione , Cade nel vuoto Puhimo appello di Scalfari» Da Genova aveva esortato a trovare un'intesa sull'esempio dei «padri» della Costituzione , E stamane al Quirinale prende atto delfallimento GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Signori della politica, andate dove vi porta il cuore. Nel suo ultimo appello per l'accordo Oscar Luigi Scalfaro ha assunto un tono tra l'amareggiato e lo spazientito. Come chi, mentre parla, vede gli interlocutori distratti o intenti a litigare tra loro. E la parola cuore, lanciata nell'intreccio di accordi difficili, paure inespresse e calcoli più o meno di bottega che si stava, nel frattempo, aggrovigliando a Roma, voleva evocare la necessità del coraggio, di quella «audacia santa» che, secondo il cardinale Angelo Sodano, è l'indispensabile viatico per intraprendere con speranza di successo la via delle riforme. No, i politici non sono andati: nessun laico cuore e nessun sacro ardire li hanno portati lontano dai loro contrasti. Il Capo dello Stato, partito dal capoluogo ligure attorno alle 18, ha saputo in volo che l'accordo per le riforme si era rotto prima di costruirsi. Eppure aveva coltivato un angolino di speranza, Scalfaro, in questo drammatico conto alla rovescia che si consumava a Roma. Da Genova ha guardato agli intrighi e ai sussulti del palazzo con l'occhio lungo di chi ha osservato, da protagonista, i momenti più bui ed intricati di mezzo secolo di vita italiana. Per cogliere analogie. Per regalare esperienze. Parlando all'università durante l'inaugurazione dell'anno accademico il Presidente rompe la consegna del silenzio «imposto dalla I responsabilità in questi giorni». Una bacchettata a quanti (politici? giornalisti?) nelle convulsioni della crisi si sono «affaticati a trovare in ciò che si dice ciò che non si è mai pensato», poi la breve, inutile lezione di scienze politiche. Che incomincia con una sorta di «c'era una volta», ma non ha certo l'aerea estemporaneità di una favola: «Per chi, senza merito, ha fatto parte dell'Assemblea Costituente è stato importante vedere, allora, quanto abbia contato il cuore di quegli uomini che pur avevano ideologie e filosofie assolutamente diverse». Persone dotate di un coraggio che sfiorava la temerarietà e che riuscirono a scrivere le pagine della nostra Carta fondamentale spinti dal «comune denominatore della sofferenza». Scalfaro contempla quel miracolo «avvenuto in quadro storico» dove si intersecavano «la prepotente caduta di una dittatura, l'eroismo della difesa della libertà, la sofferenza di un popolo». Enumera queste difficoltà epocali e, certo, pensa all'attuale scenario in cui i problemi, pur gravi, hanno portata ben minore. Ed ecco ripetersi il gioco di specchi, temporale e geografico, che caratterizza questa giornata: passato-presente, Roma-Genova. Ai tempi dell'Assemblea Costituente, dice il Capo dello Stato, il prodigio dell'accordo fu il frutto di un condiviso sentimento di amore per il Paese, di quel «cuore», appunto, gettato oltre gli ostacoli. E oggi? Il Presidente guarda in platea i suoi consiglieri che gli rimandano, sul palco, un impercettibile «no», per comunicare che, dalla capitale, «nessuna nuova, buona nuova». «Anche oggi - incalza, allora Scalfaro - si cercano pagine nuove per fare in modo che la carta costituzionale risponda meglio alle esigenze ed alle attese dell'uomo». La voce, però, inclina al pessimismo: «Anche oggi occorrerebbe quel cuore». Un avvertimento che il trascorrere delle ore e l'accavallarsi dei fatti s'incaricheranno di vestire come un presagio. «H vero uomo politico che sente la propria responsabilità si impegna in ogni modo, non avendo paura di bruciarsi». Concetto ribadito e scandito: «Chi lotta per i princìpi non si brucia mai, neppure quando cade». Cuore, ci vuole. E la modestia di chi non cerca la vetrina: dal passato, ispirandosi alla figura di Roberto Lucifredi, professore, uomo politico e suo «caro amico» scomparso quindici anni fa, il Capo dello Stato afferma un altro messaggio da lanciare a chi, intanto, sta scontrandosi a Roma: «Il protagonismo è una malattia seria». Parlando di Lucifredi che compì con lui un lungo cammino nella democrazia cristiana ed in Parlamento, il Capo dello Stato continua a fare rimbalzare immagini da ieri ad oggi. Prendendo a paradigma questo compagno di vita scomparso e non dimenticato e ringraziandolo per il suo impegno, «la serietà della sua scienza e la formidabile ricchezza umana», disegna il profilo del politico ideale: quello che dice sempre ciò che pensa e, anche quando questo si rivela scomodo, lo dice prima agli amici e, poi, «a quelli che si chiamano, pur troppo, avversari politici». La giornata incomincia ad incrinarsi in una tensione alimen¬ tata dai «boatos» del Palazzo. C'è sempre meno Genova e sempre più Roma in questa visita che, nonostante il clima politico acceso, non era stata annullata dal cerimoniale proprio perché fosse palese dimostrazione di serenità. Le tredici. Il Presidente si ritira in prefettura: quasi tre ore di telefonate con il segretario generale del Quirinale ed i consiglieri rimasti sul Colle, poi la visita alla mostra dedicata ad Eugenio Montale. Dalla capitale, voci allarmate: meglio anticipare il rientro. Oscar Luigi Scalfaro lascia Genova per volare a Ciampino. Poco prima, all'esposizione aveva letto un verso nel quale il poeta afferma che la vita è «come seguitare una muraglia che ha, in cima, cocci aguzzi di bottiglia». La politica, in fondo, deve aver pensato il Presidente, non è che una metafora della vita.

Persone citate: Angelo Sodano, Eugenio Montale, Lucifredi, Oscar Luigi Scalfaro, Roberto Lucifredi, Scalfari, Scalfaro