L'ITALIA strozzata di Berlino

Parla Ricky Tognazzi, autore del film sull'usura con Sabrina Fenili e Vincent Lindon: immagini drammatiche Parla Ricky Tognazzi, autore del film sull'usura con Sabrina Fenili e Vincent Lindon: immagini drammatiche L'ITALIA strozzata di Berlino ROMA. Quale Italia arriva attraverso i nostri film al festival di Berlino che comincia dopodomani? «Sicuramente un'Italia variegata», dice Ricky Tognazzi, che con «Vite strozzate» è l'unico regista italiano in concorso. «Non si potrà dire che creativamente siamo un Paese noioso. I film sono pianeti molto diversi uno dall'altro, ma il sistema solare del nostro cinema non risulta totalmente rappresentato: i comici italiani restano fuori anche da questo festival come da tutti, ed è un'enorme ingiustizia». Vero: ma c'è poco da ridere. «Vite strozzate», con Luca Zingaretti, Vincent Lindon, Sabrina Ferilli, offre l'immagine drammatica, precisata dalle cifre appena fornite dalla Banca d'Italia (660.000 famiglie prigioniere dell'usura, giro di soldi almeno quadruplicato in sei anni), d'un Paese impoverito assediato dai debiti e strangolato dagli strozzini. «Italiani» di Maurizio Ponzi e «Il cielo è sempre più blu» di Antonello Grimaldi offrono a «Panorama», insieme con una rinascita del film corale a sketches o del bozzettismo all'italiana, l'immagine delle speranze degli Anni Sessanta cadute e tradite, d'un presente in cui si mescolano quotidianità e orrore. Al «Forum», «I buchi neri» di Pappi Corsicato e «Lo zio di Brooklyn» di Cipri e Maresco offrono l'immagine d'una postciviltà di inerzia, miseria e rifiuti; «Sogni infranti» di Marco Bellocchio documenta, interrogando ex terroristi, il vuoto post-ideologico. E il suo film, dice Ricky Tognazzi, vuol raccontare anche qualcosa di più. Che cosa? . «"Vite strozzate"» vuol parlare dell'Italia, del cinismo che adesso prevale su tutto, dei soldi intesi come primo valore nel crollo di tantf altri valori come quelli della politica, del cannibalismo che domina: se sei debole sono fatti tuoi, se non ce la fai crepa, mors tua vita mea. Nella nuvola delle chiacchiere benintenzionate, si perdono la solidarietà, la fiducia che sono le basi della convivenza civile. I rapporti spietati tra l'usuraio e le sue vittime, tra creditore e debitore, possono apparire una metafora, lo specchio di rapporti meno estremi ma non meno crudeli». Come le è capitato di interessarsi all'usura? «Un anno e mezzo, due anni fa, Francesco Taurisano, il giudice che aveva collaborato alla realizzazione de "La scorta", una sera ha raccontato a Simona Izzo e a me in quale modo inquietante si andasse trasformando l'usura: non più quasi una forma di folclore di quartiere, ma un fenomeno criminale organizzato che sostituisce l'estorsione e consente il riciclaggio di soldi sporchi, un reato che può difficilmente venir provato, quantificato, colpito dalla legge. Un reato in cui, come nello stupro, la vittima colpevolizza se stessa e tace, per vergogna o per sfiducia nella denuncia». Avete parlato anche del perché l'usura si moltipli chi? «Certo: e a suo modo il film lo racconta. Secondo noi (e non soltanto secondo noi, si capisce) l'usura crescente nasce da vari fenomeni italiani. La recessione, l'impoverimento dei piccoli commercianti e piccoli imprenditori, delle famiglie. La stretta del credito, la chiusura del mercato del danaro e della liquidità dopo Tangentopoli, il rapporto malato che le banche hanno con il credito. L'ingresso della malavita organizzata nello strozzinaggio inteso pure come mezzo per impadronirsi di proprietà imprenditoriali o commerciali e per entrare con attività legali nel tessuto sano della società. E anche la difficoltà della gente a rinunciare al proprio tenore di vita, quando i soldi e il look sono gli unici valori rimasti insieme con la famiglia: molti farebbero qualsiasi cosa per conservare il proprio status, per essere all'altezza, per non perdere credibilità, per salvaguardare la famiglia dal disastro. Molti.usurati di- ventano usurai, così come i tossici diventano pushers». Un film-documento, allora? «E' proprio quello che abbiamo cercato di non fare. Per il lavoro di denuncia basta la tv. Noi abbiamo voluto affrontare un tema significativo con una vera storia nella quale raccontare come il fenomeno si riverberi su vite e psicologie, trasferire in drammi personali l'ossessione delle scadenze e del tempo, la costrizione alla finzione, l'incubo della perdita. I personaggi non sono soltanto le vittime, il costruttore Vincent Lindon preso nella rete e la sua bellissima moglie Sabrina Ferilh vio¬ lentata dalla sopraffazione, ma specialmente l'usuraio Luca Zingaretti che vampirizzando Lindon vuole anche impossessarsi della sua esistenza, essere lui». A Berlino lei ha già vinto un Orso d'argento per «Ultra». Se Nanni Moretti è il cineasta quarantenne italiano prediletto in Francia, lei e il prediletto in Germania? «Moretti è un outsider. Il festival di Cannes gli ha portato fortuna. Il festival di Berlino ha portato molta fortuna a noi nel 1991, e spero ce ne porti ancora adesso». Lietta Tomabuoni L'unico in concorso: «Non si potrà dire che siamo un Paese creativamente noioso» «Si parla del cinismo che adesso prevale su tutto. Non volevamo un documentario» | Nella foto a sinistra Maria Grazia Cucinotta, tra i protagonisti di «Italiani». Il film di Maurizio Ponzi sarà presentato al Festival di Berlino nella rassegna Panorama insieme con «li cielo è sempre più blu» di Antonello Grimaldi Nella foto grande qui sopra Sabrina Ferilli, protagonista di «Vite strozzate»: il film di Ricky Tognazzi (foto a sinistra) sull'usura è l'unica pellicola italiana in concorso al Festival di Berlino che comincia giovedì 15 (a destra di Tognazzi, il logo della manifestazione)