Il sapere e il comunismo «La ricerca piegata all'ideologia un modello imposto a tutto l'impero»

Il sapere e il comunismo Il sapere e il comunismo La ricerca piegata all'ideologia un modello imposto a tutto Vimpero BIANGERE e disperarsi per la gravità della crisi in cui versano l'Accademia russa delle scienze e altre consimili sorelle dell'Est europeo? Direi proprio di no. Esse ricevono la risposta che si meritavano dalla storia. Perché tutte queste Accademie pseudoscientifiche, con la loro pletora di succursali e ramificazioni mistificatrici e poliziesche, hanno inflitto in alcuni decenni alla scienza pura e agli scienziati veri più infamie e supplizi di quanti ne inflissero nei secoli l'Inquisizione di Tbrquemada e gli editti e processi tolemaici di Bellarmino. L'Accademia imperiale russa fu fondata agli inizi del XVIII secolo da Pietro il Grande con lo scopo di europeizzare, mediante studi e ricerche, la Russia in cerca di grandi spazi e di modernità, ma ancora semiasiatica nei costumi e immersa nell'oscurantismo teocratico del Granducato di Moscovia. Si trasformò dopo la rivoluzione in Accademia sovietica delle scienze. Sotto Stalin, anziché allargare le conoscenze e approfondire le sperimentazioni lungo la strada maestra occidentale tracciata da Pietro, l'istituzione bolscevizzata le frenò e le falsificò in nome del «marxismo-leninismo» e sprofondò a sua volta nell'oscurantismo più tetro. L'Accademia diventò un covo di spie e di delatori privilegiati, con tanto di macchina, autista, dacia, e stipendio di gran lunga superiore alla me¬ dia sovietica. L'accademico che non si piegava, veniva represso o soppresso. Riuscirono a salvarsi soltanto quegli scienziati che operavano nei settori legati alla creazione della potenza nucleare e militare dell'Urss: fisici geniali, oltreché uomini coraggiosi, come Kapitsa o come Sacharov. L'istituzione, già in difficoltà per le sue dimensioni pachidermiche e priva di mezzi (350 membri effetti¬ vi, 626 corrispondenti, 300 istituti, 66.000 ricercatori), ha preso dopo la fine dell'Unione Sovietica, il più modesto nome di Accademia russa delle scienze. Ma ormai si tratta di un'immane azienda scientifica obsoleta, svuotata e morta per autoconsunzione, senza crediti bancari e senza credito morale, dalla quale gli ultimi «cervelli» rimasti tendono sempre più a fuggire verso i ricchi e meglio organizzati istituti e laboratori delle università americane. La crisi non è, comunque, di oggi. Essa sostanzialmente proviene dai meandri del terrore staliniano e dalle nullificanti, seppure più blande, censure della lunga glaciazione brezneviana. Non resteranno certo impresse a lettere d'oro, nella storia della scienza, né la sordida biografia dell'Accademia sovietica né le torbide biografie di tanti accademici sovietici. Il più longevo di tutti, Strumilin, ancora operante e ciarlante con le sue insane elucubrazioni economiche nell'era krusceviana, scriveva disinvoltamente già nel 1927: «I ritmi della nostra eroica accumulazione primitiva, data la tradizione sovietica d'ascetismo nei consumi, saranno in grado di battere i più noti record mondiali». L'«ascetismo nei consumi» doveva battere in effetti, di lì a poco, ogni record immaginabile: le campagne ucraine, avviate col knut alla collettivizzazione forzata, moriranno letteralmente di fame. Che dire poi di Trofim Lysenko, l'agrobiologo prediletto da Stalin, e del lysenkismo che doveva estendere per due decenni la sua ombra funesta sui vari scibili e laboratori botanici e genetici posti sotto la mania semplificatrice e manichea dell'Accademia? Ciarlatano, mistificatore, sicofante, terrorista e poliziotto, Lysenko impone al compiacente Stalin con l'inganno e agli impauriti colleghi col ricatto (il silenzio o la vita) le sue assurde teorie miciuriniane contro l'agrobiologia e la genetica «borghesi» di Mendel e Morgan. Come Rasputin, che prometteva alla zarina di curarle il figlio emofilico, così Lysenko promette al comitato centrale e «personalmente al compagno Stalin» di sanare con l'abbondanza la cronica emofilia dell'agricoltura sovietica. Inventa, innesta, trapianta, evoca lo spettro di Miciurin, imbroglia, compone mostruosi ibridi botanici; ma la terra russa, devastata dalla collettivizzazione e dal genocidio dei contadini, resta muta e sterile. Allora, secondando lo spirito punitivo e castrense dell'epoca, dichiara nel 1935 che la colpa è tutta dei «kulak della scienza» che dovranno perciò essere estirpati come i «kulak della gleba», Stalin applaude l'impostore, lo nomina presidente dell'Accademia Lenin delle scienze agricole dell'Urss, gli concede perfino il diritto di eliminare fisicamente gli avversari che si oppongono ai suoi esperimenti disastrosi quanto costosi, fl lysenkismo si espanderà come una metastasi catastrofica, quasi in ogni campo scientifico, fino alla metà degli Anni 50. L'agricoltura subirà il suo terzo colpo mortale dopo la collettivizzazione e la guerra. S'intensificheranno i pogrom ideologici contro chiunque dubiti che si possano infrangere «le cosiddette leggi di natura». Si metteranno ufficialmente al bando la genetica mendeliana, la linguistica marriana, la psicanalisi freudiana, la statistica borghese, la ricerca storiografica indipendente non autorizzata. Poiché il rovescio del terrore dottrinario è sempre il Kitsch comico, l'Accademia alfine si ridicolizzerà sostenendo che «gli orologi made in Urss sono i più veloci del mondo» e che «la Russia (non l'Africa o l'India) è la patria originaria degli elefanti». Frattanto le minori Accademie dei Paesi satelliti fungeranno da fotocopie della casa madre, non offrendo che frottole esilaranti al mondo e alle proprie nazioni colonizzate. Si distinguerà infine, per vitalità pervertita, l'Accademia delle scienze e delle arti di Belgrado. L'istituto serbo, con un suo «memorandum» del 1986, darà l'impulso e la base teorica alle imminenti operazioni di pulizia etnica nel Kosovo, nella Croazia e nella Bosnia. Il requiem, per queste strane «accademie» che hanno adulterato la scienza e provocato soltanto disastri alimentari e umani, non può essere che di condanna e di netto ripudio. Enzo Bettiza Negli anni di Stalin, fra lager e terrore, Lysenko dettava la sua «biologia marxista» a e li une e; a a hi traal pregzioconnit I ■ % Il famigerato accademico Lysenko; a destra, Stalin Qui accanto Pietro il Grande; in alto, la facciata dell'Accademia a Pietroburgo progettata dal Quarenghi