«Caro Mostro, ti scrivo...»

«Caro Mostro, ti scrivo—» «Caro Mostro, ti scrivo—» Da tutta Italia: «Resisti, sei innocente» RETROSCENA LE LETTERE AL CARCERE FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO «Sei un maiale», c'era scritto. E il Pietro diventò tutto rosso. Un'altra: «Sei peggio di uri mostro, sei un vigliacco serpente». Ancora: «Sei un porco assassino». Quando gli arrivano queste, lui legge appena e riduce i fogli in coriandoli minuscoli. Poi ci sono le altre, quelle dei sostenitori. Ne sono arrivate oltre 1500, scritte da giovani e da meno giovani. Da donne, soprattutto. Casalinghe, studentesse, ma anche da ragazzi che hanno preso a cuore la vicenda del Vampa come fosse un caso personale. Pochi gli uomini, chissà perché! A Sollicciano è il detenuto che riceve più corrispondenza, più dei boss della mafia, più dei capi della 'ndrangheta. E quando gli scrive, la gente si firma con nome e cognome perché non ha paura di far sapere che considera la sentenza di condanna come un sopruso bello e buono, peggio, come una porcheria commessa in nome della ragion di Stato. Naturalmente, a sostegno di queste tesi, non ci sono raffinati ragionamenti giuridici ma semplici atti di fede. Pacciani è innocente, e basta. Pacciani è la diciassettesima vittima del mostro che ha fatto il possibile e l'impossibile per incastrarlo e c'è riuscito. Ecco, il numero delle lettere è salito vertiginosamente dopo quella sentenza pronunciata «in nome del popolo italiano» la sera del 1° novembre 1994, giorno di Tutti i Santi. Quando il presidente della corte d'assise, Enrico Ognibene, lesse il dispositivo del verdetto che mandava il Pietro condannato 14 volte alla pena perpetua, molti si sentirono come feriti e impotenti, di fronte ai meccanismi della giustizia. Il Pietro non era neppure quello che avevano fatto vedere in televisione, dicono. Avevano creato un mostro ma loro, i 1500, non ci avevanocreduto. Tutto qui. «Ma lo sanno che 'un sono io», ripete il Pietro a don Danilo Cubattoli, il cappellano. E poi, quando gli consegnano il pacco della corrispondenza, cospicuo come quello che può ricevere una celebrità dello spettacolo o dello sport, un tempo, forse, anche della politica, afferra le buste, le stringe forte, le rigira nelle mani tozze. E non le legge subito. Sta attento a non rovinarle. Poi le scorre con avidità, e rimane lì a contemplarle. Quante volte le ha commentate con i suoi difensori, Pietro Fioravanti e Rosario Bevacqua. Per lui, quegli scritti sono una specie di tesoro e un talismano che potrebbero garantirgli un futuro, un qualcosa di palpabile. «Devo rispondere», dice ogni volta. Scrivere non gli è mai costato troppo. Carta e penna. Il foglio si riempie come d'incanto. Come si fa, del resto, a lasciar delusi quelli che dicono di credere in te, al di là delle verità ufficiali, delle condanne, dei dubbi, degli indizi e anche di qualche prova? Dopo il verdetto e i molti giorni bui che questo si era trascinato dietro, il Pietro ha sen- tito profumo di rivincita. «Vedrai che se non hai fatto nulla, esci», gli ripete don Cuba. E suor Elisabetta lo rincuora come può mentre i difensori gli indicano tutti i punti deboli della sentenza. E' così che Pietro ha ripreso vigore. Alle lettere ha risposto, anche se qualche volta ha dovuto saltare, perché un segretario non ce l'ha e ogni risposta va scritta a mano perché chi si confida, questo pretende: una lettera autografa, soddisfacente, tutta per lui. Poi c'è stato il compleanno. Settantuno anni, altro motivo per contestare la detenzione, secondo gli amici di penna. Speranze, auguri e raccomandazioni. Perché, lo sanno tutti, la rivincita non ammette errori. E chi perde, stavolta rischia di perdere per sempre. Vincenzo Tessandori «Mi dissocio da chi ti ha condannato in mio nome» Ne sono arrivate oltre 1500 firmate soprattutto da donne Distrugge quelle di insulti della sentenza. E così che Pietro ha ripreso vigore. Alle lettere ha risposto, anche se qualche volta ha dovuto saltare, perché un segretario non ce l'ha e ogni risposta va scritta a mano perché chi si confida, questo pretende: una lettera autografa, soddisfacente, tutta per lui. Poi c'è stato il compleanno. Settantuno anni, altro motivo per contestare la detenzione, secondo gli amici di penna. Speranze, auguri e raccomandazioni. Perché, lo sanno tutti, la rivincita non ammette errori. E chi perde, stavolta rischia di perdere per sempre. Vincenzo Tessandori JJi, lìmi. *■ r**1*' te C sa»- »»«* ^ fi. *»uu* li* * A* liti****»- HESS ^ «Wtt?® &*T*Si *<^.^**^ Ecco alcune delle lettere ricevute da Pacciani in carcere Pietro Pacciani (a fianco) e assieme ai suoi legali In alto, il procuratore Tony

Persone citate: Danilo Cubattoli, Enrico Ognibene, Pacciani, Pietro Fioravanti, Pietro Pacciani, Rosario Bevacqua, Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Firenze, Italia