«Contrordine lettori» L'accordo torna inciucio di Pierluigi Battista

Sartori IL «GIORNALE» «Contrordine lettori» raccordo torna inciucio CONTRORDINE, cari lettori». Avrebbe potuto scrivere «perdono», Vittorio Feltri. Oppure cavarsela con un umile «scusate». Invece il direttore del Giornale ha deliberatamente evocato il fantasma di Giovannino Guareschi per rimarcare la sterzata anti-accordo del quotidiano che più di ogni altro convoglia ed esprime gli umori della gente del Polo. Un richiamo autoironico al celeberrimo «contrordine compagni» con cui Guareschi scudisciava i «trinariciuti» della sinistra avvezzi all'obbedienza assoluta e incondizionata alle direttive del partito con la maiuscola. «Contrordine», dice Feltri ai suoi lettori. «E' maturata in noi la convinzione che a questo punto sarebbe più disastroso il voto dell' inciucio», aveva scritto domenica. «Con questa sinistra non è il caso di fare accordi», scrive a ventiquattr'ore di distanza. «Contrordine», appunto. H Giornale torna alle origini. O meglio, a un mese fa. Quando Berlusconi tirò fuori dal cilindro il coniglio delle «larghe intese», il quotidiano di proprietà del fratello Paolo si mise in prima fila a lanciare pietre contro lo spettro dell'«inciucio» (con grande dolore di Silvio). Un coro di fax, lettere indignate di polisti delusi, dichiarazioni di fuoco contro il «tradimento» berlusconiano faceva il resto e dava l'impressione di un elettorato in rivolta, disposto a tutto pur di non cadere nell'abbraccio mortale con la sinistra del «comunista» D'Alema. Poi, negli ultimi giorni, i segni del cambiamento di rotta, del primo dei «contrordini». «Abbiamo ricevuto lettere e telefonate di lettori del Polo da cui si deduceva un sempre maggiore consenso alla politica dell'accordo. E persino a noi a un certo punto è parso che l'accordo potesse diventare una cosa più seria ""'inciucio», confessa oggi Feltri. Lo scrittore GioI dell' j Felt: anni Guareschi E allora, quando le trattative sembrano sul punto di andare in porta, i toni del Giornale si fanno più smussati e possibilisti. Si scrivono editoriali in cui si esorta il Polo a non abbandonare Dini alla sinistra: lo stesso Dini che era stato infilzato, sbertucciato e attaccato lungo l'intero anno di governo «tecnico». Poi, quando è sembrato che alla base del patto tra la destra e la sinistra si profilasse nientemeno che il modello semipresidenziale di stampo francese, con relativo consenso del riluttante Gianfranco Fini, i toni si fanno ancora più sfumati. Gli editoriali diventano un concentrato di «staremo a vedere», se son rose fioriranno, mai dire mai, perché mettere limiti alla Provvidenza. Fino all'editoriale di domenica, in cui si dà per certa la formazione del governo e anzi si auspica che l'accordo si faccia in fretta pur di non assistere a «una campagna elettorale nevrotica, stressante e probabilmente destinata a non risolvere il problema della governabilità». Si dà il caso però che in quello stesso giorno l'accordo rischi di saltare, mandando all'aria tavoli delle trattative e alchimie ministeriali. L'indomani, il rovesciamento. «Abbiamo semplicemente sbaghato l'interpretazione della giornata politica», ammette adesso il direttore Feltri: «Abbiamo creduto che tutte queste scaramucce rientrassero nell'eterna logica delle trattative di governo. E invece non era così». No, non era così. Tanto che, nel giro di 24 ore, Feltri imprime l'ultima spettacolare svolta. L'accordo ridiventa l'inciucio, i post-comunisti «erano e restano comunisti», come recita il titolo del «contrordine». Il patto per le riforme, una «trappola», «una fregatura». «Contrordine, cari lettori». Pierluigi Battista ita | Lo scrittore Giovanni Guareschi

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