Gorby la «sindrome Krusciov»

il caso. Una richiesta al Kgb: ditemi la verità sulle proteste dal '57 in poi il caso. Una richiesta al Kgb: ditemi la verità sulle proteste dal '57 in poi Gorby, la «sindrome Krusciov» Così neW88 temeva per le sue riforme MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nel marzo 1988 Gorbaciov chiese all'allora presidente del Kgb, Viktor Cebrikov, di preparargli un riassunto storico dei disordini di piazza, manifestazioni di scontento, segnali della protesta popolare, a partire dal 1957. Singolare richiesta, a prima vista, che emerge ora da un fascicolo riservato, del Politburò, datato 4 marzo 1988 e firmato appunto dal presidente del Comitato per la Sicurezza Nazionale. Il ritrovamento (nell'Archivio Presidenziale, ad opera dei collaboratori della rivista Rodino) è curioso sotto numerosi aspetti e rivelatore dei pensieri che, evidentemente, allora angustiavano il segretario generale del pcus. Era la fase più delicata della perestrojka. Gorbaciov aveva ormai chiari di fronte a sé i pericoli cui era esposta la sua riforma. Altrettanto rivelatrice è la data di partenza della ricerca commissionata al Kgb. Il 1957 è infatti l'anno successivo al XX Congresso del pcus, quello in cui Niltita Krusciov aveva avviato la destalinizzazione e introdotto le prime misure, sebbene contraddittoriamente, di liberalizzazione. L'inizio della fine del «terrore» risale a quella data. Appare evidente il ragionamento implicito che sottende la curiosità di Gorbaciov: egli si trova, in una situazione analoga a quella di Krusciov e cerca di prevedere come andrà a finire. Vuole confrontare i sintomi di allora con quelli di oggi. Certo in quei 31 anni molte cose erano cambiate, ma anche nel 1988 non era facile tastare il polso della popolazione. Come misurarla in un Paese in cui quasi tutti i canali di collegamento tra potere e opinione pubblica erano ormai ostruiti da un sistema politico ossificato e talmente ideologizzato da nascondere la verità perfino a se stesso? I sondaggi d'opinione non c'erano ancora e, se anche ci fossero stati, non avrebbero funzionato. Così il riformatore Gorbaciov si rivolse aU'unico istituto sovietico che, perle Sue funzioni repressive e profilattiche, avrebbe dovuto disporre, almeno teoricamente, dei dati storici (oltre che attuali) della protesta popolare. Sfortunatamente per Gorbaciov la risposta degli uffici di Cebrikov non andò oltre la mentalità degli spioni dell'epoca. Non che mancassero i dati. Al contrario le sei cartelline che giunsero sul tavolo del leader sovietico erano precise perfino nei dettagli. Il quadro che ne emerge è asciutto, analitico, essenziale. Sono elencate tutte le manifestazioni di protesta con qualche rilievo accadute in Urss nel periodo richiesto. Anno per anno, con l'indicazione dei luoghi, il numero dei partecipanti, la specificazione se «vi è stato uso delle armi» (senza il dettaglio, tuttavia, se da parte dei manifestanti o della polizia), le «conseguenze» (divise in tre categorie: «uccisi», «feriti», «rinviati a giudizio penale»). L'unico difetto, ma sostanziale, della «Nota informativa sui disordini di massa a partire dal 1957» sta nelle «spiegazioni». Nella grande maggioranza dei casi gli anonimi estensori non sanno e non vogliono andare al di là della definizione di «azioni teppistiche di ubriachi». L'ideologia impedisce anche a loro di guardare più a fondo, di scandagliare le cause del malcontento popolare. C'è un assioma implicito nelle loro teste: chi protesta contro il potere non può che essere «teppista» e «ubriaco». Salvo eccezioni sembra che altre ipotesi non siano considerate ammissibili. E, difatti, non vengono formulate. Anche perché gli organi locali devono coprire le proprie magagne e quindi mentono al centro. Uno dei rari casi in cui emerge tangenzialmente qualcosa di vero è nel caso della protesta di massa di Novocerkassk (regione di Rostov), durata tre giorni, nel 1962. U prospetto del Kgb fornisce la seguente, laconica spiegazione delle cause: «Insoddisfazione per le decisioni dell'amministrazione della fabbrica di locomotive concernenti l'aumento dei prezzi della carne e del burro». Si indicano 4000 manifestanti. Ma c'è da dubitare sulla cifra. In ogni caso la rabbia dovette essere tanta se i disordini durarono tre giorni e la polizia fu costretta a sparare: 23 morti 70 feriti, 132 arrestati e condannati. In tutto Cebrikov elenca 24 manifestazioni di protesta nel corso di 30 anni. Non molte, a ben vedere. Solo di alcune s'era avuto notizia, sebbene parziale e incompleta. D massacro di Novocerkassk, ad esempio, era stato rivelato alla stampa occidentale, dopo qualche tempo, da fonti dissidenti. La manifestazione di Alma Ata (del 1986, quando Mosca destituì il primo segretario del Kazakhstan, Dinmukhamed Kunaev) era stata uno dei primi esempi della glasnost gorbacioviana. La Tass ne aveva dato notizia quasi subito anche se minimizzandone la portata. Che dovette essere enonne visto dalle cifre dei feriti: 1215 persone, di cui 774 tra le forze di polizia. Il «mattinale storico» del Kgb snocciola luoghi e dati finora sconosciuti. Si va dai 3000 arrabbiati di Podolsk, regione di Mosca, del 1957 (causa: «ubriachi» che accusano la polizia di avere ammazzato un autista di taxi), ai 1300 di Krasnodar, Sud della Russia, del 1961 (causa: «teppisti e ubriachi» fuorviati da «dicerie provocatorie» sull'uccisione di un militare da parte della polizia), ai 500 di Bijsk, regione di Aitai, 1961 (di nuovo ubriachi, questa volta al mercato). Originale la motivazione dei disordini di Sumgait (Azerbajgiani del 7 novembre 1963.800 dimostranti si ribellano alla polizia che ha seque¬ strato ritratti di Stalin nella manifestazione del 7 novembre. La polizia spara. Non ci sono morti. Gli anni più turbolenti sembrano essere stati il 1967-1968, con sollevazioni a Cimkent (Kazakhstan, 1000 persone), Frunze (Kirghizia, 700 dimostranti), Stepanakert (Nagorno-Karabakh, 2000 persone), Prituki (regione di Cernigovsk, 500 persone), Slutsk (Bielorussia, 1200 persone), Nalcik (Kabardino-Balkaria, 4000 persone). Poi per nove anni non viene segnalato alcun disordine significativo, fino al 1977, quando si registra una manifestazione di 500 persone a Novomoskovsk (regione di Tuia), a difesa di un minorenne arrestato. Negli Anni 80 sono cinque le proteste di massa, dove ormai emerge qua e là, perfino nelle motivazioni del Kgb, il dato nazionalistico. Quattromilacinquecento dimostranti a Orzhonikidze, capitale dell'Ossetia del Nord, nel 1981. 1000 a Leninogorsk (Tatarstan), nel 1984.700 a Dushanbè (Tagikistan), nel 1985.1 già ricordati disordini di Alma Ata del 1986. E una rissa nazionalistica di massa tra russi e jakuti a Jakutsk, nel 1986. Il riassunto dice che la polizia ha sparato 11 volte (su 24 manifestazioni), i morti complessivi sono stati 45, i feriti 166 (senza contare quelli di Alma Ata), gli arrestati 590. Tutto compreso un bilancio che doveva apparire tranquillizzante. Non sappiamo se Gorbaciov lo considerò attendibile. Scopriamo che molte cose accadevano, lontano da Mosca, e che mai nessun occidentale poteva esserne informato (lezione che dovrebbe rimanere in vigore anche adesso, specie per i corrispondenti frettolosi che vedono Mosca e pensano che il resto della Russia le somigli). Sappiamo, ora, che il Paese era come ima immensa teiera a compartimenti stagni, ciascuno dei quali a temperature diverse. Il fuoco ardeva, ma non tutta la teiera andava in ebollizione: ogni compartimento seguiva le proprie «regole termiche». Bastò che Gorbaciov cominciasse a togliere il coperchio... Giuliette Chiesa Dagli archivi spunta una relazione segreta: 30 anni di disordini ufficialmente negati Nikìta Krusciov, dopo il XX congresso e i tentativi di apertura, fu silurato; sopra, Mikhail Gorbaciov La Lubianka, sede del Kgb: nella «Nota informativa sui disordini di massa a partire dal 1957» spiegava le proteste come «azioni teppistiche di ubriachi»