Cronaca di un'esistenza nella gabbia del dovere di Antonella Rampino

Cronaca di un'esistenza nella gabbia del dovere «Diario di un povero capitalista»: il libro di un industriale dei biscotti tentato dalla voglia di riprendersi la vita Cronaca di un'esistenza nella gabbia del dovere «Il lavoro è un valore. Ma può diventare anche una barriera contro la realtà» ualcuno li chiama «amministratori rilegati». Sono gli uomini d'impresa che sentono di dover tramandare e argomen_ tare le proprie gesta. Scrivono in genere frasi improbabili e pensose, che vengono stampate da editori altisonanti, e presentate con enfasi e ammirazione da signori eccellenti che poi scappano via con l'autoblù e la guardia del corpo. Diario di un povero capitalista di Franco Marco Scaldaferro, industriale del biscotto in quel di Dolo, non appartiene a questa categoria. E' un libro appartato e molto particolare: la biografia di un oggetto del dovere. Industriale di terza generazione, e dunque nato ricco, Scaldaferro racconta il lavoro come muro che separa dalla vita, e lo racconta senza quasi rendersi conto che la fatica è, per lui che nonostante il denaro solo la fatica conosce, esatta- mente quello che è il lusso per i grandi ricchi: una difesa contro la realtà. L'autore è nipote di un nonno con 17 fratelli, tutti picchiati a colpi di baccalà sulla testa, che imparò a fare le moltiplicazioni a 70 anni, e che ebbe la vita accorciata dalla legge Vanoni. E' figlio di un padre che vedendo un campo di calcio pensava a quanta erba andasse inutilmente sprecata. E, dunque, vittima e complice di un super-Io famigliare per il quale il lavoro è un imperativo categorico, una fede senza consapevolezza né dubbio. Il giovane imprenditore alle prese con una piccola azienda, florida per lo più grazie alle energie famigliari profuse, è avvinto al suo impegno quotidiano, come affascinato dalla Medusa, e ha davanti a sé l'esempio di un padre che, percorrendo quella stessa strada, ha rivolto in negativo un valore che era positivo, propulsivo, energetico. Un padre che una vita di solo e puro lavoro ha reso duro, sospettoso, senza fiducia neanche in chi non si può non aver fiducia, incapace di perdonare, aggrappato al comando. La storia dell'industria Scaldaferro raccontata dall'interno è insomma la cronaca di un'etica, tante volte invocata, nella sua devastante applicazione quotidiana, è l'educazione sentimentale di un imprenditore italiano, modello Nord-Est. Si intuiscono in sottofondo, come un ricordo collettivo, le storie identiche e diverse di identici e diversi imprenditori. Quella di Luigi Lucchini, solo per fare un esempio, che ha ricordato più volte suo padre piccolo fabbro in una valle bergamasca, sacro lare di quella che è oggi una company del tondino. Ma mentre Franco Marco Scaldaferro lavora, fa lavorare anche la propria coscienza. Ulis¬ se in fabbrica, tra impasti burrosi, forni ciclotermici, tunnel di raffreddamento e tapis roulant di biscotti, il protagonista si ritrova alla fine non al centro, ma all'estrema periferia del suo microcosmo. Lavorare per lui è stata la passione della vita: la gioia di correre e sudare, far confusione e sentirsi, almeno per il tempo del lavoro, indispensabile a qualcuno. L'illusione, percorsa ogni giorno dall'alba a mezzanotte, di aver rimandato il tempo della fine. Si rifugia nella scrittura, e lo dimostra con questo libro pubblicato da Neri Pozza e fregiato da un premio che è dedicato a Tornasi di Lampedusa, il «Città di Feltre», perché conserva la speranza che almeno la bellezza, lo scrivere, «il dominio dello spirito», come entusiasticamente lo definisce, non sia contaminato dal terribile e duro principio dell'utile. E mentre le pagine procedono, una ad una fino all'epilogo, il tentativo fallito di liberarsi dal mostro, di vendere l'azienda, di appropriarsi della propria vita, capiamo qual è la morale di questa storia vera. E' un valore grande il lavoro, il lavoro come destino e vocazione, come quotidiana preghiera in umiltà, come antidoto alla morte. Ma non è detto che sia una conquista. Perché non è benessere un futuro costruito senza cultura della felicità. Come diceva Nietzsche: «Ricordati che, se abbandoni Dioniso, anche Apollo abbandonerà te». Antonella Rampino

Persone citate: Franco Marco Scaldaferro, Luigi Lucchini, Neri Pozza, Nietzsche, Tornasi, Vanoni

Luoghi citati: Dolo, Feltre, Lampedusa