Una catena di suicidi sulla scia del ricatto

Una catena di suicidi sulla scia del ricatto li» Www DA UN DEBITO Una catena di suicidi sulla scia del ricatto ROMA. L'usura può uccidere, e queste quattro storie, le più recenti, le ultime di una lunga catena di sangue e di dolori causati dall'avidità dì chi presta denaro a tassi da strozzino, lo dimostrano. LA FAMIGLIA. Manca un mese al Natale '95 quando la famiglia Baracchi al completo decide di gettarsi da un viadotto dell'autostrada Roma-L'Aquila. Madre e tre figli si sfracellano dopo cento metri di volo. Pochi minuti prima un agente della Stradale si era fermato accanto all'Alfa 164 per chiedere se avevano bisogno di qualcosa, e loro, gentilissimi, vestiti eleganti come sempre, avevano risposto: no, grazie, è solo mamma che soffre il mal d'auto, adesso andiamo via. E infatti se ne sono andati, per sempre. Il suicidio collettivo fa scalpore e trova una spiegazione pochi giorni più tardi quando la Mobile romana scopre che Roberto, il maggiore dei fratelli, era incappato in una sorta di fallimento nascosto: aveva «pompato» soldi dei clienti da una finanziaria che dirigeva, per nascondere speculazioni fatte dai fratelli minori e finite male. Poi, per coprire tutto, si era rivolto a un usuraio, sempre più esigente. Un giro infernale, da quasi due miliardi, che ormai era giunto al capolinea. Piuttosto che affrontare la vergogna dello scandalo, i Baracchi, famiglia rispettata, avevano deciso di scomparire tutti insieme. Anche il più piccolo dei figli, 22 anni. L'ARCHITETTO. Era un architetto romano, si uccide pochi giorni dopo la fine dei Baracchi. Il 28 novembre '95 saluta la moglie ed esce. Non la rivedrà più. Quando la donna dà l'allarme, il mattino successivo, è già morto. I carabinieri lo trovano impiccato a un albero, vicino a Subiaco. Sul sedile posteriore della sua Lancia, poco lontano, quattro fogli scritti a mano. E una frase rivelatri¬ ce: «Sono sommerso dai debiti e angosciato dal fatto di essere ridotto sul lastrico». Anche su Giovanni si allunga l'ombra sinistra dell'usura. L'ORAFO. Era un orafo di Pompei, nel suo quartiere tutti gli volevano bene, come dimostra la folla che all'inizio di gennaio segue il feretro. Luigi, 55 anni, si ammazza seduto su una panchina, in una piazza a due passi a casa. Sceglie un metodo antico: ingoia il cianuro contenuto in una fialetta. Scrive alla moglie e alle due figlie: «Carissime, il passo che sto per fare mi farà apparire vigliacco e poco responsabile, ma non è così. Ho consumato ogni residua forza, sono un uomo distrutto». I familiari dicono: l'hanno ucciso i debiti e i ricatti. Luigi doveva restituire 300 milioni a una banda dì usurai, a interessi come sempre astronomici. Per farlo aveva già venduto alcuni appartamenti, frutto di anni di duro lavoro. La polizìa arresta uno degli usurai: è un grossista dì preziosi, un commerciante, un «collega» di Luigi. IL COMMERCIANTE. E' il 5 febbraio. A Nova Milanese, in un appartamento popolare, Mario, 45 anni, commerciante, un figlio piccolo, entra in cucina, apre un cassetto, prende un grosso coltello, di quelli che servono per tagliare l'arrosto, e se lo pianta sette volte nell'addome. E' più fortunato degli altri: la moglie rientra pochi minuti più tardi, lo trova riverso sul pavimento, chiama l'ambulanza e i medici riescono a salvarlo. Mario giocava a carte in un bar, aveva accumulato debiti per venti milioni, per pagarli aveva chiesto in prestito la somma agli usurai e dopo un solo anno il suo conto in rosso era salito a 250 milioni. Con quelle coltellate voleva dimenticare tutto. Ma dopo il suo gesto disperato la polizia ha trovato gli usurai, e li ha portati in cella. - - [p. poi.] Dalla morte collettiva della famiglia Baracchi al negoziante milanese che si è inflitto sette coltellate L'usura rappresentata in un quadro del Caravaggio

Persone citate: Baracchi

Luoghi citati: L'aquila, Nova Milanese, Pompei, Roma, Subiaco