L'impossibile riforma del Fisco colabrodo

L'Italia degli evasori e tartassati L'esercito anti-evasione spara a salve da anni: un tacito patto tra politici ed elettori L'impossibile riforma del Fisco colabrodo PROMA ARLA bene, l'Avvocato». Gli italiani devono avere fiducia nella propria classe politica, ha detto Gianni Agnelli tre giorni fa. Ma niente. Su nel Nord - ma anche nel Centro e nel Sud, sia pure per motivi diversi - gli italiani non ne vogliono sapere. E siccome ormai votano innanzitutto con il portafoglio, è proprio attraverso il Fisco che consumano la loro pur sofferta «diaspora» con lo Stato. Gli industriali di Treviso l'hanno fatto platealmente con una lettera aperta inviata a tutti i parlamentari veneti «promossi» nell'ultima legislatura. «Voi avete tradito le promesse fatte in campagna elettorale». Così, con poche righe d'inchiostro, i ((padroncini» del Nord-Est hanno stracciato la delega tra rappresentato e rappresentante, cemento di ogni democrazia. Delega, in verità, che, se è vera la ricostruzione storica di Rino Formica, è stata esercitata nel tempo in maniera distorta. D'accordo, diceva il rappresentato al rappresentante che gli proponeva lo scelleratissimo patto, io ti voto ma in cambio ottengo leggi, incentivi e coperture. Comprese, quindi, le piccole o grandi evasioni fiscali. Il politico, nel decenni viziati dell'andreottismo, ha mantenuto le promesse. E ha fatto scientemente, del Fisco e del suo apparato, un enorme colabrodo. Perché in effetti il vero ((vulnus» della lotta all'evasione fiscale in Italia sta tutto qui: che nessuno ha mai voluto farla davvero, la lotta. Quel mostruoso e raffazzonato «esercito» di 110 mila persone - di cui buona parte lasciate volutamente affogare tra scartoffie polver ^e e scalcagnatissimi faldoni ne' attacielo di cemento del ministero delle Finanze, all'Eur - spara a salve da anni. E i 25 mila uomini della GdF, professionali e iper-tecnologici all'apparenza, soffrono da Tangentopoli in poi di un'insidiosa crisi di identità. In questo desolante «gniviera» fiscale, l'evasore si insinua e attraversa tranquillo tutti i buchi che vuole. I controlli diminuiscono: nel 1995 quelli sulle imposte dirette sono stati 140 mila, contro i già risibili 250 mila del 1994. In base alle statistiche matematiche, poi, sul fronte Iva un lavoratore autonomo rischia una verifica ogni 36 anni. Ora il ministro delle Finanze Fantozzi dice che, attraverso gli incroci tra Anagrafe tributaria, Inps, Enel e Telecom, dai controlli non si sfuggirà. Vedremo. Ma intanto, non ci resta che prendere atto (ahinoi, anche qui) dell'abisso che ci separa dal resto del mondo. Sull'Irpef i nostri uffici delle imposte effettuano un controllo formale entro 5 anni dalla presentazione della denuncia dei redditi, e riescono a verificare solo lo 0,9% dei circa 24 milioni di modelli 740 e 101 registrati ogni anno. Negli Usa - il Paese che proprio per evasione fiscale è riuscito a incastrare Al Capone - l'Amministrazione finanziaria (solo 24 mila persone, ma super-specializzate) sottopone ogni anno a verifiche standardizzate tutte le denunce; la stessa cosa succede in Francia e nel Regno Unito, mentre Belgio e Paesi Bassi effettuano controlli formali sui lavoratori autonomi ogni due anni. In Germania - paradossi della monolitica cultura teutonica, impensabili per noi «fantasiosi», egotisti latini - non si fanno controlli sulle persone fisiche: il tedesco si fida del tedesco : le ispezioni si fanno solo sulle grandi società e gli studi professionali. Arriveremo mai a tutto questo, noi che con i nostri 250 mila miliardi annui guidiamo la disdicevole classifica dell'evasione nell'area Ocse? Difficile, quasi impossibile, suole ripetere Riccardo Virgilio, ma- gistrato del Consiglio di Stato che nella seconda metà degli Anni 80 ha guidato il Secit (il corpo degli 007 del Fisco): troppo forti, soprattutto in passato, le pressioni delle lobby, troppo radicati gli interessi dei politici, che, attraverso il trucchetto delle cosiddette «norme interpretative» nei disegni di legge, hanno garantito negli anni una pioggia di esenzioni e mini-sanatorie: per tutti, dalle Spa alle aziende agricole, dall'artigianato all'industria. Un vizio, purtroppo, che ancora resiste. Anche nella stagione dei governi cosiddetti «tecnici»: «Andatevi a leggere il disegno di legge collegato all'ultima Finanziaria - ci suggerisce Franco Savarino, altro ex superispettore del Secit passato ora ai Monopoli - scoprirete una bella sorpresa...». Obbediamo: ebbene, all'articolo 3, comma 118, la sorpresa c'è davvero: «Le disposizioni cui all'art... (cioè l'Iva, ndr) non si applicano ai rottami, cascami di metalli...». Un ignoto e solerte parlamentare, evidentemente, nelle lunghe, concitate notti in cui la commissione Bilancio di Montecitorio si trasforma nel più classico suk arabo, è riuscito a piazzare la botta: un con¬ dono, vero e proprio, per un settore (gli «sfasciacarrozze», come si dice in gergo capitolino) secondo le Finanze tra i più allergici alle tasse e tra i più inclini all'abusivato. Che fare? Sul problema dei controlli anti-evasione si sono fronteggiate, e continuano a fronteggiarsi, due diverse filosofie. La prima è quella, per certi versi orwelliana, della Fisco-polizia, di cui faceva in qualche modo parte anche il progetto di Antonio Di Pietro, che voleva creare una tecno-struttura potentissima e sofisticatissima, per controllare tutto e tutti. Fascinosa per alcu¬ ni versi, inquietante per altri, questa filosofia da Grande Fratello Fisco fatica però a farsi spazio, anche per la voluta carenza di uomini e mezzi nella quale l'Amministrazione è stata fatta languire. La seconda filosofia, di tipo liberista e neo-concordataria, è quella di Tremonti. Inutile e impossibile controllare tutto, meglio puntare ad un nuovo «contrattualismo» fiscale con le categorie in odore di evasione: cioè, finora ci avete dato X, non vi chiediamo 0 dovuto, dateci solo X più Y, e la chiudiamo lì. E' questa, pantografata sui temi del Fisco, il ritorno della vecchia polemica tra Sinistra e Destra, tra due modi diversi di intendere il mondo e la vita. Non a caso il pidiessino Vincenzo Visco spara a zero sui concordati tremontiani, anche riveduti e corretti da Fantozzi: «La Destra vuole detassare tutto tranne il lavoro dipendente, perché vive da sempre di questo Fisco ingiusto...». «Macché - dice Tremonti la matrice logica da usare per definire la questione fiscale non si basa più sulla coppia Destra-Sinistra, ma sul confronto Vecchio-Nuovo». Cosa uscirà dunque da questo confronto? Per adesso, sulla via del nuovo, e cioè della grande, agognata Riforma cui anelano tutti - dipendenti tartassati e autonomi arrabbiati e affamati di federalismo - non c'è granché in giro. C'è il progetto dello stesso Tremonti, presentato quand'era miniare, delle Finanze^ del governo Berlusconi. I suoi capisaldi essenziali sono la riduzione dalle attuali 100 a 8 grandi imposte, un solo tributo sulla casa, un solo tributo sull'automobile, un solo co- dice tributario piuttosto che la foresta di leggi tuttora vigenti. E poi federalismo e passaggio dalle tasse sulle persone a quelle sulle cose: le imposte locali, nello schema Tremonti, dovrebbero coprire il 30% del gettito totale, e le imposte sulle persone dovrebbero diminuire il loro peso al 54% del totale. Più articolata e nuova, invece, l'ipotesi di riforma che l'ex ministro Franco Gallo (era nel governo Ciampi) ha scritto per l'Ulivo e affidato a Romano Prodi per il suo programma, e che coincide in larga misura con gli «appunti per una riforma fiscale» preparati nello stesso tempo da Vincenzo Visco, deputato del pds: «Io - dice Gallo - dico che non servono rivoluzioni, ma riforme che ci facciano uscire dal piccolo cabotaggio fiscale degli ultimi anni. E allora propongo il federalismo: ai Comuni dev'essere attribuita la facoltà di decidersi le aliquote impositive, alle Regioni bisogna assegnare, accorpandole, imposte come l'Ilor, il contributo sanitario, la tassa sulla salute. L'esempio è quello tedesco, nel quale le imprese sono tassate a livello locale in modo semplice. Quanto ai grandi tributi erariali, l'Irpef dev'essere riportata ad equità, con 3-4 scaglioni, rimodulando le detrazioni a beneficio delle famiglie e dei pensionati. E per i controlli la via è quella della cosiddetta agensification all'inglese, cioè alleggerendo la struttura pubblica e affidando i controlli a strutture esterne che lavorano, a provvigione, con criteri privatistici». Fanta-fisco? E' probabile. In ogni caso sarà un bel rompicapo, quello fiscale, per il governo Meccanico. Benché poi, alla fin fine, continuerà ad aleggiare sul Belpaese la profezia di Mario Pannunzio: «Si può arrestare un ladro solo se vi sono al suo fianco 99 onesti - scriveva sul Mondo nel giugno dèi^^j^non,,^; possono arrestare 99 ladri se al loro fianco c'è un solo onesto...». Massimo Giannini (3 - fine) m Nel progetto Tremonti federalismo e riduzione delle imposte da cento a otto fi l'ex ministro Gallo (che ha lavorato alle tesi dell'Ulivo) vuole l'agensifìcation: togliere i controlli alla struttura pubblica e affidarli ai privati 3. INCHIESTA L'Italia degli evasori e tartassati Gli italiani e le tasse un rapporto complesso Qui, una coda per il 740 Giulio Tremonti qui sopra Rino Formica

Luoghi citati: Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Treviso, Usa