UN MOTTO D'ANNATA di Pierluigi Battista

UN MOTTO D'ANNATA UN MOTTO D'ANNATA GROMA LI è scappato cosi, nemmeno il tempo di pensarci su, in un momento di nervosismo e concitazione. Per di più, massimo dell'ingenuità, davanti ai cronisti coi taccuini squadernati, pronti a catturare la voce dal sen fuggita. E' scappato dalla bocca di Gianfranco Fini, quell'improvviso «chi se ne frega», proprio mentre si stava limando l'ordine del giorno di Alleanza nazionale. Ma onorevole Fini, gli chiedono in mezzo alla confusione, ha ascoltato le parole del presidente incaricato Maccanico? E lui risponde, abbassando la guardia e non dando retta ai freni inibitori: «Chi se ne frega». Uno sgarbo: e magari Fini si sta mordendo le labbra, ora che si apprende che quel «chi se ne frega» è risuonato proprio nel giorno del grande gelo sulla strada dell'accordo per il nuovo governo. Come a sottolineare una volontà di rottura. Fini non ha detto «me ne frego». Ha detto «chi se ne frega». Solo che Fini viene da un partito che, prima della svolta di Fiuggi, si è modellato per un cinquantennio sul ricordo di un regime che del «me ne frego» aveva fatto un motto e un'insegna. «Me ne frego» voleva essere il simbolo della strafottenza davanti al pericolo, della noncuranza gagliarda e «virile». Pierluigi Battista CONTINUA A PAG. 5 SETTIMA COLONNA

Persone citate: Gianfranco Fini, Maccanico

Luoghi citati: Fiuggi