Visti facili manette per due

Torino, accusate di associazione per delinquere: avrebbero confermato fatti già noti senza fare ammissioni Torino, accusate di associazione per delinquere: avrebbero confermato fatti già noti senza fare ammissioni Visti facili, manette per due In cella le impiegate dell'ambasciata a Lagos TORINO. Si sono consegnate spontaneamente alla giustizia ieri mattina: sono arrivate da Lagos, per chiarire la loro posizione con i magistrati. Alla fine degli interrogatori speravano di andare a casa, agli arresti domiciliari. Invece hanno cenato in galera. E per di più in isolamento. Sono Marilena Micheletti Camatel e Carla Ragazzi Mancini, fino a pochi giorni fa impiegate dell'ufficio visti alla nostra ambasciata in Nigeria. Sono accusate di associazione per delinquere, corruzione e concussione, nell'ambito dell'inchiesta sui «visti facili»: in cambio di tangenti, avrebbero rilasciato i lasciapassare per il nostro Paese a decine di ragazze destinate a finire prostitute. U Mil ih pUna, Marilena Micheletti, è di origine biellese. Di Roasio. Moglie dell'impresario edile Umberto Camatel, che lavora in Nigeria anche lui. IN CHI ESTÀ/6 Nata in Congo, perché anche i suoi genitori hanno vissuto e lavorato in Africa. Era «contrattista» all'ambasciata da 12 anni. Quarantacinque anni, come Carla Ragazzi. Anche lei a Lagos da parecchio tempo, moglie dell'ex rappresentante dell'Iveco per la Nigeria. Di Livorno, con domicilio a Chiavari. In procura, accompagnate dagli avvocati Vittorio Chiusano e Giuseppe Zanalda, sono arrivate prima delle dieci. Il pm Elena Daloiso aveva chiesto per entrambe la custodia cautelare in carcere nelle scorse settimane. Il gip Roberto Carta aveva detto di sì. «Si sono costituite per spiegare le loro ragioni» si sono limitati a dire i legali. Le domande, nell'ufficio del giudice per le indagini preliminari, sono andate a"°nti per quasi sei ore. Fino alle 15 e 30, qua. .do è uscito dal palazzo l'avvocato Vittorio Chiusano: «Hanno risposto a tutto ciò che è stato loro chiesto. E hanno respinto ogni addebito. Abbiamo presentato istanza di co- cdsione degli arresti domiciliari». A quell'ora è cominciata la camera di consiglio. Durata due ore e mezzo: il gip Carta si è pronunciato poco prima delle 18. Ha ritenuto che il rischio di inquinamento delle prove fosse troppo alto, e ha respinto la richiesta degli avvocati. Chiusano: «Se ha impiegato tanto tempo a decidere, vuol dire che la nostra richiesta non era infondata». Il giudice ha fissato un termine alla carcerazione: le due impiegate resteranno in isolamento un mese. La metà rispetto a quanto stabilito dal tribunale della libertà per Graziella Monaci, la collega dell'ambasciata arrestata con le stesse accuse il 14 gennaio. Terminata la camera di consiglio, Carla Ragazzi è stata accompagnata in galera. Sguardo duro dell'impiegata. Flash dei fotografi, luci delle telecamere sull'auto con il lampeggiante blu diretta a tutta velocità verso un penitenziario segreto. Marilena Camatel è tornata in procura, accompagnata dall'avvocato Zanalda, per un nuovo interrogatorio richiesto dal pm Daloiso. «Sono stanca - ha detto lei -. Mi scusi, ma non ce la faccio più». Si è avvalsa, così, della facoltà di non rispondere. Del contenuto degli interrogatori, non si sa nulla. Le impiegate avrebbero confermato alcune circostanze già note agli inquirenti, senza aggiungere elementi d'accusa. Saranno nuovamente interrogate nei prossimi giorni. Giovanna Favro