I travagli notturni della politica
I travagli notturni della politica I travagli notturni della politica Dalla vita di night alle trattative ad oltranza mit notturni della transizione con Maccanico, D'Alema e magari pure Dini. A casa Letta, sulla Camilluccia, nei pressi di un'ambasciata di un Paese arabo. Cronisti intirizziti e candidati al mal di gola, comunque valorosamente all'inseguimento, costeggiavano i marmi bui e i cespugli addormentati della Farnesina. Nax erat et caelojulgebat luna sereno (Orazio), era notte e la luna splendeva nel cielo sereno. Ebbene, sotto questo cielo, dopo qualche anno di placido sonno o di Iocaiacci notturni, la vita pubblica italiana celebrava il ritorno dei tiratardi. In pratica: le cose importanti o almeno quelle che si sospettano tali - ricominciano ad accadere quando la maggioranza assoluta degli elettori va a nanna e i giornali sono ormai in macchina. Di queste notti restituite al negoziato occulto, di queste ore piccole riconsegnate alla tipica trattativa da sfinimento, la «velina» di Orefice tornava ieri ad offrire squarci di puntigliosa disamina: «Maccanico ha smentito a Boselli di essere stato a cena con D'Alema e Berlusconi. Infatti l'incontro non è stato a cena, ma successivamente...». «Successivamente» sono come minimo le 23. Tempi eterni da Prima Repubblica, tempi di congiure e di stanze fumose, tempi immemori di antiche locuzioni popolari secondo cui di giorno i potenti litigano e di notte, invece, si accordano: non sempre per il bene comune. Fatto sta che il ripristino di questa abitudine così italiana con lieve scivolamento verso agende di tipo balcanico o mediorientale - sembra riconnettersi in assoluta continuità alle storiche frenesie di un passato davvero indimenticabile. Perché la notte democristiana, nella sua artico¬ lata espressione, si porta inesorabilmente appresso il ricordo dei clacson degli autisti esasperati che non vedevano finire un Consiglio nazionale. Come pure la memoria delle occhiaie dei ministri che, sotto Rumor, uscivano da Palazzo Chigi dopo circa 24 ore di discussione. O la feroce allegria degli andreottiani riuniti, durante un congresso, nel ventre deserto del Palasport. Anche De Mita e Craxi, ogni tanto, si incontravano in luoghi arcani, così contribuendo a sollevare inevitabili leggende e ricerche presso improbabili trattorie sull'Appia antica. Non lontano peraltro dalla villa di Cirino Pomicino dove, sempre di notte e sempre in gran segreto, furono poste le basi per mandare a casa il primo. Mentre del secondo, cioè di Craxi, si parlava a lungo, fino all'alba, nella magione martelliana detta «I giardini di Politeia» pensa tu - a qualche chilometro di distanza. Le crisi di governo, c'è anche da dire, hanno sempre conciliato le più debilitanti e perfino avventurose inclinazioni dei nottambuli del Palazzo. Per strada, ad esempio, su un cofano di automobile, fu mostrata al comunista Luciano Barca la lista dei mini¬ stri del quarto governo Andreotti. Ma a quei tempi - quando cioè De Michelis era ben lungi dallo scrìvere Dove andiamo a ballare questa sera? - questi abboccamenti si risapevano dopo anni. Ora non più. Ora i «nuovi» politici hanno sì ripreso a vedersi di nascosto, ma forse senza rendersi conto che la perenne, litigiosa e finora inconcludente sovraesposizione diurna è nemica giurata degli appuntamentini a mezzanotte. E che se continua così, beh, allora, non resta che augurargli buonanotte. Al secchio. Filippo Cec carelli
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