la cena segreta spacca il Polo

Berlusconi incontra D'Alema in casa Letta, il leader di An si infuria, saltano i protocolli dell'intesa Berlusconi incontra D'Alema in casa Letta, il leader di An si infuria, saltano i protocolli dell'intesa la cena segreta spacca il Polo Fini stoppa il Cavaliere: io non ci sto mare. Ma intanto si litiga anche sui ministeri. Un Giuliano Amato infuriato telefona a Pierferdinando Casini per rinfacciargli di non averlo voluto nel governo. «Ma guarda - si difende quest'ultimo - che è stato D'Alema a non volerti». Maccanico confida a qualcuno che Letta è ministro e questo aumenta l'irritazione di Fini. Nel frattempo un giro di telefonate da via dell'Anima segnala prima al presidente incaricato, poi a Botteghe Oscure, il nuovo «intoppo» sulle riforme. Berlusconi spinge ancora con forza per l'accordo ma intanto, a via della Scrofa, Firn, a colloquio con i ccd Mastella e Casini, lancia tuoni e fulmini: «Nella lista dei ministri - sbotta - ci sono solo azionisti, repubblicani ed ex socialisti. E' inaccettabile, come i patti che Berlusconi sigla con D'Alema a mia insaputa. Quei due vogliono stringermi a tenaglia, farmi trovare di fronte al fatto compiuto perché io non possa più tirarmi indietro. Ma noi in questo governo non entriamo». Nell'altro palazzo, quello di via dell'Anima, mai così lontano da via della Scrofa, Berlusconi chiede qualcosa di più a D'Alema e, intanto, indurisce i toni nella trattativa per essere più in sintonia con Fini. «La sinistra - spara il cavaliere sul palco di un convegno di Forza Italia - ha fatto marcia indietro: ipotizza una doppia maggioranza che è quasi un'anarchia». A sera, il vertice del Polo si apre con Firn che fa il duro. Alle 20,30 Berlusconi chiede a Maccanico di convocare una riunione di tutti i segretari dei partiti disposti ad entrare in una maggioranza che sostenga un programma di riforma «semipresidenzialista». Dentro la riunione il pessimismo è d'obbligo. Le invettive maggiori, quelle più pesanti, sono contro i popolari: «Quelli - sostiene il cavaliere - sono i veri conservatori, i veri irresponsabili». Berlusconi giura e rigiura che la cena con D'Alema non c'è stata. E per dimostrare che sono nel vero, 0 cavaliere e Letta disertano un invito a casa Maccanico. Gli altri hanno una posizione paradossale, dicono che l'accordo non si può fare, ma sono convinti che non si voterà. «E' inutile continuare, questi ci vogliono solo fregare», sbotta Firn. «Questo è un accordo equivoco, pericoloso, diciamo no, tanto vedrete che alle elezioni non si andrà lo stesso», sentenzia Casini. «Meglio rischiare il voto che un governo che potrebbe rivelarsi peggiore di quello di Dini» sostiene con foga Mastella: «Maccanico sta preparando un governo acattolico, anti-clericale». «Nella lista dei ministri - torna a spararare il presidente di An - son tutti loro». Berlusconi si mantiene prudente, tira fuori qualche barzelletta per rendere meno pesante l'aria. Buttigliene prepara un documento che, però, viene messo da parte. Alla fine a via dell'Anima arriva anche ima telefonata di D'Alema. Risponde Letta che subito racconta agli altri il contenuto del colloquio. «D'Alema - ripete il braccio destro di Berlusconi - ci accusa di essere contro l'accordo. Ci ha chiesto un incontro per tentare un'ultima volta. E, comunque, se l'intesa fallirà, vuole che ci si lasci da buoni amici». D'Alema spera. Come pure Berlusconi. Del resto se la «trattativa» saltasse a perderci sarebbero, soprattuto, loro. Ma a tarda sera, Fini non rinuncia al ruolo di Cassandra: «Non è possibile che Maccanico rinunci. E' possibilissimo». Maria Teresa Meli Augusto Minzolini Antonio Maccanico A destra: Gianfranco Fini L'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi \ Ah 8/2/96 W ORE 21 «a. tffe 8/2/96 \W ORE 22,30