«Marisa un incubo rosso sangue» di Cesare Martinetti

UN COUPÉ Il telefono squillava a vuoto o trasmetteva mugolìi osceni. I giudici scartano l'ipotesi-maniaco «Marisa, un incubo rosso sangue» La ragazza uccisa a Como: da mesi era perseguitata il. CASO ■•v::; <.VV';:;;<;:/:: ;. :. . v; :,•• MISTERI DI PROVINCIA COMO DAL NOSTRO INVIATO I negozi di Como sono pieni di belle ragazze. E - ci dice il magistrato Vittorio Nessi - di maniaci «è piena l'aria». Però il professor Giovanni Scola, anatomo patologo dell'ospedale Sant'Anna, emerge dall'autopsia sul povero corpo di Marisa con una convinzione: «Non mi sembra un maniaco». Ipotesi che nasce dall'esperienza di chi ha studiato quel che si chiama il «modus operandi» dell'assassino: un colpo solo al collo, la lama che penetra senza indugiare, sezionando l'arteria giugulare, tagliando la carotide e ferendo persino la trachea. Sette centimetri di profondità per tre di larghezza. Forse un coltello da cucina, impugnato da uno che voleva uccidere, che non ha tentato maneggi sessuali, che conosceva bene il povero e labirintico teatro di questo giallo comasco, erotico e provinciale. Partiamo di qui per ricostruire la morte di una ragazzina bionda, Marisa Fontanella, 25 anni, abitante a Erba, commessa nella jeanseria «Replay», piazza San Fedele, nella Como pedonale e acciotolata, luccicante e snobbina, in questi tempi echeggiante di «scontisconti» e «saldi-saldi». E' qui che si è aperta e chiusa in un corto circuito mortale la storia di Marisa, «bella e appariscente»: un fidanzato ufficialissimo e geloso; un recente corteggiatore ricambiato; molti altri spasimanti insistenti, tenebrosi e inquietanti. La povera Marisa viveva nel tormento da un bel po' di mesi. II telefono squillava è rimaneva muto; altre volte trasmetteva osceni mugolìi. C'era anche uno che quasi ogni sera quando tornava a'Erba (quindici chilometri) l'inseguiva con la sua Bmw scura targata Varese: due settimane fa l'aveva anche affiancata e stretta contro il guard-rail. Poi era sceso, s'era avvicinato al finestrino e le aveva chiesto se voleva uscire con lui. Lei aveva risposto di no e, terrorizzata, era riuscita a ingranare la retromarcia e scappare. L'uomo della Bmw - «un moro», secondo la descrizione di Marisa l'hanno trovato ieri pomeriggio i carabinieri. E' di Luino, ha un alibi di ferro e quando gli hanno chiesto perché inseguiva Marisa lui ha risposto col candore del galletto professionista che avrebbe trovato un ruolo in un romanzo di Piero Chiara: «Io le belle ragazze le tampino tutte. Se ci stanno bene, se no amen...». Il fidanzato ufficiale si chiama Ivan Lissi, ha anche lui venticinque anni, disegna e produce cravatte a Lipomo, tra Erba e Como, terra di Setaioli. Conosce Marisa da otto anni, si conoscono le famiglie. I due ragazzi si sono trovati ad uscire insieme per abitudine, se non per forza. Adesso Ivan è in casa di Marisa a piangere insieme ai suoi geni- tori. Ma tra i due le cose non andavano più bene da un po' di tempo, come ci racconta Luca Ballabio, titolare di «Replay», da sei anni principale di Marisa: «Lunedì scorso Ivan le ha telefonato per dirle che aveva finalmente avuto la macchina nuova - una Bmw - che avevano prenotato insieme. Marisa stava lavorando al computer e gli ha risposto secca: "Non rompermi le palle". Poi s'era pentita. Lui era gelosissimo». Ballabio è un altro degli uomini centrali di questa storia. Si accredita come l'unico a cui Marisa raccontava tutto, anche del suo nuovo corteggiatore, Alberto, un poliziotto. Delle avances e delle telefonate, la ragazza - dice Ballabio - non parlava alla famiglia e a Ivan e ogni sera si faceva accompagnare da Luca fino al parcheggio di viale Lecco: «Aveva paura del buio». C'erano stati anche due strani furti in casa e sembra che solo a Luca Marisa avesse raccontato i dettagli. E' accaduto a ottobre e novembre. Sono entrati in casa e hanno rubato solo oggetti personali della ragazza e solo quelli che le aveva regalato Ivan: gioielli, i profumi (Carrier e Saint Laurent), biancheria intima. Questi strani ladri non avevano prelevato nient'altro: non i piccoli gioielli della sorella e nemmeno denaro. Tanti piccoli indizi dell'atmosfera torbida in cui viveva da mesi la povera Marisa e di cui non sappiamo di quanto fossero consapevoli i suoi famigliari. Sta di fatto che mercoledì mattina, intorno alle 11, quando in un vorticare di telefonate tra Ballabio, Ivan, la so¬ rella di Marisa Stefania (23 anni), il padre Domenico (operaio alla Gasfire di Erba), la mamma Tiziana (operaia in una serigrafia di Como), s'è realizzato che la commessa era '«sparita», mamma e fidanzato si sono precipitati dai carabinieri per denunciare un «rapimento». Stramba ipotesi per una famiglia di operai. E infatti la povera Marisa non era stata rapita, ma da tre ore giaceva in un lago di sangue, una rampa di scale appena sotto la sua modesta casa di ringhiera, in piazza Carcano, nell'Erba pietrosa e seicentesca, a centocinquanta metri dalla caserma dei carabinieri. L'hanno trovata solo alle 3 del pomeriggio, per caso. Tito Cognetti, marito di Michela, una delle amiche più care di Marisa, fin da quando aveva cominciato a fare la commessa, nella panetteria Mambretti. Tito s'è appoggiato casualmente sull'uscio di un alloggetto disabitato al piano terreno e la porticina marrone s'è schiusa sull'orribile scena della morte di Marisa. La ragazza era stesa a faccia in giù nel suo sangue. Un vecchio materasso le era stato buttato addosso, coprendo un'agonia terribile e non breve. Il professor Scola ha accertato che Marisa è morta per dissanguamento e per soffocamento: il sangue le ha riempito i polmoni. Era perfettamente vestita, di sopra e di sotto: mutandine, collant.Juseaux di flanella neri. Tracce di lotta: due ecchimosi sulla fronte, un'escoriazione sulla mandibola che racconta il tentativo di chiuderle la bocca, sulla porticina dell'appartamento una pedata nera come la suola di gomma delle scarpe di Marisa lasciata nel tentativo disperato di resistere alla forza che la stava trascinando dentro la camera della morte. Ma non c'è voluta troppa forza: Marisa era alta un metro e sessanta e pesava 50 chili. E quella coltellata netta e profonda, «senza slabbrature» nel linguaggio del perito settore. Nessuno ha sentito niente. In casa, un piano più su, c'era solo Stefania (che dormiva). Nessuno ha visto niente. Ma chi è arrivato lì, al fondo del secondo cortile di questa vecchia casa, sapeva tutto: le abitudini di Marisa, della sua famiglia, dei vicini di casa. Sapeva che quell'alloggetto del piano terreno era disabitato da anni. Sapeva. Cesare Martinetti Le indagini concentrate sulle amicizie della giovane Ha un alibi l'uomo della Bmw che una sera l'aveva inseguita A sinistra Marisa Fontanella, il fidanzato e un gruppo di amici. Sopra la casa dove è stata uccisa la ragazza