Ma lo spirito di Toledo è perduto

ANALISI ANALISI IL PASSATO Ma lo spirito di Toledo è perduto Mille barriere in Occidente contro i nuovi Mori LA voce fresca del mio giovine amico fa vibrare perentoriamente la cornetta del telefono. La notizia che, a Rabat, due giorni fa, dopo un vertice fra Hassan n, re del Marocco, e il primo ministro di Spagna, Felipe Gonzàlez, sia stato solennemente annunciato l'inizio dei lavori (in fine dell'anno 1977) del tunnel ferroviario sotto lo Stretto di Gibilterra, è una «notizia storica». Per il mio amico, beninteso. L'annuncio «concretizza», sempre secondo l'amico entusiasta, la dichiarazione finale della Conferenza di Barcellona (27-28 novembre del 1995). Va detto subito che il mio giovine amico è uno dei «cervelli» di quella Comunità di Sant'Egidio che trova nell'ecumenismo giovanneo la nuova profezia. E poiché alla base della visione del mondo dell'«Onu di Trastevere» esiste e resiste la solidarietà verso il povero, l'attenzione all'Altro, l'idea che la salvezza collettiva risieda nella pratica del Vangelo secondo Matteo, «attualizzandolo» giorno dopo giorno, anche con gli strumenti postmoderni del progresso, ecco che una notizia da giudicale nel migliore dei casi «whishfiill thinfcing» e, nel peggiore, un bazarino tra Spagna e Marocco (vincerà il più furbo), ecco che una simile notizia diventa «storica». Come i lettori non distratti (forse) ricorderanno, chi scrive si è sempre battuto (in consonanza con Sant'Egidio, proprio da me definita, quella Comunità, l'Onu di Trastevere) per una maggiore conoscenza rispettosa tra Nome Sud. Fra noi che ci diciamo cristiani e i musulmani. E, in conseguenza, per una più tollerante attitudine, da parte nostra (noi Europa, noi Italia), verso i meno fortunati vucwnprà, cosiddetti. Più volte ho scritto che basterebbe ricordarsi di una parolina: gestarbeiter - per placare l'irritazione, il fastidio, perché no?, che spesso proviamo verso gli extracomunitari. Anche i poveri italianuzzi che, nel dopoguerra della sciagura, migravano in Svizzera, in Germania, in Belgio eccetera erano fonte e motivo di irritazione (xenofoba) per i cittadini ricchi di quei Paesi benestanti: e ciò perché noi italiani eravamo rumorosi, trasandati, invadenti, niente affatto disciplinati e via dicendo. Tale e quale, spesso, ci appaiono i vucumprà, insomma. Per quanto possibile continuerò ad adoperarmi affinché la tolleranza prevalga sull'arroganza, la conoscenza sull'ignoranza. Questo va da sé. Tuttavia debbo confessare come mi dia fastidio sentir dire che il tunnel (ferroviario) sotto lo Stretto di Gibilterra «sarà capace di riproporre lo spirito di Toledo». Certamente non vorrò mai dimenticare, e mi piacerà ancora, in futuro, ricordare un personaggio quale Abu Ali Hussein Ibn Sina, vale a dire Avicenna. Grande nella gestione amministrativa e politica per conto di non pochi sovrani della sua epoca (980-1037), Avicenna fu soprattutto uno spirito libero dotato di un felice ingegno poliedrico. Cruciale rimane «il suo collocarsi nella storia della cultura come uno dei punti culminanti della rielaborazione della scienza greca da parte del mondo musulmano» e, per tanto, come strumento della successiva trasmissione di quella scienza al mondo medievalcristiano. Ma, come rileva Giorgio Vercellin, curatore, per l'Utet, del Canone di Avicenna, non si trattò di semplice «trasmissione passiva». Avicenna, e prima di lui Ar-Razi, alla fine del secolo IX costui, «hanno teorizzato e messo in pratica la medicina psicosomatica», per citare Domenico De Maio, primario psichiatra al Fatebenefratelli di Milano, autore dell'affascinante «La malattìa men¬ tale nel Medioevo islamico». Tutto sommato penso che il tunnel tra Spagna e Marocco (se e quando si farà) incrementerà gli scambi, incentiverà il turismo. Ovviamente il collegamento materiale con l'Europa gioverà al Marocco (e anche la Spagna ne trarrà beneficio) ma pro¬ nosticare «una novella stagione ecumenica, nel segno della cultura e della fratellanza», sugli esaltanti percorsi della Spagna diremo moresca, è a parer mio fanciullesco isterismo retorico. Neil'oramai lontano, e fatale, 1968, parlando all'Onu (quella di New York, non quella di Traste¬ vere: la prima è in crisi, l'altra in ascesa), il presidente algerino Boumedien disse fra l'altro: «Un giorno milioni di uomini lasceranno, per non soccombere, i territori meridionali poveri del mondo, irrompendo negli spazi facilmente accessibili dell'Emisfero-Nord». Ebbene, quel giorno è arrivato e rischiamo di guastarci il sangue, noi cristiani, noi occidentali, noi italiani, oscillando, come quotidianamente facciamo, «fra la solidarietà verso gli immigrati e la solidarietà verso i propri concittadini», siccome scrive Stefano Fontana sull'«Avvenire», introducendo una problematica intervista col padre gesuita Joseph Joblin, docente alla Gregoriana. Costui da vero gesuita chiarisce, con limpidezza, come oggi il problema dell'immigrazione sia soprattutto culturale. Nel passato, spiega, le migrazioni venivano assorbite in quanto gli immigrati «desideravano integrarsi nella cultura dei Paesi ospitanti. Oggi, invece, chiedono il rispetto della propria cultura». Ciò finisce col creare un difficile «problema di equilibrio» fra culture diverse in uno stesso territorio. Per tornare alla Spagna, citerò qualche brano del (drammatico) saggio di Gema Martin-Munoz apparso su quella preziosa rivista ch'è «KMes». «Dovendo valutare in termini di simpatia, gli spagnoli confessano che gli arabi sono quelli che, dopo i gitani, suscitano in loro il maggior rifiuto; soltanto il 9% confessa una simpatia di fronte a uh 19% di antipatia e al 69% che non si pronuncia. (...) Un altro recente sondaggio: "Cosa pensano gli spagnoli dell'Islam", rivela che tra gli intervistati l'Islam è percepito in connessione con le idee di violenza (35%), arretratezza (59%) e fanatismo (67%). In realtà, queste considerazioni negative denotano un disprezzo verso le culture del Sud che si differenzia dal razzismo solo per la mancanza di uno scontro effettivo», conclude la studiosa spagnola. Non conosco le ultime «rilevazioni d'umore» degli italiani riguardo all'Islam. Ma sondaggi nostrani, ancorché non molto recenti, non è che fossero tanto distanti da quelli più sopra citati. Ricordiamo tutti i rosari riparatori sgranati il giorno dell'inaugurazione della moschea di Roma mentre di episodi di brutale intolleranza son pieni giornali e tv. Le polemiche sulla «sanatoria», le misure (pressoché inapplicabili) che il famoso decreto sugli extracomunitari conterrebbe denunciano il grave malessere d'una società incompiuta qual è quella italiana. Incompiuta, poiché, statisticamente, quella italiana è una società affluente laddove, nei fatti, a causa di tragiche sperequazioni diremo regionali, è terzomondista. A proposito di immigrati, di vucumprà, qualcuno ha parlato di «bómba a tempo», determinato, verosimilmente, a provocare un incubo mostruoso. Nella realtà quotidiana assistiamo a una disperata volontà di integrazione sociale da parte degli immigrati islamici. Codesta volontà-aspirazione cozza contro «oggettivi» impedimenti che non sono tanto frutto della discriminazione quanto dell'ignoranza e, soprattutto, d'una congiuntura economica incerta. Di più: la deflagrazione integralista nella prossima Algeria, il caso Rushdie, il fosco messaggio integralista che viene dal Sudan, turbano gli italiani. In misura demoniaca. C'è dunque il rischio che al defunto «pericolo rosso» si sostituisca il «pericolo verde» (il pericolo islamico) col risultato di trasformare, nell'immaginario collettivo, i «fratelli dell'Islam» in una quinta colonna terroristica. Resuscitando, così, la mala bestia del razzismo. Ma gli amici dell'Orni di Trastevere ci dicono che «non ci sono soltanto uomini, ci sono solamente figli di Dio coi quali bisogna parlare, parlare, parlare senza stancarsi, costi quel che costi. Sull'esempio di Gesù»: questo è il senso del dialogo con l'Altro, ch'essi propongono. «Certamente la tentazione che viene da Satana ti procurerà afflizione. Cerca allora rifugio in Dio poiché egli ascolta e sa» (Corano: VII-200). Igor Man Gli studiosi spagnoli riconoscono: i nostri connazionali sono i più intolleranti verso gli arabi Al di sotto di un primo strato calcareo e permeabile del fondo marino, ne esiste un altro, composto di rocce impermeabili: è a questa profondità che si potrebbe costruire ' in tutta sicurezza il doppio tunnel, li progetto prevede due tipi di treni: uno per passeggeri e l'altro per fi trasporto di auto e camion. 27,0 m Sezione trasversale. 27,0 m 7,5 m SPAGNA Uscita Nord Il doppio tunnel verrebbe costruito in due fasi. In un primo tempo funzionerà una galleria di servizio e il primo tunnel ferroviario. A seconda del traffico si valuteranno i tempi per la realizzazione della seconda galleria. Quésta soluzione permetterà di abbattere i costi 4,8 m Jaralleris 11 Velocità massima 120 km/h 2] Durata del traairto 30,5 mln. 3] Attesa max per I'lmbarco 1h 33 min. 4] Passeggeri/anno 16 millonl 7,5 m 5] Passeggeri anno con due gallerie (seconda fase) 60 milioni MAROCCO Uscita Sud Uno scorcio dell'Alhambra di Granada e re Hassan del Marocco