Taormina sotto inchiesta a Brescia di R. M.
Coro di proteste a sinistra Intanto Salamone e Ronfigli sollevano il conflitto di competenza con Bergamo Taormina sotto inchiesta u Brescia Nelprocedimento sulle calunnie a Di Pietro BRESCIA. «La miglior difesa è l'attacco»: memori di questa regola strategica i pubblici ministeri bresciani Fabio Salamone e Silvio Bonfigli hanno anticipato i tempi e hanno sollevato «conflitto di competenza» con la procura di Bergamo. Oggetto: l'indagine sul presunto complotto per impedire ad Antonio Di Pietro di entrare in politica. A dirimere il «conflitto» sarà la procura generale di Brescia, sotto la cui giurisdizione ricade anche Bergamo. Lo stesso ufficio che, giusto ieri, ha lasciato a Salamone e Bonfigli l'indagine che vede Di Pietro parte lesa per calunnia. Respingendo quindi le istanze dello stesso ex magistrato, di sua moglie e di suo suocero che chiedevano alla procura generale di avocare l'inchiesta. Ha lasciato il procedimento, ma ha posto una precisa condizione: che passi dal «modello 44», cioè contro ignoti, al «modello 21». Quello che prevede indagati con nome e cognome: in questo caso, l'avvocato Carlo Taormina. E la procura generale ha voluto ricordare ai due pm anche la sentenza della Cassazione che stabilisce come «la mancata tempestiva iscrizione» di un indagato sull'apposito registro «è idonea a determinare, allorquando ne ricorrano gli estremi, sanzioni disciplinari o, al limite, penali». Dunque l'avvocato-nemico di Di Pietro (e dell'intero pool milanese) non potrà più essere sentito in veste di testimone. Come invece è successo ancora ieri quando ha consegnato a Salamone un nutrito dossier per spiegare «documentalmente» le sue fonti di informazione su Antonio Di Pietro. Si fa sempre più intricata, quindi, la matassa di indagini che riguardano l'ex pm. E che comincia ad interessare più di una procura. Voci (non confermate) parlano anche di un intervento della magistratura di Roma, cui Di Pietro si era rivolto per denunciare l'attività del Sisde nei suoi confronti. Sembra per ora si sia fermi ad una semplice richiesta di documenti, che però ha contribuito a «mettere in allarme» i prn bresciani. Forse anche per questo hanno deciso di giocare d'anticipo per sgombrare il campo dalla questione-Bergamo. Una questione sollevata dallo stesso Di Pietro, che aveva presentato lì - adducendo come motivazione la sua residenza in quella provincia - carte sull'indagine che vede coinvolti Silvio e Paolo Berlusconi, Antonio D'Adamo e Umberto Improta. E sempre Di Pietro, assieme a Susanna e Arbace Mazzoleni (rispettivamente moglie e suocero dell'ex pm) si era rivolto alla procura generale di Brescia denunciando una presunta «inerzia» dei pm bresciani ad indagare sull'origine delle presunte calunnie nei suoi confronti. La procura generale sostiene invece che «non può certo dirsi vi sia stata inerzia dell'ufficio del pubblico ministero», ma ricorda che «a questo punto paiono sussistere le condizioni» per trasferire il procediménto al modello 21, «in quanto le indicazioni accusatorie delle tre parti offese dal reato (o da reati) sempre più nitidamente si appalesano mirate e convergenti di un soggetto ben individuato (l'avvocato Carlo Taormina)». Era stato infatti Taormina a parlare per primo del famoso prestito di Gorrini, dell'infor¬ matizzazione a Palazzo di Giustizia, dei rapporti tra la Maa assicurazioni e lo studio Mazzoleni. Ora il legale ha portato a Salamone i «documenti» che dimostrerebbero come sia venuto a conoscenza di simili informazioni, ed anche qualcosa di più: «Ho consegnato alla procura di Brescia - fa sapere in un comunicato - tutto il materiale documentale in mio possesso (su Di Pietro, ndr), mai utilizzato e riguardante episodi anche diversi da quelli interessati da iniziative giudiziarie ad ogni livello». Sull'ex pm è in arrivo una nuova valanga? [r. m.]
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