Riscatto laurea a chi giova
..7 ..7 STRATEGIE Con la riforma è mutata la prospettiva di durata della vita lavorativa Ecco come valutare ora se è opportuno «convertire» gli anni di studio Riscatto laurea, a chi giova OGNI laureato, appena assunto, si pone la domanda: «Che faccio con la laurea? La riscatto per inserire il corso di studi nell'anzianità contributiva utile a pensione?». Un interrogativo che angoscia i laureati, soprattutto perché non c'è una risposta fissa e certa per tutti. L'esperienza ci dice infatti che la scelta fatta dall'uno non vale per l'altro, perché diverse sono le situazioni di partenza e, soprattutto, quelle di arrivo, allorché ci si ritira dal lavoro e si va in pensione. COSTO ELEVATO Molti lettori hanno chiesto a TuttoSoldi di rispondere al quesito per avere qualche consiglio, un amico in più per prendere una decisione saggia e ponderata. Sì, perché il costo della làurea è ormai pesantissimo e se non c'è un utile dal versamento è meglio abbandonare il riscatto e investire in altro modo le somme a disposizione. Passi falsi è meglio non farli. UNA SCOMMESSA Diciamo subito che il riscatto è una scommessa: si può vincere, si può perdere. Questo perché gli effetti dell'operazione che si compie oggi si avranno tra 30/40 anni e non sappiamo quello che ci riserva il futuro che, à detta degli antichi, riposa sulla ginocchia di Giove, a noi inaccessibili. Vediamo comunque se c'è un «sistemino», sia pure non scientifico, per vince-, re qualcosa al toto-riscatto. Il sistema c'è se conosciamo le norme da applicare. PIÙ'CONTRIBUTI Chi riscatta la laurea vuole aumentare gli anni utili a pensio¬ ne. Così 4 anni di giurisprudenza o di lettere oppure i 5 anni di ingegneria e architettura, sono valutati dopo il riscatto come 4 o 5 anni di contributi versati, alla stessa stregua di quelli derivanti da lavoro svolto. In tal modo si raggiunge prima il diritto a pensione e quindi i soldi sborsati oggi si reincassano con gli interessi all'età del pensionamento. Ma non sempre ciò è vero. E vediamo il perché. SITUAZIONI Generalmente chi è laureato inizia a lavorare a 25-30 anni. Poiché si va verso una pensione di vecchiaia ottenibile a 65 anni di età è evidente che chi viene assicurato già a 25 anni riesce a raggiungere a 65 anni il massimo dell'anzianità contributiva che è pari a 40 anni. Se, quindi, riscattasse gli studi universitari avrebbe compiuto un misfatto contro se stesso: i soldi versati non gli darebbero neanche una lira di aumento nella pensione in quanto i versamenti oltre i 40 anni non danno frutto. 1} INIZIO Al TRENTA Se però il soggetto inizia a lavorare a 30 anni il problema si presenta in modo diverso. Costui a 65 anni avrebbe solo 35 anni di contributi e quindi liquiderebbe una pensione inferiore alla massima. In questa evenienza il riscatto andrebbe, come si suol dire, a fagiolo: proprio tramite esso si potrebbe raggiungere la pensione massima o giù di lì. L'operazione, ip linea di massima, potrebbe essere remunerativa. 2) ...E OLTRE A maggior ragione, seguendo la logica evidenziata, il riscatto ha un esito positivo per chi inizia a lavorare dopo i 30 anni. In questa ipotesi, infatti, il corso di laurea è un puntello posto alla pensione per non deprezzarne troppo la misura. Ma occorre tenere conto anche di altri fattori, i seguenti. 3) LA RETRIBUZIONE Il pagamento del riscatto si basa sulla retribuzione del lavoratore al momento in cui si presenta la domanda, sulla anzianità contributiva già raggiunta, sull'età, sul sesso. Il principio di ordine generale è il seguente: più si è giovani e meno si paga (perché il frutto della pensione si riscuote più lontano nel tempo); più si ha la busta paga modesta e meno si paga (in quanto l'aumento in pensione del riscatto ha minore incidenza). 4) SE SI E' DONNE Se si è donna si paga di più perché la legge tiene conto che il sesso debole può andare in pensione cinque anni prima dell'uomo. Al contrario, più si è avanti con gli anni, più si ha la retribuzione alta e più forte è l'onere del riscatto. Chi, ad esempio, chiede il riscatto a 60 anni si sottopone a un vero e proprio salasso. 5) PRESENTE E FUTURO Chiarito lo scenario nel quale va collocato il riscatto non è che abbiamo del tutto risolto il problema. Infatti l'operazione, come detto, è una scommessa perché non sappiamo come finirà la nostra avventura retributiva negli anni a venire. £ quindi non solo del presente dobbiamo preoccuparci, ma anche del futuro. Solo al momento della pensione sapremo & abbiamo azzeccato la mossa op¬ pure se abbiamo pagato a vuoto. Qualche premonizione possiamo comunque averla anche ora: A) CARRIERA PIATTA Se riteniamo di avere una carriera piatta, senza picchi retributivi e raggiungiamo i 40 anni di assicurazione senza tenere conto del riscatto effettuato possiamo dire che l'operazione è in perdita assoluta. Meglio lasciare perdere. Stesso discorso per chi raggiunge i 35 anni di contributi. La differenza di pensione senza riscatto (35 anni di lavoro) o con riscatto (39 o 40 anni di contributi) non ripaga in linea di massima il versamento fatto anni prima. B) ...O IN ASCESA Se riteniamo di avere una carriera in netta ascesa con il raggiungimento di traguardi ambiziosi o comunque di buon rilievo, allora il riscatto può essere un'arma vincente. E questo perché viene pagato oggi su parametri pensionistici che gli sbalzi di carriera supereranno abbondantemente. Con il risultato di ottenere dalla laurea un aumento di pensione molto più marcato di quello preventivato all'inizio della carriera e sul quale, si badi bene, gli uffici hanno svolto i calcoli per determinare il pagamento. C) LA SOGLIA MASSIMA Quanto ora detto non vale se si raggiungono i 40 anni di contribuzione senza ricorrere al riscatto. Non bisogna mai commettere l'errore di superare la soglia massima perché la perdita è sicura anche con la carriera rampante. Mauro Salvi
Persone citate: Mauro Salvi
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