Oggi, alla cerimonia funebre del grande direttore, la folla resterà all'esterno Gavazzeni, addio nella Scala deserta di Armando Caruso
Oggi, alla cerimonia funebre del grande direttore, la folla resterà all'esterno Oggi, alla cerimonia funebre del grande direttore, la folla resterà all'esterno CuvuneiH, addio nella Scala deserta Solo Muti e l'orchestra nell'atrio del teatro MILANO. Questa mattina alle 11,30 nella Sala vuota della Scala, la Marcia funebre dell'«Eroica» di Beethoven diretta da Riccardo Muti ricorderà Gianandrea Gavazzerà, «padre» di diverse generazioni di direttori d'orchestra. Un uomo affascinante, d'immensa cultura, se n'è andato per sempre: come Massimo Mila e Fedele d'Amico. Resta Goffredo Petrassi, l'ultimo rappresentante di una combriccola di studiosi che ha segnato un'epoca. Gavazzerà se ne va con l'elogio funebre che toccò a Toscanini e De Sabata. E perché no, a Verdi, in memoria del quale ai funerali di Stato, il 27 febbraio 1901, Toscanini diresse «Va pensiero». Bergamo è a lutto: ieri una folla commossa ha reso omaggio alla salma del maestro. Gavazzerà lascia attoniti quanti ebbero da lui consigli illuminanti. Claudio Abbado è costernato: «Gianan¬ drea è stato una presenza costante nella vita della nostra famiglia. Lo ricordo da sempre in casa nostra quando, ancora impegnato come pianista, faceva concerti con mio padre, o quando insegnava pianoforte a mio fratello. Sono ricorda particolarmente cari che mi portano molto indietro nel tempo, ricordi che lui stesso aveva riportato nel suo libro "Le feste musicali" nel capitolo intitolato "Musica fra le macerie"». Roman Vlad, consulente artistico della Scala lo ricorda così: «Era un gentiluomo. Come direttore, uno dei depositari della tradizione del melodramma. A marzo avrebbe dovuto dirigere alla Scala "Fedora" con Domingo, Carreras, Freni. Stavamo pensando al bicentenario di Donizetti». Lo scrittore Carlo Bo: «Lo ammiravo per la sua curiosità intellettuale. Perciò credo che non si debba rimpiangere il musicista, ma anche l'intellettuale che seppe conciliare le ragioni opposte del suo tempo». Il direttore d'orchestra Evelino Pidò ha avuto con Gavazzerà lunga frequentazione: «Prima ch'io dirigessi "Trovatore" a Sydney, mi fece comprendere la grandezza verdiana e sulla partitura mi scrisse una dedica». L'israeliano Yuri Ahronovitch plaude a Gavazzerà che non dirigeva Wagner: «Avrà avuto le sue ragioni. Ha fatto bene. Lo conobbi nel '78 all'Arena di Verona. Io dirigevo "Butterfly", lui "Trovatore». Il soprano Lejla Gencer ha ricordi esaltanti: «Quest'anno avremmo festeggiato i 40 anni di collaborazione. Con lui, alla Fenice, ho vissuto i momenti più belli della mia carriera». Il compositore Sylvano Bussotti ammette: «Rifiutò sempre di dirigere mie composizioni, perché amava l'800. Ho collaborato con lui nell'ultima sua opera, "L'aviatore Dro", che è andata in scena a gennaio. Mi confidò che non avrebbe più diretto». Carla Fracci è commossa: «Era per noi il lume di cui si ha bisogno per non sbagliare nel cammino. La sua morte ci ha fatto perdere un vero fratello maggiore». A Carlo Majer, direttore artistico del Regio di Torino, piaceva «per la sua voglia di polemizzare in un'Italia in cui tutti pensavano alla stessa maniera. Mi piacevano le sue indignazioni, i suoi rancori». Ieri a Torino prima della «Bohème» il direttore bergamasco Fabrizio Maria Carminati ha commemorato il suo maestro. Domani sera, al Comunale di Bologna per «Anna Bolena», diretta da Pidò; al Carlo Felice di Genova, per «Salome» di Strauss, si ricorderà Gavazzerà. Armando Caruso
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