Natta: non sono convinto «Ma non voglio demonizzare D'Alema»

Natta: non sono convinto Natta: non sono convinto «Ma non voglio demonizzare D'Alema» L'EX LEADER COMUNISTA VIVO con un grande assillo. Non è un momento facile per me». Alessandro Natta, ex leader del pei, è pieno di dubbi sull'intesa D'Alema-Berlusconi. «Diciamo che non sono convinto. Per niente. Provo a uscire dalle demonizzazioni, dalle invettive e dalle rassicurazioni a buon mercato, per ragionare politicamente». E che cosa vede? «Vedo la sovrapposizione di due esigenze, forti, valide, anche nobili. Ma è difficile tenerle insieme». Quali sono? «Intanto la necessità di rivedere la Costituzione. Non sono un integralista, per principio contrario al cambiamento. Ma non sono neanche impazzo e non potrò mai acconsentire ad abbattere un edificio prima di costruirne un altro». Siamo proprio a questo punto? «Beh, mi preoccupa di più vedere le due esigenze sovrapposte: il tema costituzionale e quello del governo. E' questo che genera confusione. Dire che la Costituzione si riforma tutti insieme è persino ovvio. Ma il governo è un'altra cosa». Perché? «Come si fa un governo serio, di alto profilo, che non sia quel governissimo che tutti dicono di non volere, perché mette insieme gli opposti?» Ma sia la destra che la sinistra assicurano che il governissimo non si farà, o sbaglio? «Certo, i contraenti sostengono che il pericolo non esiste. Ma io in Parlamento ci sono stato per anni e mi domando: quando Meccanico presenterà il programma e chiederà un voto? Potranno battezzarlo come vogliono, ma se ha la maggioranza di tutti, allora è un governissimo». Da qui nascono i suoi dubbi? «E non solo i miei. Sento in giro preoccupazioni e sospetti legittimi. Come potrebbe essere diversamente, data l'evidente contraddizione? Le rassicurazioni non bastano». Lei dunque è d'accordo con la linea del ((manifesto»? «No. Non credo sia giusto reagire con la demonizzazione. Bisogna discutere, anche con forza. Ma la divisione della sinistra non serve a nulla, anzi è pericolosa». E il presidenzialismo? «La penso esattamente come Bobbio, come Dossetti. Dubbioso, anzi, contrario. Intendiamoci, certe riforme sono necessarie: questo Parlamento ottocentesco, gravato dal peso di due Camere, va cambiato. Ed è giusto rafforzare l'esecutivo. Ma non diciamo sciocchezze». Di quali sciocchezze parla? «La storia dei 59 governi in 50 anni è una sciocchezza. L'Italia è stato il Paese più stabile dell'Occidente. Di continuità, ce n'è stata anche troppa. E poi, non creiamo illusioni nei cittadini. Sostenere che le riforme siano l'ancora di salvezza del Paese, come se giustizia sociale, economia e "politica" non contassero nulla, è un'altra, immensa sciocchezza». E l'elezione diretta? «Anche qui, non è giusto demonizzare. Ma nemmeno parlare solo di elezione diretta, piuttosto di riequilibrio fra i poteri. Né si può risolvere tutto chiedendo il parere della gente. Perchè è chiaro che la gente, se glielo chiedi, vuole eleggere presidente, premier, vice, ministri e giù giù fino all'usciere. E' come chiedere al cittadino se è a favore della pena di morte, dopo aver mostrato qualche filmato terrificante». Non e un discorso elitario? «No, l'errore sta nel metodo. An¬ ch'io, appena dopo ima violenza orrenda a un bambino, dico sì alla pena di morte. Ma non è il modo giusto né di interrogare il Paese, né di giocare con le emozioni. Soprattutto non è il modo giusto di fare politica. Ci vuole ponderazione. Chi lancia idee populiste dimentica che la democrazia rappresentativa ha garantito il progresso del Paese». Eppure anche la sinistra oggi guarda al presidenzialismo. Questo la preoccupa? «Dico che dovremmo ricordare la nostra storia. Prego i compagni di riflettere: non siamo mai stati dei "sovietisti". Mai. Da Togliatti in giù. Le esperienze di democrazia di¬ retta le abbiamo superate con il parlamentarismo. Abbiamo sempre difeso il Parlamento. Qualcuno dice che l'abbiamo fatto per opportunismo? Rispondo che non si può essere opportunisti per cinquantanni». Lei cosa prova a vedere gli eredi del pei e del msi insieme? «L'ho già detto. Quando ho parlato del grande assillo che mi tormenta in questi giorni, ho detto tutto». Proprio lei, uno dei fautori del «compromesso storico»? «Sì, ma vent'anni fa la situazione era diversa. Non si può presentare l'avventura di oggi come una riedizione di quella esperienza». Lei rinnega quell'esperienza? E allora, ne era convinto? «Io ho creduto nel compromesso storico. Ero d'accordo con Berlinguer. Andava tentato. Ma poi sono stato d'accordo con lui che dovevamo rompere: l'albero non dava frutti. Ecco perché, quando mi dicono: "L'abbiamo già fatto una volta". Io rispondo: "Ma ci siamo pentiti". E aggiungo: "In ogni caso avevamo interlocutori ben diversi"». Sta dicendo che Moro era un'altra cosa rispetto a Berlusconi, Fini e Buttigliene? «Beh..». Perché Berlusconi si è convertito all'accordo? «Non ho capito bene. Anzi, non ho capito proprio. Su Berlusconi mi faccio molte domande e sono proprio quelle che destano più sospetti. Insomma, per un anno non ha fatto altro che gridare: "Elezioni, elezioni" e "Comunisti comunisti", poi ha messo tutto da. parte. Ha davvero avuto l'illuminazione della Patria da salvare? Pare strano». Il momento non è abbastanza grave da giustificarlo? «Diciamoci la verità, non siamo negli Anni 40 (dato che rievocano Togliatti e Badoglio). Né di fronte al terrorismo, o a un disastro economico. Insomma, è difficile da capire la conversione di Berlusconi». Che consiglio dà a D'Alema? • Andare avanti o no? «Mi guardo bene dal dare consigli, nulla di più facile che giudicare da fuori. Intendiamoci, io consigli ne avrei tantissimi, partendo dalle mie mq^etudini e dalla mia esperienza, Ma non mi sembra serio e corretto dire a un leader che deve fare, standomene qui sul mare d'Imperia». D'Alema si fida di Berlusconi E lei si fida di D'Alema? «Gliel'ho già detto, non condivido la campagna di demonizzazione. Non userei mai parole come "tradimento" o "mostro tricefalo". Ma se dovessi dire che sono convinto, non direi la verità. Insomma, la prego, mi lasci con i miei assilli». Raffaella Silipo «Dicono che non sarà un governissimo. Ma quando Maccanico andrà alle Camere e avrà la maggioranza di destra e sinistra che cos'altro sarà?» politico di straordinaria gravità» non consente più «una critica pacata e distaccata». E' il linguaggio da ultima spiaggia, ma che percuote gli animi della sinistra del «no» è un trauma du¬ e Fini. E non bastano a smorzare i toni i sarca-onvinto are D'Alema» L'ex segretario del partito comunista* Alessandro Natta

Luoghi citati: Imperia, Italia