«Così perdiamo l'anima»

B «Così perdiamo l'anima» Contronatura l'intesa con la destra LA RIVOLTA VIA FAX B ROMA ERTINOTTI giudica l'accordo «repellente». Per Parlato il semipresidenzialismo è senza dubbio «mostruoso». Liberazione scatena la sua campagna contro il patto inequivocabilmente «scellerato». Niente più dell'inclinazione all'aggettivazione' enfatica è sovraccarica di connotazioni morali negative, nulla più dello smpdajR rifornirsi, agb, arenali della retorica dell'indignazione sta ad indicare gli effetti traumatici indotti nel popolo di sinistra dalla scelta di Massimo D'Alema. E' lo psicodramma di una grande rottura che si consuma sulla carne viva di una sinistra riluttante di fronte a una svolta che potrebbe metterne in discussione la stessa ragion d'essere. E' il senso di fine di una storia che attanaglia la sinistra dei renitenti e che annuncia terremoti psicologici radicali. Si mescolano l'ira, la disperazione e lo sgomento nei messaggi che il popolo del fax invia al quartier generale del «no» asserragliato nelle redazioni del manifesto e Liberazione. «Sono sconfortata», sussurra Leila Costa. E Laura Grimaldi, scrittrice: «Hanno svenduto tutto: speranze, lotte, conquiste». Mario Vegetti, filosofo e antichista: «Mai è avvenuto che si trasformi la Costituzione in seguito a un miserabile mercanteggiamento da suk». La sindrome del tradimento («dico a quelli del pds: iscrivetevi tutti in massa a Forza Italia», Alma Megretta) si congiunge all'angoscia delle radici strappate e di una continuità spezzata. Una faxista di Rimini deplora «gli incroci tra animali azzoppati ("un biscione pluriinquisito, un topone finto-nuovo, l'erede di un ochetta oramai senza identità")». E' lo stadio dell'insulto politico puro in cui nemici ed ex amici quasi non si distinguono più. Ha un bel predicare, Luigi Manconi, di non indulgere nella «demonizzazione del pds e di D'Alema». E si lamenta invano, la pidiessina dissidente Fulvia Bandoli, per il «linguaggio primitivo» brandito come un'arma impropria dal manifesto. Valentino Parlato, infatti, rispon- quello che impregna il fronte anti-D'Alema. Un fronte che trova il suo baricentro emotivo più fuori che dentro le mura di Botteghe Oscure. E che tuttavia influenza un clima aspro e virulento che alimenta i tormenti del dubbio di Michele Serra e Asor Rosa, che fa dire a Lama di non «riconoscere» più il partito erede del pei, che induce Occhetto a scagliarsi contro quelli (in primis Nilde lotti) che addirittura vorrebbero «ridurmi al silenzio», che fa fuggire sindacalisti come Cremaschi scandalizzati per l'accordo con la «destra affarista». Perché il trauma che percuote gli animi della sinistra del «no» è un trauma du¬ plice, biforcuto. E' innanzitutto il trauma dell'alleanza con un nemico indigeribile. «Voghamo capire a chi serve il presidenzialismo nel Paese delle stragi di Stato impunite», scrive al manifesto Paolo Cagna. L'italianista Romano Luperini: «Può un partito accordarsi con i partiti della destra e rendere più autoritario lo Stato?». Lo scrittore Freakantoni: «Sono esasperato, deluso e dilaniato, sono esterrefatto e affranto, mi sento deflagrato». Il vignettista Vauro sul manifesto calca la penna sull'orgia, anche nel senso strettamente fisico, in cui si starebbero avvinghiando D'Alema e Fini. E non bastano a smorzare i toni i sarca- smi di D'Alema quando assicura che non si profila all'orizzonte un mostruoso «progetto nazi-pidiessino». Ma è il trauma del presidenzialismo (ancorché mitigato da pudico «semi») che colpisce nervi scoperti a fa affiorare tabù radicati nella storia culturale della sinistra italiana, dal fantasma dell'«uomo forte» al sospetto che fuori delle mediazioni dei partiti si insinui il germe della degenerazione «plebiscitaria».. Ai «compagni che sbagliano» del pds, Manconi manda a dire il suo «no» all'idea «autoritaria» sottesa al progetto di riforme (presunto) del nuovo governo. Guido Fink de* plora «gli slogan presidenzialisti comunque legati alla nostalgia dell'uomo forte». Domenico Starnone, scrittore, bacchetta una sinistra a suo dire disponibile alla svendita di sé: «A una furbata di questo tipo rischiamo tutti di farci raschiare via persino le impronte digitali». E il regista Bellocchio: «Non sono più in grado di capire. Non capisco». Disorientamento frastornante, depressione, sensazione di vuoto. L'attrice Piera Degli Esposti invoca i padri nobili: «Ma dove sono gli Ingrao?». Gli Ingrao ci sono. Anzi, Pietro Ingrao ha voluto presenziare a una tumultuosa assemblea del «fronte del no». Ma nel suo lessico si è insinuato un accenno ai «ponti levatoi». Come in un fortino assediato. Il fortino della sinistra che ha paura di perdere l'anima. Pierluigi Battista Lo psicodramma a sinistra fra ira, disperazione, rabbia «Siamo delusi e affranti: no al patto nazi-pidiessino^ ettimane fa pronunciò il . erché deve essere sicuro è destinato a reggere a a di conferenza stampa citare quasi Berlusconi, ormai a prova di bomba. una voce - ripresa persiurito - secondo la quale vrebbero sottoscritto già ti: trentadue righe di inritte dagli ex duellanti in inistra rabbia nti: no essino^ mattina DAlema ne ha avuto la conferma durante la riunione del coordinamento politico (dentro ci sono tutte le anime del partito) al quale hanno partecipato anche i segretari regionali. sia paperplpolitiE ichettdopo sindacessoternati chesarei siden In alto D'Alema sopra Laura Grimaldi e, a sinistra, la vignetta di Vauro de pur sempre che «lo scontro politico di straordinaria gravità» non consente più «una critica pacata e distaccata». E' il linguaggio da ultima spiaggia,

Luoghi citati: Rimini, Roma