Il leader del pds costretto a «frenare» nella mediazione col centro-destra sul presidenzialismo D'Alema fa il duro: fini deve arrendersi di Fabio Martini

Il leader del pds costretto a «frenare» nella mediazione col centro-destra sul presidenzialismo Il leader del pds costretto a «frenare» nella mediazione col centro-destra sul presidenzialismo D'Aleniti fa il duro: fini deve arrendersi In trincea per arginare i malumori della sinistra spaccata ROMA. Massimo D'Alema deve sentirsi molto sicuro di fare la Grande Intesa, perché parlando di Gianfranco Fini butta lì frasi del tipo: «Bisogna che l'onorevole Fini si pieghi.,,». Oppure: «L'onorevole Fini deve arrendersi» all'idea che «nessuno può mettere le... mutande al Parlamento». Sono le cinque della sera e in una stracolma saletta-stampa di Botteghe Oscure, Massimo D'Alema si mostra ai cronisti molto sicuro del fatto suo e armato di un linguaggio che in certi momenti sembra mutuato da quello di Maurizio Gasparrì, che tre settimane fa pronunciò il famoso: «D'Alema deve ca-pi-to-la-re!». D'Alema fa il duro, «provoca» Fini,.perché deve essere sicuro che il «patto d'acciaio» con Berlusconi è destinato a reggere a qualsiasi intemperie. In quasi un'ora di conferenza stampa D'Alema è riuscito nell'impresa di non citare quasi Berlusconi, con il quale evidentemente l'accordo è ormai a prova di bomba. E ieri mattina a Montecitorio circolava una voce - ripresa persino dalla «velina rossa» di Pasquale Laurito - secondo la quale D'Alema e Berlusconi (ma non Fini) avrebbero sottoscritto già da alcuni giorni un protocollo di intenti: trentadue righe di intesa preliminare che sarebbero state scritte dagli ex duellanti in un albergo, lontani da occhi curiosi. Fin qui le voci (che non trovano conferma a Botteghe Oscure), ma intanto D'Alema alza la voce con Fini anche perché deve essersi reso conto che i malumori che si agitano sotto l'Ulivo, nella Cgil, tra i comunisti delle varie «famiglie», non possono bloccarlo, ma non gli consentono neanche di fare ulteriori concessioni al centro-destra sul tema del presidenzialismo. A sinistra della Quercia c'è fronda, ma il partito è con il segretario e ieri mattina D'Alema ne ha avuto la conferma durante la riunione del coordinamento politico (dentro ci sono tutte le anime del partito) al quale hanno partecipato anche i segretari regionali. D'Alema, come immaginava, ha ricevuto il via libera dei quadri che «pesano» e le perplessità di alcuni segretari regionali del Mezzogiorno. Il no dei comunisti democratici di Tortorella non cancella il senso della riunione: il partito non si oppone alla prospettiva di un governo con i nemici di una vita, gn ex neofascisti di Gianfranco Fini. Dice un insospettabile come il senatore Antonello Falomi, già braccio destro di Occhetto: «Diciamo le cose come stanno: nella base non c'è rivolta, non c'è nulla che sia paragonabile al travaglio che accompagno la svolta. Ci sono perplessità, ma che investono soprattutto una parte del ceto politico». E il personaggio che più si agita in queste ore è Achille Occhetto. Dopo aver insistito per mesi sull'urgenza delle riforme, dopo aver scavalcato a «destra» D'Alema con la proposta del sindaco d'Italia, da qualche giorno Occhetto attacca il suo successore da sinistra, rispolverando il progetto di una sinistra alternativa. Ma a far inferocire Occhetto ha contribuito Nilde lotti che in un'intervista a la Repubblica aveva detto: «Io non mi sarei aspettata che Occhetto si schierasse con Segni per un presidenzialismo assoluto». E dopo essersi detta convinta che an¬ che Togliatti avrebbe stretto un accordo con Berlusconi e Fini, la conclusione della lotti è feroce: «Forse dietro queste posizioni di Occhetto c'è il risentimento per non essere più il segretario del partito...». E Occhetto ha voluto replicare così: «A differenza della compagna lotti non so cosa avrebbe pensato Togliatti del presidenzialismo. Personalmente sono contro ogni deriva plebiscitaria e spero che sia ancora concesso esprimere le mie critiche alla linea politica del partito, senza essere ridotto al silenzio». E in un pds dove i quadri che contano sono tutti col segretario, crescono invece i dubbi di alcuni dei personaggi che hanno fatto la storia del pei: oltre ad Ingrao, a Tortorella, a Macaluso, ad Occhetto, ieri ha fatto sentire la sua voce anche Giorgio Napolitano. Assente alla riunione del coordinamento del pds, l'ex presidente della Camera da Bari fa sapere che le «leggi sul conflitto di interessi, sulle nuove norme per il consiglio di arnmimstrazione Rai e sull'antitrust tv sono altrettante condizioni fondamentali per l'intesa di governo». Fabio Martini

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