«Il realismo di guardare lontano» L'avvocato ricorda il nonno, e ribatte agli euroscettici di Alberto Papuzzi

«Il realismo di guardare lontano» «Il realismo di guardare lontano» L'Avvocato ricorda il nonno, e ribatte agli euroscettici 1 TORINO ENTRE gli invitati prendevano posto sulle poltroncine rosse dell'Auditorium del Lingotto o affollavano le gallerie, e i fotografi bombardavano di flash i relatori, sul grande schermo sopra il palco scorrevano immagini degli anni in cui Federazione Europea o Lega delle Nazioni?, il saggio di Agnelli e Cabiati, è stato ideato e scritto: la Grande guerra, le manifestazioni popolari, la conferenza di Versailles, i 14 punti di Wilson, con musiche d'epoca che accompagnavano i filmati. Il convegno dedicato a «Giovanni Agnelli e l'unità europea» ha riportato a galla le lontane radici dell'ipotesi comunitaria, in un confronto per molti versi sorprendente fra le prospettive di ieri e le necessità di oggi Quando misero mano al volumetto, Agnelli e Cabiati scrissero che con i progetti di integrazione europea si trattava di pagare «un debito d'onore» verso le generazioni venture, conquistando per loro la sicurezza. Lo stesso principio ideale è stato ieri richiamato da Monti a proposito di Maastricht: «Il trattato di Maastricht - ha detto - è il simbolo di un impegno verso gli europei già nati e che ancora non votano o ancora da nascere». Questo punto è stato al centro dell'introduzione dell'avvocato Giovanni Agnelli. Se alla prima guerra mondiale seguirono lo spettro della grande depressione e la catastrofe di un'altra guerra, ciò accadde perché la si¬ curezza «non poteva essere affidata ai trattati fra Stati sovrani, ma richiedeva l'unione dei popoli». Ricordate le critiche, di diversa natura, che da parti opposte convergono sull'europeismo - in particolare contro i cinque parametri del Trattato di Maastricht e la moneta unica -. il presidente della Fiat ha negato che queste misure rappresentino «un taglio al benessere di cui godono i cittadini europei». «E' veramente uno strano benessere - ha detto - quello che riesce a convivere con 18 milioni di disoccupati. Questi disoccupati non sono figli di Maastricht: sono la conseguenza della perdita di competitività dell'economia europea, che ha radici in scelte fatte vent'anni fa, quando dirottammo quote crescenti delle risorse verso impieghi improduttivi». Non è Maastricht il pericolo, ma l'inefficienza dell'Europa. «L'alternativa non è tra adesione all'Europa o mantenimento delle attuali prestazioni sociali». E' vero il contrario: con l'unità europea «sarà più facile darsi un efficace modello di protezione sociale». Jacques Delors ha ripreso questo tema, attuale, polemico, decisivo: «Gli avversari dell'Europa - ha detto - ci mettono di fronte a una drastica alternativa: o la moneta o l'occupazione». Come si sa, sia autorevoli economisti sia leader sindacali affermano che i tagli alla spesa pubblica, necessari in molti Paesi per rispettare i parametri di Maastricht, producono disoccupazione. Per scongiurare l'alternativa moneta o occupazione, «bisogna equilibrare con un potere politico - secondo l'ex presidente europeo - il potere economico e finanziario della comunità. Non possiamo giocare su un solo tavolo». «Durante quarant'anni, l'Europa si è costruita economicamente - ha proseguito Delors -, ma tutti i tentativi di integrazione politica sono falliti». Si sono percorsi i «piccoli passi» di cui parlava Robert Schuman, uno dei padri dell'unità europea, ma oggi bisogna difendersi anche sul piano politico. Come? Realizzando proprio il progetto delineato ottant'anni fa da Agnelli e Cabiati nel loro libro: «Io propongo una federazione degli Stati-nazione - ha affermato Delors -, la sola formula che possa contemporaneamente garantire la democrazia delle istituzioni europee e raccogliere l'eredità delle appartenenze nazionali». Sia Agnelli sia Delors hanno parlato anche della Germania: il «tallone tedesco» è un altro rischio che gli antieuropeisti paventano. «Ma la Germania è già oggi - ha detto l'Avvocato - la potenza dominante nel nostro continente». Sono già le banche centrali più forti a decidere i destini: l'unità darebbe più voce ai singoli Paesi, limiterebbe, non accrescerebbe il potere tedesco. Fra un mese al Lingotto si svolgerà il vertice per ridiscutere Maastricht. Dal convegno è venuto un invito pressante a non snaturare il trattato. «Che ci siano dei problemi è vero - ha detto Agnelli chiudendo i lavori -, ma fare dell'esistenza di questi problemi una ragione per chiedere un rinvio delle scadenze sarebbe come gettare la spugna prima ancora d'aver cominciato a combattere». E ha dedicato le ultime battute al senatore, il cui ritratto faceva da sfondo: «Quando mio nonno e Attilio Cabiati delinearono un'Europa federale erano molto avanti con i tempi. Spesso tuttavia c'è più realismo nel guardare lontanò che nelT adagiarsi sull'immediato». Alberto Papuzzi Delors: equilibriamo ilpoterefinanziario con quello politico L'avvocato Giovanni Agnelli ha partecipato ieri al convegno di Torino

Luoghi citati: Europa, Germania, Torino