«Giustizia, finalmente» La vedova:si accanirono su mio marito

«Giustizia/ finalmente» «Giustizia/ finalmente» La vedova: si accanirono su mio marito MARILENA Neri è la vedova del professor Sergio Caneschi. E' stata lei, a novembre, a firmare con i tre figli l'esposto in triplice copia per ministro Mancuso, Csm e Cassazione. Soddisfatta, signora, della decisione della Cassazione? «E' il primo passo, almeno spero, nella ricerca della verità. E per una giustizia più giusta». Perché ha deciso di denunciare i magistrati che seguirono la vicenda di suo marito? «Perché è stata una storia assurda, sbalorditiva, piena di episodi inquietanti». Come è cominciata? «Con l'arresto di mio marito. Un signore di 64 anni che da quasi trenta guidava il più bel reparto di neurochirurgia di Milano. Accusato da un suo aiuto, che stava in carcere da quaranta giorni, di aver dirottato alcuni pazienti dal pubblico Fatebenefratelli ad alcune cliniche private. Contro di lui non avevano altre prove». E siamo a maggio '94. Poi cosa successe? «Lo portarono subito a San Vittore. Dove lo interrogarono e, dopo una settimana circa, cominciò a star male». . Che cosa aveva? «Male alla schiena, tanto da respirare con difficoltà. Il primario della clinica interna al carcere, fra l'altro un suo vecchio amico, gli diagnosticò quasi subito un tumore al polmone. E poi era anche diabetico grave». Intanto la difesa presentava ricorsi, giusto? «Certo, tre. Per tre volte il tribunale della libertà ci diede ragione, per altrettante i magistrati presentarono ricorso, anche in Cassazione. E intanto mio marito s'aggravò rapidamente, tanto che la direzione dell'ospedale decise di ricoverarlo al Niguarda, senza avvisarci». Come senza avvisarvi? «Io ricevetti una telefonata dal direttore del carcere una certa sera, mi avvisò che mio marito aveva un tumore e che era all'ospedale. Lo ringraziai, ma non dissi niente ai miei figli. I quali seppero tutto la mattina dopo dai giornali. Non certo avvertiti da me». Poi suo marito venne operato... «Certo, gli tolsero un polmone. Era giugno, e qui accadde la cosa più assurda: mentre io lo assistevo al Niguarda, lo sa chi si presentò a casa nostra, dai miei figli? Due carabinieri, che accertarono la latitanza di mio marito, che invece avrebbe dovuto essere agli arresti domiciliari. Ecco, io, i miei tre figli, e il legale che ci difende, l'avvocato Schiniscalchi, non comprendiamo questo accanimento contro mio marito. E la decisione della Cassazione di ieri è il primo, piccolo riconoscimento per una battaglia che stiamo combattendo da oltre un anno». E adesso cosa farà, signora? «Scriverò un libro sulla storia di mio marito. Perché non si ripeta mai più». Flavio Corazza

Persone citate: Flavio Corazza, Mancuso, Sergio Caneschi

Luoghi citati: Milano