la carica dei Cavalieri Da distribuire 14 mila riconoscimenti di Raffaello Masci

«Presidenzialismo? Ecco l'elenco delle «patacche» che saranno assegnate nel '96 la carica dei Cavalieri Da distribuire 14 mila riconoscimenti CITTADINI «ONORARI» u ROMA U sigaro e una croce di cavaliere non si negano a nessuno» diceva Giovanni Giolitti, che era uomo di mondo. Non sappiamo che piega abbia preso il costume riguardo ai sigari, ma per le onorificenze non è cambiato molto: la Gazzetta Ufficiale ci informa che quest'anno, nelle consuete date del 2 giugno e 27 dicembre saranno distribuite 13.730 «patacche». Cavalieri, commendatori, grand'ufficiali e via dicendo, con tutto il corredo di medaglie, croci, cordoni e vanità spagnolesche. La Repubblica italiana - tanto per capire come funziona il cursus honorum - ha un «Ordine al merito» nel quale confluiscono tutte le onorificenze, distinte in cinque «classi» corrispondenti a livelli di merito. Al primo gradino troviamo la «classe» di «cavaliere». Un'onorificenza di massa, basti pensare che ogni anno è disponibile per 13 mila italiani (senza contare gli stranieri). In abiti normali («piccola tenuta») tutte le onorificenze sono segnalate da una «rosetta» applicata all'oc- duello, e solo la decorazione interna a questo distintivo consente di individuare il grado. Diverso è il caso della «tenuta ufficiale», differente per ogni livello. Quella di cavaliere, per esempio, è solo una croce sul petto, appesa ad un nastrino verde bordato di rosso. Il rango successivo è quello di «Ufficiale». Se ne fanno 3 mila l'anno. La «tenuta» di gala prevede la stessa croce con nastro, ma quest'ultimo guarnito di una rosetta. Si passa poi al livello di «Com¬ mendatore». Possono aspirarvi non più di 1500 cittadini l'anno, e i fortunati il nastrino verde se lo legano al collo e vi appendono la croce. Il quarto gradino è quello di «Grand'Ufficiale», vi arrivano 300 persone l'anno, le stesse che in abito di gala possono fregiarsi di una croce al collo e di una «placca» (specie di stella) fissata a sinistra sul petto. Solo 40 illustrissimi italiani possono aspirare alla massima onorificenza della Repubblica che è quella di «Cavaliere di Gran Croce», con¬ traddistinta da fascia verde con bordi rossi che attraversa il corpo da spalla destra a fianco sinistro, con placca applicata sopra e croce al collo. Ad una «classe fuori classe» appartiene l'onorificenza di «Cavaliere di gran croce con cordone», riservata di diritto solo al Capo dello Stato e da questi estensibile esclusivamente ad altri Capi di Stato. A nessuna di queste «patacche» rassicuriamoci - corrisponde alcun beneficio economico, ma solo la facoltà di esibire titolo e insegne. L'età minima per diventare cavaliere è 35 anni. Alle onorificenze della Repubblica si accede, in genere per gradi: dal più basso al più alto. Il candidato deve essere segnalato da una istituzione (pubblica o privata) al ministero che ha competenza sulla materia in cui si è distinto. Per esempio, uno studioso può essere segnalato da un ateneo al ministro dell'Istruzione, un imprenditore dalla Confmdustria al ministero dell'Industria, eccetera. Dai ministeri parte una «istruttoria» per valutare l'idoneità e l'irreprensibilità del can¬ didato che, se passa al vaglio, finisce all'attenzione della Direzione generale per le onorificenze della presidenza del Consiglio. I prescelti a ricevere la «patacca» finiscono poi in un decreto di nomina che viene firmato dal Presidente della Repubblica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Tutta questa trafila può essere «saltata» dal Capo dello Stato che, di propria iniziativa, può assegnare onorificenze a cittadini che si siano distinti per meriti specialissimi, senza soggiacere a vincoli di età e ad altre limitazioni statutarie. E' ovvio che sui meriti di certi «cavalieri al merito» ci sarebbe da obiettare, ma anche questo è male antico e lamentarsene sarebbe vano. Già il Belli lo ricordava: «Se n'eavajera mo' qualunque vizzio/ vojo ride però con tanto sguazzo/ de cavajeri er giorno der giudizzio,/ quanno che Gesù Cristo arzanno er braccio,/ dirà: «Signori cavajer" der cazzo/ aricacate le croci. E all' Infernaccio». Raffaello Masci

Persone citate: Gesù, Giovanni Giolitti

Luoghi citati: Roma