«Cambiare la Repubblica? Non sono così coraggiosi»

«Il Papa ha mandato un telegramma? E come si è firmato?» IL COMPLEANNO DB FANFANI Gli 88 anni del «cavallo di razza» de, tra parenti, amici e bambini vestiti a festa 9 «Cambiare la Repubblica? Non sono così coraggiosi» CROMA HE cosa penso di questa crisi della prima Repubblica?». Sì, presidente: lei è uno dei padri fondatori. Che effetto le fa vedere Repubblica e Costituzione sul tavolo operatorio? «Le dirò: questa crisi sarebbe veramente seria soltanto se coloro che ci sono capitati dentro avessero veramente del coraggio...». E Amintore Fanfani, dopo aver vibrato questa unghiata, sorride con l'occhio obliquo da Gran Vizir che conosce la vita, la politica, gli uomini e le cose. E ti scruta per vedere che effetto fa. Sì, il vecchio Amintore, l'uomo che ha attirato su di sé grandi amori e grandi rancori, il peggiór caratteraccio della prima Repubblica, è ancora un leone, anche se sul divano assume le forme rassicuranti delgatto soriano. Era cominciata così: arrivato a via Platone dove l'ex presidente del Senato abita, ho preso il coraggio a due mani e ho pigiato il tasto sul citofono. Fanfani è uno degli ultimi grandi padri, l'ultimo grande lottatore, uno dei «cavalli di razza» (l'altro era Moro, suo eterno antagonista). Ho detto: vorrei fare gli auguri ad Amintore Fanfani, si può? Venga, venga pure: quarto piano. E' una vecchia palazzina degli Anni Cinquanta con l'ascensore laminato d'ottone. Si entra direttamente in casa senza passare per il pianerottolo e mi apre la signora Maria Pia vestita di bianco, elegantissima, con una spilla d'oro che direi un fiore di cardo. Intorno, gran folla di parenti, amici e bainomi vestiti a festa come in un quadro di Goya. Sono capitato insomma nel bel mezzo della festa di compleanno di Fanfani, ottantotto anni, che però cade il 6 febbraio, giorno di Santa Dorotea. Mentre oggi, per me che scrivo, è il cinque. E infatti è il festeggiamento anticipato e riservato ai soli familiari ed amici stretti. Quanto a lui, è felicissimo e di umore smagliante, seduto sul divano di sinistra del grande salone. L'ultima volta che lo incontrai fu per una intervista a Firenze, che durò un pomeriggio intero di rievocazioni e più d'una bottiglia di Chianti. Insomma, non speravo che mi riconoscesse. E invece mi accoglie con le stesse parole con cui mi salutò anni fa: «Barbalunga, Barbarossa, son contento di vederti. Qui, facciamo due chiacchiere perché mi fido sempre moltissimo delle persone che conosco poco». E abbiamo brindato con un bicchiere di champagne. Indossava un golf turchese molto festoso, il nodo della cravatta lento e largo, il suo buonumore era trasparente e contagioso. E' un grande ammiratore di Lamberto Dini che conobbe, mi racconta, anni fa a San Francisco (che pronuncia così come si scrive): «Lasciammo le donne a chiacchierare e ci mettemmo a discutere nell'altra stanza. Due ore fitte. Era un tipo in gamba e gli dissi di farsi coraggio e andare avanti. Ha una moglie che lo aiuta molto, gli è vicina, ed è lei che lo ha portato così avanti». Poi guarda la moglie Maria Pia e la chiama con amore e civetteria: «Ehi, signora Fanfani, vieni un po' qua...». E la signora Fanfani, per mostrarsi all'altezza del mitico caratteraccio del marito, racconta di quella volta in cui arrivò a definirsi una «rompipalle». E il marito Amintore finge di scandalizzarsi: «Oh cos'è questa storia? Ora hai anche imparato le parolacce?». A proposito di parolacce gli ricordo di quando volammo insieme, quando lui fu per l'ultima volta presidente del Consiglio, fino a Tokyo su un aereo che sorvolava l'infinita distesa siberiana. A bordo si proiettava «Platoon», film terribilmente drammatico e dal linguaggio grevissimo. Ma lui fu scosso da un brivido di nostalgia: «Eh già, da militari si parla tutti così, tutto il mondo è paese». E insomma, di questo Dini che cosa pensa? Risposta, meditata e pronunciata sottovoce con la sua aria scaltra: «Beh, avrebbe potuto far peggio. Non si può dire che abbia lasciato delle gran macerie». E' il sucrmb&o per dire che ha lavorato bene. E di Maccanico che cosa pensa? «Penso che se si è arrivati a lui, vorrà dire che dietro c'è una serie di fatti e di atti e di progetti che l'hanno determinato». Vuol dire un piano già fatto? «Oh no, non credo affatto ai piani. La storia va avanti un po' a tentoni, per tentativi ed errori e conduce ai suoi risultati un po' a sorpresa». Gli dico: posso usare queste sue parole? Posso scriverle? Fa la sua migliore faccia da lenza: «Come fate voi giornalisti? Truccate un po', forzate la situazione... Ma è così che si fa, l'ho fatto anch'io tante di quelle volte». Allora, che cosa pensa di queste grandi novità? Sembra che Fini ponga una pregiudiziale sul doppio referendum, e che il pds di D'Alema non voglia saperne... «Eh, a nessuno si può chiedere di pugnalare le sue stesse budella». Ma lei non prova nulla di fronte a questa prospettiva, la riscrittura di parte della Costituzione, i nuovi assetti, il semipresidenzialismo... Sorride come se invece di una domanda gli avessi raccontato una battuta: «Vedarèm, si dice così: vedarèm. Non sona sicura che sia toscano, ma è internazionale, almeno in Italia. E' inutile allarmarsi per quello che ancora non si vede. Prima bisogna vedere e poi prendere le giuste misure». La moglie gli dice: «Sai, caro, che stanno arrivando telegrammi a migliaia... Hanno scritto tutti, anche il Papa...». «Anche lui ha mandato un telegramma?...». «Ma certo». «E scritto con le sue parole?». «Ma certo». «E come l'ha firmato? Proprio scrivendoci sotto "Papa"?». Tutti ridono e sembra di sentire Benigni invece di Fanfani. Mentre parla, quest'uomo anziano e festeggiato da giovanissimi nipoti che si tengono un po' in soggezione, non sembra più quel che fu ai suoi tempi. E le vignette che ha ispirato. La più clamorosa fu quella di Forattini che lo disegnò a forma di tappo che salta dalla bottiglia dopo la sconfitta del fronte antidivorzista, capeggiato da Fanfani. Ma qualche giorno fa in un'in¬ tervista Cossiga ha rivelato che, contrariamente a quel che si è sempre scritto e detto, non fu Fanfani a volere combattere quella crociata perdente, ma monsignor Benelli: l'unico prelato che abbia avuto influenza su Fanfani, La sua vita politica è stata sempre da duro: convinto che i comunisti dovessero essere sconfitti sul loro stesso terreno delle riforme sociali e senza trasformarli in alleati (come invece pensava Aldo Moro). E fu così che il suo primo governo di centro sinistra, con i socialisti ancora fuori in parcheggio, fu molto più riformista e drastico del successivo governo Moro con i socialisti inclusi. Adesso questo signore ha un aspetto tenero, perché non è più giovane e tutti gli parlano con quel tono un po' troppo soave e accomodante che si usa con gli anziani come per i bambini: ma AminL tore Fanfani, l'are- k tino, l'antagonista JH di De Gasperi e di W Moro e di Andreotti (il quale tuttavia gli ha inviato un telegramma di grande affetto e oggi verrà a trovarlo), è stato l'osso più duro della prima Repubblica, quello contro il quale si scatenavano impazziti di rabbia tutti i conservatori più codini che gli davano del «comunista mascherato», o anche «da sagrestia». E fece impazzire gli americani intromettendosi nelle trattative per chiudere il buio capitolo della guerra del Vietnam. Per non dire della battaglia che ingaggiò come presidente dell'assemblea delle Nazioni Unite, per offrire una sponda alla Cina, quando la Cina era vista in Occidente e negli Stati Uniti come il grande nemico giallo. E' stato un uomo pratico, ha sempre preso le questioni di petto e ha imposto risultati concreti. Trattando malissimo collaboratori e compagni di partito. Mariano Rumor (futuro segretario della de e futuro capo del governo) lui lo chiamava col campanello. Amava la vita scomoda e povera, seguendo il filone cattolico dossettiano e del suo amico La Pira, siciliano e sindaco di Firenze. Il suo universo popolare somigliava più ai figli della scuola di Barbiana di don Milani, che alla buona borghesia milanese, torinese e romana, che infatti lo odiava a sangue e ne reclamava a viva voce la testa. Ha sempre vestito in modo corretto, ma anche trasandato, per far capire che la sostanza conta più della forma. Negli anni della ricostruzione ha lasciato dietro di sé una scia di case coloniche, dette ancora oggi «case Fanfani». Si faceva rispettare e benvolere dalle forti personalità della sinistra di allora, la lotti, Ingrao, Anderlini, Natoli, i quali sapevano che questo toscano di pessimo carattere ma di forte volontà non rubava né per conto proprio, né del partito. Quando scoppiò lo scandalo del Sisde si scoprì che Fanfani fu l'unico ministro dell'Interno che quando gli dissero che alla sua funzione era legata la disponibilità di molto denaro da usare per operazioni riservate, rispose: no, grazie, non voglio che per le mie mani passi una sola lira. Usate voi questi fondi per le operazioni consentite e rendetemene conto. Racconta un suo amico: «Lui era molto contento di essersi comportato in modo diverso dagli altri ex ministri del Viminale. Ma non voleva assolutamente che questa differenza fosse sbandierata. Invece fu proprio Lo Stampa a strappargli una dichiarazione in quel senso. Prima ci rimase un po' male. Poi fu molto contento». Sempre a proposito del caratteraccio, un altro suo conoscente mi racconta di quel deputato democristiano che quasi arrivò al suicidio quando si sentì dire da Fanfani: «No, non mi interessa sentire qual è la tua idea. Tu non sei abbastanza intelligente da avere delle idee e quindi è meglio che stai zitto». Poi, in genere, sorrideva dopo aver vibrato una sferzata del genere. Adesso è un sorridente nonno, febee in mezzo alla sua grande famiglia e ha con sé quasi tutta la figliolanza e nipotanza. Non vibra più sferzate e sostiene che rifare la Repubblica da capo non è poi un dramma: «Vedarèm», vedremo. Non sembra affatto un nostalgico scatenato dei tempi che furono, anche se furono essenzialmente i suoi tempi. Ha provato e prova ammirazione per chiunque sappia fare le cose che ha annunciato di voler fare, e un palese disprezzo per chiacchieroni e fanfaroni. Come presidente del Senato tutti lo ricordano come una macchina schiacciasassi: obbligò i senatori a lavorare come non avevano mai lavorato, ma riuscì a ottenere per loro tutti gli strumenti più moderni, almeno per i loro tempi. Quando lo saluto mi offre tutte e due le mani e mi chiede di aiutarlo ad alzarsi: «Alla torta, alla torta», dice per far contenti moglie, figli, nipoti e amici, e si avvia con il bicchiere in mano verso la stanza in cui Maria Pia ha preparato il dolce e le candeline. Ma a questo punto preferiamo lasciare la famiglia Fanfani alla sua intimità e apriamo le porte dell'ascensore ottonato. Paolo frizzanti «Il Papa ha mandato un telegramma? E come si è firmato?» «Dini è uno in gamba La moglie lo aiuta e lo porta avanti» «La scelta di Maccanico? A volte la storia va avanti a tentoni e ha risultati a sorpresa» «Presidenzialismo? E' inutile allarmarsi per una cosa che non c'è ancora Vedremo. E poi si prenderanno le misure del caso» Pia e al tempo canico? ni SopracoAA destrDeore a vita re Fanfani e presidente nsiglio 8 anni nte del Senato ra: Fanfani do Moro . Non sona sicura o, ma è internazioin Italia. E' inutile quello che ancora rima bisogna vedeere le giuste misuli dice: «Sai, caro, rivando telegrammi anno scritto tutti, .». a mandato un telen le sue paha firmato? endoci sotto il suo primo governo di centro sinistra, con i socialistancora fuori in parcheggio, fu moltpiù riformista drastico del successivo governo Morcon i socialisti inclusi. Adesso questo sgnore ha un aspetttenero, perché noè più giovane e tutgli parlano con qutono un po' troppsoave e accomodante che si usa con ganziani come perbambini: ma AminL tore Fanfani, l'arek tino, l'antagonistJH di De Gasperi e dW Moro e di Andreot(il quale tuttavia gha inviato un telegramma di grande affetto e oggverrà a trovarlo), è stato l'osspiù duro della prima Repubblicquello contro il quale si scatenavano impazziti di rabbia tutticonservatori più codini che gdavano del «comunista masch Fanfani con la moglie Maria Pia e al tempo della battaglia antidivorzista Sopra: Fanfani con Giulio Andreotti A destra: Alcide De Gasperi Il senatore a vita Amintore Fanfani sei volte presidente del Consiglio e per 18 anni presidente del Senato A sinistra: Fanfani con Aldo Moro

Luoghi citati: Cina, Firenze, Italia, San Francisco, Stati Uniti, Tokyo, Vietnam