Le visioni di un poeta da «L'albero pazzo»
Le visioni di un poeta da «L'alberopazzo» I ©ISCHI Le visioni di un poeta da «L'alberopazzo» VENTOLA il tricolore in questo inizio d'anno bisestile. Incombe il supermercato Sanremo, ma la musica italiana sforna una serie di dischi con la quale dimostra quanto si muova al di fuori della rassegna, solo spettacolo ad uso televisivo. I venti di novità viaggiano su altre strade alla ricerca di qualità e con l'intenzione di misurarsi con le nuove frontiere del mercato internazionale. Finalmente. Dal consistente gruppo di proposte discografiche di questo periodo emerge «L'albero pazzo» (Consorzio Produttori Indipendenti, 1 Cd) di Andrea Chimenti. Con un padrino come David Sylvian (che canta anche nel brano «Ti ho aspettato», l'ex cantante dei Moda si ripresenta (il precedente «La maschera del Corvo Nero» è del '92) con un lavoro di grande qualità. Quante volte la pop music diventa un mezzo di comunicazione del cuore, di ricerca della propria anima, l'espressione della vita dello spirito?, si domanda Sylvian. E tutto questo lo ritrova nel disco di Chimenti, che apprezza perché ricco di umanità e poesia non forzata. Un giudizio onesto, obiettivo. «L'albero pazzo» è un piccolo miracolo di equilibrio. Tra le parole che cercano sentimenti nel profondo e una musica ricca di sonorità, temi e ritmi. La calda e magnetica voce dà corpo alle visioni del poeta, in un vortice di atmosfere raffinate, create giocando con le sovrapposizioni degli archi sui suoni leggeri di chitarre e pianoforte. Dodici brani di melodie evocative e avvolgenti, inframmezzate da atmosfere cameristiche. Divertente, ironico, spigliato è invece Francesco Baccini. La copertina similpubblicitaria di «Baccini a colori» (EastWest, 1 Cd) sottintende una domanda che si rivolge da solo il cantautore genovese: oggi i dischi sono «opere dell'ingegno» o prodotti di «più o meno largo consumo»? Piccola provocazione, cui risponde con im disco di facile approccio, piacevole. Con una musica molto nera, ricca di blues. Ma non solo. Se inizia con «Filma!», che si può scambiare come un ritorno dei Blues Brothers, termina con «Piccolo idiota», dal sapore molto francese. Il risultato finale è coinvolgente, grazie anche alla personalità e alla spigliatezza di Baccini. Ben suonato, il disco si avvale anche della spassosa partecipazione di Enzo Jannacci, dell'armonica di Fabio Treves, del trombone di Dott. Richmond. Nei testi viene usato un linguaggio immediato, ma con una caduta di stile in «Sono stufo di vedere quelle facce alla tiwù-ù-ù». Un ritorno ricco di curiosità è quello di Antonella Ruggiero con «Libera» (Mca, 1 Cd). Lasciati i Matia Bazar, diventata madre, ha posto uno stacco con il passato. Un viaggio in India ed eccola ancora davanti al microfono. Dodici brani in cui sonorità orientali si uniscono alle melodie mediterranee, si alternano a brani elettronici e altri deliziosamente romantici. Un disco che sprizza vitalità e ricerca di originalità. Anche se a volte ridondanti e con qualche banalità, i testi sono in sintonia con la ricerca musicale che Antonella Ruggiero ha condotto con Roberto Colombo. Alessandro Rosa
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