PETIT Danzando con Colette di Sergio Trombetta

Intervista con il grande coreografo: porto «Chéri» alla Scala, così trasformo la letteratura in teatro Intervista con il grande coreografo: porto «Chéri» alla Scala, così trasformo la letteratura in teatro PETIT Roland Petit con la Fracci e Massimo Murru. A destra: Colette con Jean Cocteau Danzando con Cdette | MILANO DAL NOSTRO INVIATO Una donna anziana e un ragazzino innamorati, e poi un prete. Tutti pronti a salire in scena o ballare. Appartengono a due progetti del coreografo Roland Petit e sono in diverse fasi di realizzazione. La signora e il ragazzino stanno per spiccare il volo alla Scala ed escono dalla penna di Colette, abitano da protagonisti i romanzi Chéri e La fine di Chéri che alla Scala di Milano stanno per diventare balletto. Colette. Se la ricorda-bene la grande scrittrice francese, Roland Petit: «L'ho incontrata tre o quattro volte. Abitava vicino al Palais Rovai, come Cocteau. Non era lontano da casa mia. Quando, giovanissimo danzatore o ancora studente, andavo o ritornavo dall'Opera (io abitavo alle Halles dove mio padre aveva un bistrot), spesso passavo a trovare Cocteau. A casa sua c'era sempre una folla di artisti. Facevo parte della sua corte, costituita insieme di giovani e di stelle della cultura che venivano a trovarlo: per il suo "lever" mattutino, oppure per pranzare con lui. Insomma c'era sempre un vortice di gente intorno a Cocteau. E lui, molte volte, guardando dalla finestra, mi indicava Colette che scendeva nel giardino del Palais Royal per dare le briciole di pane agli uccellini». Proprio per questi ricordi così vivi e teneri Petit sta realizzando alla Scala, con un senso di grande affetto e di timoroso rispetto, il balletto in un atto Chéti, che andrà in scena il 14 febbraio. E' la storia di una passione totalizzante fra un giovane, Chéri, figlio di una demimondaine, e un'amica della madre, una matura cocotte, Lea. Per interpretarli Roland Petit ha voluto Carla Fracci e il primo ballerino della Scala Massimo Murru. Una felice, insperata combinazione che vede rispecchiare in scena la differenza di età del romanzo: la matura Fracci e il giovanissimo Murru. Ricorda ancora Petit: «Portava sempre sandali senza calze, Colette, in quegli anni. Cocteau a volte scendeva in giardino a salutarla e mi portava con sé. Mi diceva: "Vieni con noi". Li ho ascoltati parlare. Io avevo sui diciott'anni e restavo senza parole di fronte a una persona così celebre e di talento. La seguivo mentre conversava con Cocteau. Aveva un accento borgognone incredibile , pronunciato, paesano. Mi diceva "bonjour petit". Avrebbe potuto dirmi bonjour chéri". Cocteau mi chiamava chéri. Chiamava chéri tutti i ragazzi. E' un'modo di fare che ho imparato da lui, così quando conosco dei danzatori, e lavoro in sala prove con loro, li chiamo tutti chéri. All'inizio arrossiscono, ma poi lo accettano1, anzi piace molto». Chéri è un romanzo su cui Roland Petit medita da moltissimi anni: «L'ho letto da giovane, l'ave- vo dimenticato, ma poi mi sono accorto, nel corso della mia vita, che tutte le grandi danzatrici, con una lunga carriera alle spalle, avevano voglia di interpretare questo balletto. Me lo hanno chiesto e ci ho pensato molte volte. Dovevo farlo per Margot Fonteyn, per Zizi Jeanmaire. Ma poi la cosa non andava mai in porto. Un giorno a colazione con la Fracci, Beppe Menagatti, Elisabetta Terabust, ci si è messi a parlare di Cocteau e Colette. Deciso: faccio il baletto per Carla Ora o mai più». Notre-Dame de Paris, Carmen, Les intermittences du coeur, (ispirato alla Recherche di Proust), 12 fantasma dell'Opera, Nana, Artesiana. Sono soltanto alcuni dei molti balletti che affondano le loro radici nella letteratura fra i 150 creati da Roland Petit in quasi cinquant'anni di carriera. Il suo rapporto con la letteratura nasce presto: «Da giovane, durante la guerra, ai tempi in cui Parigi era occupata e i tedeschi dilagavano in Francia, leggevo moltissimo. E poiché ero molto curioso trovavo il modo di procurarmi libri inglesi e americani, vietati sotto l'occupazione. Divoravo romanzi. A diciott'anni poi ho incominciato a coreografare circondato da grandi artisti che adoravano il balletto e scrivevano libretti per me. A un certo punto però sono capitato su scrit¬ tori celeberrimi che mi hanno scritto nuovi libretti. Ma a me non piacevano. Erano cose, per esempio, di Celine, Jean Giono, anche di Charlie Chaplin. Nomi famosissimi. Ma non era quello che volevo. La soluzione era scrivere di persona le storie oppure pescare nella letteratura. E quando si sono letti certi libri che ci hanno segnati, non è possibile inventare storie tanto belle che in più hanno titoli elettrizzanti, magici. E' una tale felicità poterci entrare dentro, cibarsene, e tradurli in danza». Ora ha voglia di andare a pescare un po' nella mitologia greca, Petit, ma prima lo solletica l'idea di mettere in danza la storia di un prete: «Penso a II diario di un curato di campagna di Bernanos. Meraviglioso. Il romanzo così come il film di Bresson. E' un balletto che calzerebbe alla perfezione a Massimo Murru, ballerino molto ecclesiastico; intendo dire: è uno dei rari artisti che conosco oggi che danzino con religione. Esprime fede, onestà, passione a un livello superiore di altezza di spirito. Può darsi che lui nel suo intimo non sia così, ma è quello che trasmette in scena. Allora ho pensato al Diario. Perché sarebbe fantastico, Murru, con la cotta da prete». Petit non risparmia elogi: «Bisogna che la Scala faccia conoscere questo ragazzo. Lavoro in Italia da 40 anni; bene, è il migliore danzatore italiano che ho visto. Uno dei dieci migliori danzatori con cui ho avuto a che fare in 50 anni di attività». Murru come uomo di chiesa dunque: «Immagino il curato di campagna con la sua veste nera, il piccolo colletto bianco. E, come nel romanzo di Bernanos, la sera, quando ha finito il suo ufficio, si pone domande sul suo operato, si chiede se Dio è con lui. Si toghe la cotta, si getta sul letto, accende una sigaretta, incomincia ad essere invaso dal peccato. Come tutti. Come tutte le persone di Chiesa. Sono credente e cattolico e posso assicurare che i preti sono come tutti gli altri, se incontrano Chéri gli gira la testa anche a loro». Gli stessi turbamenti che prova la matura Lea? «Esattamente. Una storia terribilmente scura, quella di Chéri. Non shakespeariana, ma un dramma da salotto, toccante, melanconico. Un po' come la musica di Poulenc che ho scelto per realizzarlo, un po' come le pagine della Recherche di Proust. Ci sono due esseri che si amano, e si rincorrono senza mai riuscire a trovare un modo di stare insieme, perché 40 anni di differenza li separano». «Non è un balletto lungo, non c'è un soffio epico, - anticipa ancora Petit - in un'ora dovevo raccontare la crescita di Chéri da ragazzino a giovanotto. Bisogna che si capisca che lui conosce Lea da quando è bambino. E' importante. Perché lui continua a fare con lei, da adulto, quello che faceva da piccolo: sedersi sulle sue ginocchia, giocare con il suo collier di perle, baciarla nel collo, giocare con il suo seno. Poi la lascia, si sposa, ma non può fare a meno di lei. Ha voglia di tornare a fare l'amore con la sua vecchia maitresse che gli ha insegnato tutto. La cerca e trova una vecchia. Deluso, senza riuscire a liberarsi da un'immagine che non esiste più, si dà all'oppio e alla fine si uccide». Con un colpo di pistola come nel romanzo? «No. A teatro i colpi di pistola fanno sempre ridere. Ho preferito farlo correre fuori scena immaginando che si getti nella Senna». Dal romanzo al balletto; il percorso, per Petit, non è sempre lo stesso: «Parto da un gusto, da un'idea che viene da dentro di me, provocata da un musicista, da un danzatore, da una situazione. Ogni volta capita in modo differente. Per esempio, quando ho fatto il Fantasma dell'Opera, l'ho letto, riletto e dimenticato, poi un giorno ho preso un quaderno e in un'ora ho scritto tutto il "decoupage" del balletto. L'Arlesiana, lo stesso, dura mezz'ora e ci ho messo mezz'ora a scriverla: ho ascoltato la musica e mi è venuta l'idea. Per Chéri è stato molto più difficile, una cosa che mi è cresciuta dentro poco per volta». Sergio Trombetta Storia d'amore tra un giovane e la matura amica della madre «Poi sfiderò il curato | peccatore di Bernanos» PETIT Roland Petit con la Fracci e Massimo Murru. Danzando con Cdette Roland Petit con la Fracci e Massimo Murru. A destra: Colette con Jean Cocteau

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