Il Paese dei sogni timidi

Il Paese dei sogni timidi ANALISI Il Paese dei sogni timidi La riconciliazione avanza con fatica u NA piccola città del Nord Est in Sud Africa, Louis Trichard, da sempre roccaforte bianca (il nome deriva da un pioniere ugonotto). Con un amico, scrittore sudanese che insegna all'università nera di Venda, entro in un bar per acquistare un paio di lattine di succo di frutta, mi confondo e porgo un rand di meno, poche lire. Il proprietario, bianco chepitrbianconon si può, me lo fa notare con malagrazia. Mi scuso e rimedio; lui prende il rand senza una parola, mi dà le lattine e mi volta le spalle. Perché? Il mio amico me lo spiega: «I bianchi non sbagliano mai, e lui non te lo ha perdonato». Ecco un istruttivo punto di partenza per capire al di là della congiuntura politica l'atmosfera del post-apartheid. Non che tutti i bianchi si comportino o la pensino come il convinto razzista di Louis Trichard, ma la spaccatura, il muro contro muro, rimangono e sono duri a morire. Certo, in pochi anni la svolta politica ha lasciato il segno, e in un certo senso ha del miracoloso: Nelson Mandela dal carcere alla presidenza, il crollo della discriminazione che si tocca con mano. Uno spettacolo gioioso ed irresistibile vedere i neri che sciamano di festa sulle spiagge uh tempo rigorosamente vietate, o che passeggiano nei quartieri un tempo santuari irraggiungibili (il rovescio della medaglia è però il centro di Johannesburg, che l'esplosione della criminalità ha reso simile ad una giungla, di notte e di giorno). Ma «riconciliazione» è parola assai più complessa ed ambigua. Andiamo per ordine. Mandela è un politico accorto oltre che un uomo di cultura, e riesce naturale definirlo un moderato. Quale potrebbe essere il suo modello inglese, mi ha detto con una punta di bonaria ironia J. M. Coetzee, il grande scrittore di ascendenza boera ben noto anche in Italia, premio Mondello e da sempre nemico dell'apartheid? Harold Macmillan, il conservatore illuminato. Dunque, Mandela ha lanciato fin dall'inizio la parola d'ordine della riconciliazione, promuovendo tra l'altro una discussa amnistia. Molti parenti delle vittime e dei perseguitati si sono opposti. D'altro canto, negli ultimi mesi sono stati rinviati a giudizio alcuni dei capi più compromessi, come il potente ministro della Difesa Magnus Malan, e in questa occasione si sono ribellati i gruppi Manchi più conservatori. L'ultimo e significativo test è sopraggiunto con le elezioni locali ma su scala nazionale del 2 novembre scorso. Ha stravinto l'Afrìcan National Congress, il partito di Mandela, ma il National Party, capeggiato da De Klerk e nel quale resistono frange di destra estrema, ha registrato in taluni casi successi non trascurabili. Paradossalmente, si è assistito alla disfatta del Democratic Party, il partito dei bianchi liberali che aveva rappresentato l'unica seria opposizione all'apartheid. Come vedete, anche in Sud Africa sembra non sussistere più spazio per il centro. Per capire meglio il senso della congiuntura in questo Paese tutt'altro che omogeneo, immaginate di fare un viaggio trasversale da Johannesburg a Cape Town. Johannesburg comprende il centro, come di- cevamo invivibile, alcuni quartieri bianchi prosperi, eleganti, esclusivi, anche se i neri non ne sono più esclusi, almeno sulla carta; poi, ai margini, ecco l'immensa metropoli di Soweto, la township nera, con le sue catapecchie, le strade in terra battute e qualche chiazza di case eleganti, quelle dei neri benestanti. A Soweto, ha scritto un acuto osservatore americano, per ora sono, leciti soltanto «umili sogni», come del resto nei poverissimi centri minerari. Si può soltanto sperare. Magari nel grande stadio di calcio dove la Nazionale sudafricana ha celebrato il suo trionfo, e appagato per qualche ora molte illusioni. Andate a Durban, due ore di volo, e troverete ancora il segno imperio^ so dei bianchi, pur se i neri godono maggiori libertà. Allo stadio di calcio i bianchi non ci vanno perché lo giocano i neri e perché il loro sport è il rugby. Proseguite, e attraversate il Transkei, terra degli zulù, talora usati dal potere bianco contro l'Anc. Qualcosa si muove; nella capitale, Umtata, si trova un'università dai notevoli fermenti intellettuali, ma anche qui si scommette sul futuro con consapevolezza ed energia. Rimettetevi in viaggio ed ecco Grahamstown, una cittadina universi- tana economicamente attiva, di matrice rurale, e vi stropiccerete gli occhi. Sembra di trovarsi in Inghilterra, un'Inghilterra vittoriana trapiantata con un tocco magico, ferma nel tempo. Qui il National Party conta molto seguito. Finalmente, Cape Town, la città più vivace, più aperta, con tre università di alto livello, uno scambio etnico di crescente intensità, ove le contraddizioni vengono, si fa per dire, introiettate. Se in quasi tutti gli atenei ai vertici rimangono i bianchi, qui, alla «Western Cape», hanno nominato vicecancelliere un intellettuale nero esule per anni in Canada e di alto profilo, egli pure mio amico, Cedi Abrahams. Ecco il laboratorio del futuro. Vogliamo sentire la voce di alcuni intellettuali di punta? Uno visita il Paese ma non ha voluto ritornarvi stabilmente: è il boero Breyt.en Breytenbach, da sempre sostenitore di Mandela, esule dopo sette anni di carcere di cui cinque a regime di isolamento e alcuni anni or sono premio Malaparte. E' scettico, perché a suo avviso Mandela si trova solo, senza un gruppo dirigente organizzato e tutto da inventare. Sipho Separala, nero, militante, cantore di Soweto nel suo ufficio della rischiosa Johannesburg mi guarda con la sua affascinante dolcezza e confessa di essere d'accordo con Breytenbach. Quanto, quanto ci vorrà, Sipho? Speriamo cinque anni, diciamo magari dieci. A Cape Town un altro scrittore di primo piano Andrée Brink esprìme una cautela simile, e una simile speranza, lui che scrive in inglese e in afrikaans, si è opposto sempre all'apartheid e ammette con lucidità di possedere dunque almeno due anime. Quante sono, allora, le anime del Sud Africa? Non tutti i bianchi, notavamo, si identificano nel National Party, ma molti «colorati», specie quelli di origine indiana - non di- mentichiamo che qui Gandhi iniziò la sua carriera - non si identificano nell'Ano. Il progetto del nuovo Sud Africa, però, si muove, e di questo nessuno dubita. Come nelle parole di un autorevole collega dell'università di Grahamstown, sottile intellettuale con una splendida casa vittoriana, ma politicamente sostenitore di Mandela: «Non sarà facile, sarà rischioso. Ma se pensiamo al passato, mi creda, è magnifico». Claudio Coriier Breytenbach, scrittore boero che ha lottato a fianco dei neri: Mandela purtroppo è solo