Riprende quota l'ipotesi di due vicepremier: Napolitano per il centro-sinistra, Letta per il Polo Maccanico in salita, guerra sui nomi di Gianni Letta
Riprende quota l'ipotesi di due vicepremier: Napolitano per il centro-sinistra, Letta per il Polo Riprende quota l'ipotesi di due vicepremier: Napolitano per il centro-sinistra, Letta per il Polo Maccanico in salita, guerra sui nomi E Fini insiste: noaDini, sì al doppio referendum ROMA. Tentativo di Maccanico, secondo tempo. Oggi il presidente del Consiglio incaricato incontra sindacati e rappresentanti delle Regioni. Domani nuovo giro con i partiti e ricerca della quadratura del cerchio. Che rimane diffìcile, come ha ammesso Gianni Letta (vice di Berlusconi) dopo aver parlato ieri con Maccanico: «I problemi ci sono e anche le difficoltà. Ma esistono la volontà e lo spirito per superarli». Volontà e spirito che riguardano, a quanto pare, soprattuto Berlusconi e D'Alema. E in questa ottica, riprende quota la nomina di due vicepresidenti del Consiglio «garanti» uno per il Polo (Letta) e l'altro per il centro-sinistra (Napolitano). Berlusconi pare deciso a dire a Fini che non c'è spazio per un terzo vice (Tatarella): il Polo è uno e il suo capo pure. La difficoltà, principale, al momento è legata a Lamberto Dini. Va avanti da giorni il tira e molla tra il centro-sinistra che giudica naturale che Dini diventi ministro degli Esteri e Gianfranco Fini che pone veti. Ieri Massimo D'Ale- ma, segretario del pds, ha ripetuto a quattrocchi a Maccanico che Dini non può essere discriminato dai veti di An. «Lo hanno cacciato via accusandolo di essere un tecnico e ora non lo vogliono perché dicono che è un politico» ha osservato. Dopo D'Alema, Maccanico ha ri- cevuto Mario Segni e Diego Masi e anche loro gli hanno detto che «non sono ammissibili veti, vendette personali o politiche». Altri¬ menti il «patto Segni» potrebbe «non appoggiare il nuovo esecutivo». Cioè, si asterrebbe. Infine, colloqui con Letta e Gior- gio La Malfa. Maccanico ha ricevuto anche una serie di personaggi tra i quali potrebbe esserci qualche possibile candidato ministro: Giuliano Amato, presidente dell'Antitrust, Lorenzo Necci, amministratore delegato delle Ferrovie, Pietro Larizza, segretario Uil, Luigi Compagna, professore di Diritto costituzionale e l'ex sindaco di Roma, Franco Carraro. Sul fronte del Polo, in realtà, quasi tutti si agitano. Raffaele Costa, per esempio, manda a Maccanico un avviso di burrasca: «Bisogna cambiare musica e quasi tutti gli orchestrali». E se rinascesse un governo di tecnici i federalisti-liberali «non potranno dare a Maccanico quel consenso personale che merita». Insomma, minaccia di astensione se non ci saranno ministeri anche per i politici. Ma non sono queste voci che possono preoccupare veramente il presidente incaricato. Il vero problema per Maccanico (e per Berlusconi) continua ad essere Gianfranco Fini e la sua raffica di veti. Prima di tutto quello contro Dini, perché Fini teme (e anche il Polo) che andando al ministerc degli Esteri rimanga troppo in primo piano e possa diventare, al momento delle elezioni, un decisivo candidato per il centro-sinistra. Questo timore è reso esplicito da Pierferdinando Casini, Ccd, che propone una soluzione di mediazione: i ministri del governo Maccanico si impegnino pubblicamente a non candidarsi alle prossime politiche. «Non si capirebbe, in caso contrario, con quale spirito potrebbero partecipare ad un governo che deve essere di garanzia per tutti e non solo per qualcuno». E al ministero degli Esteri, resti Susanna Agnelli «che ha lavorato con eo^iilibrio e serietà». L'altro problema posto da Fini è il referendum alternativo da tenere, sì, sulla riforma che sarà approvata dal Parlamento (previsto dalla Costituzione), ma anche sulla proposta respinta (non previsto). Fini teme che il suo sogno presidenzialista si annacqui strada facendo. Ma il resto del Polo è freddo con la pretesa di doppio referendum da parte di Fini e intenzionato a farla cadere. Si studia, intanto, il protocollo d'accordo tra i partiti sulle riforme per dar vita al governo. E potrebbe essere utile ricordare la proposta di mediazione fatta proprio da Antonio Maccanico su la Repubblica del 22 dicembre. In essa, Maccanico sottolineava che il Presidente della Repubblica ha già vasti poteri (assai simili a quelli del Presidente francese) e che gli si potrebbe aggiudicare anche la competenza sulla politica internazionale. Il problema è che si è approvato il sistema maggioritario per avere una maggioranza espressa dall'elettorato per dare vita ad un governo. Se non ha funzionato, si possono trovare correttivi ma senza «alterare il fondamento neoparlamentare della riforma». Alberto Rapisarda Tra i possibili ministri: Amato, Necci il leader Uil Larizza e l'ex sindaco socialista di Roma, Franco Carraro Berlusconi al presidente di An: Tatarella non potrà essere il terzo «vice»; il Polo è unito e uno solo deve restare il suo capo quadratura ne diffìcile, anni Letta o aver par: «I problefficoltà. Ma spirito per irito che rie, soprattua. E in queta la nomiti del Consil Polo (Letnico ih'cui i olitica vaner stabilire rapia per la te, era ieri asa in cui il iaceva fra i rusichi senmalato non lora certahe dire che a vivo. In casa ha ieri oltato. Ha le sue paroir nulla, per della riserccanico ha igliene, che recedente e «commosso, detto che le o piuttosto ato per le iltri scatenada molti insciocchezze on abbiamo non se ne fa definito il o». a dell'aggiume tutti in Da sinistra: il presidente del Consiglio incaricato Antonio Maccanico, il segretario pidiessino Massimo D'Alema e l'ex sottosegretario nel governo Berlusconi Gianni Letta
Luoghi citati: Roma
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