Quell'inerte «Seduttore» di Fabbri e i clown di Remondi-Caporossi di Masolino D'amico

Quell'inerte «Seduttore» di Fabbri e i cloum di Remondi-Caporossi TEATRO & TEATRO Quell'inerte «Seduttore» di Fabbri e i cloum di Remondi-Caporossi teatro si impara sempre qualcosa, ma la sola informazione con cui si esce dal Quirino di Roma è che il già famoso Seduttore di Diego Fabbri (1951), qui fino al 18, è una pessima, pessima commedia: situazione scontata (un uomo con tre donne, la moglie e due amiche, e il suo vano tentativo di metterle insieme), dialoghi inerti (non una sola reazione in sala durante tutto il prim'atto), mediocri personaggi, tre donnette banali - una moglie gelosa, una dattilografa, una mondana - e un uomo insulso; e una non-storia, mal mascherata da ironica confessione del protagonista. Dovendo cavare sangue da una tale rapa, il regista Giancarlo Sepe si è limitato a tagliare e a stringere, e ad accentuare la qualità di marionette senza spessore degli inesistenti personaggi facendo montare da Almodóvar una scenografia beffarda con tre stanzette uguali in fila a porte comunicanti, dove impostare frivole coreografie tipo balletto; e camuffando il protagonista Andrea Giordana da Mastroianni in «Otto e mezzo», con gli stessi occhiali e un abbozzo di aria sorniona. Le tre donne Carlina Torta, Antonella Attui e Stefania Micheli - sono penalizzate anche da luci che gli nascondono i lineamenti del viso, dando al tutto una consistenza da macabro teatro di pupi. Il guaio maggiore comunque, ripeto, era a monte. Non molto più allegra la situazione al Valle, dove fino all'11 si può ascoltare una novità premiata dall'EDI, Conver- Masazione per passare la notte di Raffaella Battaglini. I 90' spezzati da un intervallo appartenengono al cosiddetto teatro della memoria: due donne, madre e figlia, in broccato rosso scuro con immense crinoline, inizialmente sedute dietro due catafalchi fra l'inginocchiatoio, lo strumento musicale e il sofà (scene e costumi di Pasquale Grossi), si raccontano a vicenda battibeccando qualcosa che entrambe hanno vissuto molti anni prima, e che a tratti vediamo proporsi sul palcoscenico alle loro spalle, mediante altre due donne (Alvia Reale e Rossana Piano) molto più giovani e vestite di bianco Anni Trenta, interagenti con un signore anziano (marito dell'una, padre dell'altra) e con un giovanotto a piedi nudi. Questo giovanotto, piombato nel giardino della lussuosa villa della famigliola, fu concupito da, e flirtò con, entrambe. Lo scarso interesse di questa vicenda potrebbe essere movimentato dal modo di raccontarla; ma il copione esaurisce presto la carica, e al regista Federico Tiezzi non basta illuminare con colori acidi i fondali delle rievocazioni; inoltre alla affidabile Magda Mercatali (la narratrice-figlia) si contrappone una Marisa Fabbri (narratrice-madre) che sguazza beata nei manierismi di dizione introdotti per smuovere le acque da Giorgio De Lullo più di trentacinque anni fa (accentuazione sistematica della parola sbagliata), con un effetto che nel caso risulta semplicemente insopportabile. Per fortuna almeno un soffio di sommessa poesia è stato portato in questa settimana sfortunata per la drammaturgia italiana dai vecchi amici Remondi e Caporossi, che hanno iniziato a Rosignano Solvay un lungo giro per piazze minori con la loro ultima fatica, intitolata Romitori: 55' quasi muti, con due vecchietti accuditi da una coppia di angeli (i gemelli Ferdinando e Pietro Gagliardi), i quali gli tagliano le lunghe barbe, li fanno salire e scendere da alte scale, e insomma li accompagnano in una allegoria di avventura terrena collocata in una scenografia semplice e fiabesca, degli autori-interpreti: apologo di dolci clown quasi felliniani, che riesce a incuriosire, e in qualche caso a commuovere, anche se non proprio a conquistare tutti. Masolino d'Amico ICO I Magda Mercatali a Roma

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