ULISSE Il mito nel timone di Liliana Madeo

// mito Mostra a Roma per l'eroe greco che ha sconfìtto il tempo // mito nel timori •w 1 ROMA I 7 IDEA è che il visitatore, I come un nuovo Ulisse, IJ, compia un viaggio a zig*=Jzag attraverso il mondo antico. Lungo mille anni di storia e di creazioni artistiche (dal 700 a. C. al sesto secolo d. C). Scoprendo come un mito nasce e si trasforma senza mai appannarsi. Come viene raccontato con la parola, poi tradotto in immagine, quindi svelato e ricostruito grazie alla ricerca scientifica e alla sapienza tecnologica. Al centro di questo ipotetico itinerario c'è proprio Ulisse, «il prototipo dell'uomo europeo, l'uomo capace di sfuggire al condizionamento del fato e che a nessun pericolo si arrende, dinamico, pieno di fantasia, scaltro, l'archetipo del marinaio, dell'esploratore, del viaggiatore audace: il suo mito è forse l'unico ad essere sopravvissuto a tutte le demitizzazioni. Ancora oggi quasi ognuno di noi si potrebbe identificare con' questo eroe che voleva conoscere l'essenza è i pensieri degli uomini, è i misteri della natura», dice Bernard Andreae, archeologo di fama internazionale, direttore dell'Istituto archeologico germanico a Roma, che alla figura di Ulisse e allo studio delle rappresentazioni date nei secoli all'eroe omerico lavora da quarant'anni: «Un incontro, il mio con Ulisse, che ha condizionato tutta la mia vita», aggiunge rìdendo. «Ulisse: il mito e la memòria» è appunto il titolo di una grande mostra che nasce dalla lunga ricerca del professor Andreae e s'inaugura il 22 febbraio al Palazzo delle Esposizioni, un'iniziativa promòssa dal Comune di Roma (assessorato alle Politiche culturali e Sovraintendenza ai musei, {pilerie, monumenti e scavi), con a collaborazione della Soprintendenza archeologica del Lazio e dell'Istituto archeologico germanico e con il contributo dell'Enel. «Ci stiamo, lavorando da anni», racconta Claudio Parise, archeologo dei Musei Capitolini incaricato del coordinamento della mostra. Saranno esposte 200 opere sculture, dipinti, vasi, bassorilievi, gemme, lanterne - provenienti dal Vaticano e da quasi tutte le nazioni europee, da musei italiani e di Stati Uniti, Australia, Iran. Ma saranno anche allestite grotte e ninfei imperiali, lo scenario preferito dagli imperatori romani anzitutto quelli della famiglia Giulio-Claudia - per collocarvi statue che dell'eroe di Omero raccontassero le avventure, l'ingegno, la fedeltà agli affetti e alla memoria, l'attaccamento ai genitori, la sposa e il figlio. «Ognuno di questi Cesari - spiega Andreae, citando Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone - aveva creato in uno dei suoi palazzi un cosiddetto "antrum Cyclopis". Ma tanti altri fecero del tema di Ulisse una componente essenziale nella decorazione delle loro ville, come Domiziano a Castel Gandolfo e Adriano a Tivoli. Già nel periodo tardo-repubblicano era di moda dipingere lunghi corridoi, nelle case patrizie simili ai palazzi reali dell'Oriente, con scene delle peregrinazioni di Ulisse». L'«effetto grotta» dovrebbe recuperare l'emozione voluta da Tiberio duemila anni fa, quando ideò per la sua villa di Sperlonga quella specie di mitico teatro naturale in cui Ulisse appariva come il vincitore di ben quattro avversari. E dovrebbe recuperare almeno un'eco dello stupore che nell'antichità suscitava il ninfeo del palazzo di Baia, sul bordo occidentale del golfo di Napoli. Era una grande sala adibita a banchetti e giochi d'acqua, con il soffitto che imitava la volta di una grotta, le pareti ornate di mosaici, statue, intarsi: gli ospiti entravano in barca, i cibi stavano su grandi piatti, i più pesanti posati sui bordi della vasca, «mentre i più leggeri - ha scritto Plinio il Giovane - vanno galleggiando in recipienti a forma di navicella». Tutta l'abside l'imperatore Claudio l'aveva fatta occupare da un intreccio di figure che raccontavano l'accecamento di Polifemo, e facevano di Ulisse un «exemplum vir- tutis», il modello del condottiero capace di ogni astuzia pur di porre in salvo sé e i suoi uomini. Fu proprio Andreae a dire che si trattavadi Ulisse e dei suoi compagni, quando potè vedere i primi fram¬ menti di braccia, teste, tronchi marmorei casualmente - nel '69 impigliatisi in una rete di pescatori che era andata a finire sopra il famoso complesso di cui da secoli non si sapeva più niente, ricoper¬ to com'è da muschi e licheni a sette metri di profondità. Fu quindi lui a farli portare alla luce, dirigendo quello che è considerato il più grande scavo archeologico I sotto il livello del mare e firman- do così una straordinaria scoperta archeologica. Due sono le linee-guida della mostra. La sequenza delle avventure di Ulisse. E come, nei secoli, le sue imprese hanno sedotto l'immaginazione collettiva, ispirato gli artisti. Ecco quindi le opere che raffigurano la consegna delle armi di Achille, il cavallo di Troia, ii '■atto del Palladio, il recupero del corpo di Achille; quindi il viaggio di ritorno, con l'accecamento di Polifemo, l'episodio delle sirene che è lo scontro fra la seduzione dei sensi, la curiosità, l'ansia di conoscenza e la fedeltà ai propri compiti, la discesa agli inferi e l'incontro con Tiresia che gli anticipa il destino futuro, l'episodio della maga Circe che trasforma i compagni di Ulisse in porci, l'episodio di Scilla che divora i naviganti, il ritorno a casa, la strage dei pretendenti, l'incontro con Penelope. «Nello stesso tempo - dice Parise - si vuole far capire come è cambiato nel tempo l'impatto che questa figura ha avuto con culture diverse, come è cambiato il valore simbolico dato a Ulisse. Presenteremo la sua immagine nell'arte greca, nell'arte etnisca, nell'arte romana. I greci, ad esempio, sottolinearono l'episodio di Circe in cui vedevano la tentazione di abbandonare il dovere di uomo-guida, la prova che Ulisse supera in nome del suo senso di responsabilità. In età romana gli episodi considerati più significativi furono quelli di Scilla e di Polifemo, visti come la vittoria dell'intelligenza e della civiltà sulla barbarie e la bestialità». La mostra di Roma ha il suo fulcro in una scultura di 6 metri per 4, «un'opera a sé - anticipa Parise - unica, di cui non sarà mai possibile fare il calco, eseguita da Silvano Bertolin secondo la guida scientifica di Andreae e sotto la sorveglianza e la responsabilità della Soprintendenza archeologica del Lazio». E' la ricostruzione riassemblando i calchi di infiniti frammenti marmorei e colmando i vuoti con una mistura di resina, polvere di marmo e fibra di vetro del gruppo di Scilla di Sperlonga, venuto alla luce con uno scavo iniziato nel '57. Un lavoro durato quarant'anni. C'erano migliaia di frammenti che giacevano fra le teste, le braccia, le figure recuperate intere: bisognava farne i calchi, capire di quale blocco dell'opera facevano parte, come era infine l'opera stessa nella sua interezza. E' stato un viaggio avventuroso, punteggiato da delusioni, ipotesi, conferme. Un viaggio a zig-zag, nella ricerca e nel confronto fra loro di statue, mosaici, una gemma, acquerelli, disegni, rinvenuti in diverse parti dei mondo e che sono la copia - come 10 è anche la Scilla di Sperlonga della Scilla originaria, che era un bronzo del secondo secolo a. C, andato distrutto. Il primo impatto del visitatore, appena messo piede nel Palazzo delle Esposizioni, sarà con questa grande raffigurazione di crudeltà e terrore, di morte e di tensione, con la Scilla e 11 suo gonnellino di pinne, le code di pesce, il corpo da cui fuoriescono i tentacoli che afferrano i sei compagni di Ulisse, e Ulisse che fronteggia il mostro marino, il timoniere che s'inarca nello sforzo di non soccombere, le facce dei naviganti sconvolte dall'orrore. Liliana Madeo Duecento opere d'arte fra sculture, dipinti, vasi lungo mille anni dal VII secolo a. C. Ce ne parla il grande archeologo Bernard Andreae e ha sconfìtto il tempo ri