«Costanzo, mi lasci in pace col mio rimorso» di Stefano ManciniMaurizio Costanzo

«Costanzo, mi lasci in pace col mio rimorso» IL CASO Polemica per un dibattito in tv, il conduttore replica: «Lo rispetto, però non censuro» «Costanzo, mi lasci in pace col mio rimorso» Citato al Maurizio show, uno degli assassini dei Maso scrive alpresentatore DAL CARCERE LASCIATEMI solo nel silenzio della mia cella». E' la lettera del detenuto Cavazza Paolo da Rebibbia, condannato perché complice del duplice omicidio Maso. Ce l'ha con Maurizio Costanzo, Cavazza, perché in trasmissione ha ricordato il suo delitto. «Un crimine orribile - spiega in una lettera pubblicata in prima pagina sabato da Avvenire - per cui sto pagando con dignità e serietà». Ricostruire l'episodio non è semplice. Il detenuto lo racconta così: «Costanzo ha richiamato il delitto Maso per presentare la canzone "Film", nelle cui strofe ricorrono alcuni, reati nei quali 1 giovani danno il peggio di sé (come ho fatto io). Mi hanno dato fastidio gli applausi che sono seguiti alla canzone, come se si fòsse trattato di un racconto di eroi». «Faccio una trasmissione al giorno, mi è difficile ricordare tutti gli argomenti dibattuti replica il giornalista e conduttore tv -. Ci sarà stato un accenno al caso, ma non una lunga discussione. E comunque, con tutto il rispetto che ho per questa persona, non vedo perché non si dovrebbe parlare di quel delitto». Già, il delitto: Antonio Maso e sua moglie Rosa Tessari furono massacra¬ ti nell'aprile di cinque anni fa nel Veronese dal figlio Piero e da due suoi amici (uno è Paolo). La loro condanna definitiva è rispettivamente a 30 (Piero Maso) e 26 anni (gli altri due). La querelle finirebbe qui, se non fosse che a Paolo Cavazza ha risposto - sempre sulla prima pagina di Avvenire di sabato - il cardinale Ersilio Tonini. Con un messaggio di solidarietà: «Caro Paolo - scrive il prelato - il solo accenno a quella vicenda è bastato a farti sentire come esposto in piazza e indicato al disprezzo dell'intera nazione. Quel che è difficile far capire è che nei delitti noi siamo abituati a vedere solo il momento della trasgressione morale. Ma l'essere umano è sì capace dei delitti più squassati, ma anche di impensabili recuperi». Citazione d'jobligo: il Raskolnikoff di Dostoevskij, che dopo la confessione della colpa comincia la sua lenta rinascita, il passaggio da un mondo in un altro. Facciamo allora un passo indietro, al Costanzo show di qualche sera fa. Meglio sarebbe stato tacere per dimentica¬ re e far dimenticare un delitto i cui colpevoli sono stati scoperti, hanno confessato, si sono pentiti e scontano una dura condanna? Per Costanzo il discorso è chiuso. «Mi sembra che si cerchi a tutti i costi un motivo per polemizzare - spiega -. Riaffermo il diritto di parlare di quella vicenda, pur con tutto il rispetto per chi oggi è in carcere. Il fatto che una persona sconti una condanna non elimina il delitto. Altrimenti, per paradosso, non si dovrebbe più parlare neanche delle Fosse Aràeatine». L'affermazione è ineccepibile, ma l'urlo di dolore, da dietro le sbarre di una cella, rimane in tutta la sua disperazione: «Mi basta la voce della coscienza e le parole delle persone che mi sono vicine per essere aiutato nel mio cammino di' pentimento e di crescita». Stefano Mancini Il cardinale Tonini è solidale col giovane «Questa società dimentica che l'uomo sa anche pentirsi» A sinistra Paolo Cavazza A destra Maurizio Costanzo e il cardinale Ersilio Tonini