Addio all'ultimo re del musical di Vittorio Zucconi
Addio all'ultimo re del musical Addio all'ultimo re del musical Los Angeles, è morto Gene Kelly, un mito del balletto americano HWASHINGTON A cantato sotto la pioggia, ed è morto nel sonno. A 83 anni, ieri sera nella sua casa di Beverly Hills a Los Angeles, è morto Gene Kelly, l'uomo che aveva dato all'America degli Anni 50 il sorriso, il volto e le gambe di un popolo vincitore che celebrava danzando i suoi trionfi e il suo ottimismo spensierato. E' morto intontito da due emorragie cerebrali, accanto alla moglie Patricia. Immobilizzato dalla paralisi, lui che aveva fatto del movimento il suo linguaggio. Non aveva mai avuto la leggerezza metafisica e asessuale del suo grande maestro e rivale, di quel Fred Astaire alla cui immagine inarrivabile fu paragonato e crocefisso per tutta la sua vita. Ma Gene Kelly era figlio di un'altra generazione, di un'altra America, di un tempo, che non aveva più vergogna del proprio corpo e non doveva più nasconderlo dietro frac o sottanoni lunghi. Con lui, «i ballerini si tolsero l'abito a code, il cilindro, lo sparato e restarono in maglietta e mutande» disse di se stesso, e aveva ragione. Nei suoi balli, scrisse Norman Mailer, «si vedevano i muscoli e si sentiva il sudore». «Cantando sotto la pioggia», il più bello dei suoi film, e uno dei 25 nominati ufficialmente dalla libreria del Congresso americano come «classici», «Un americano a Parigi», «That's Entertainment», non sono monumenti della cultura contemporanea, iliadi o Divine Commedie. Persino l'Accademia rifiutò a lungo di riconoscere l'arte di Gene Kelly e si rassegnò solo tardivamente a concedergli un Oscar per la sua vita, i premi che si danno alle stelle che non hanno mai vinto un Oscar. Ma ora che questo ballerino discreto, questo ragazzone americano con la faccia da americano è morto, il pubblico si accorge che con Gene Kelly è scomparso un genere e un tempo: quello nel quale era lecito danzare nelle pozzanghere senza neppure prendersi il raffreddore. Più tardi sarebbero venuti la Corea, il Vietnam, i dubbi, le sconfitte. Ma nell'America dentro la quale Gene Kelly ballava non c'erano dubbi né ripensamenti. Solo la certezza che il mondo intero sarebbe stato la Parigi che accolse il suo «Americano a Parigi». Un luogo nel quale il futuro sarebbe stato soltanto un lungo ballo. Non era bravo e leggero come Fred Astaire, certamente. Ma era il volto, e la gambe, di una illusione americana, ormai morta con lui, nel sonno, a Beverly Hills. Vittorio Zucconi SERVIZIO A PAG. 20
Persone citate: Divine Commedie, Fred Astaire, Gene Kelly, Norman Mailer
Luoghi citati: America, Los Angeles, Parigi, Vietnam
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