fenice nel bar la chiave del giallo

Spettacolo in contemporanea per favorire la ricostruzione fenice, nel bar la chiave del giallo «Il teatro era un groviglio di fili scoperti» Venezia, parla la donna che gestiva il locale: «C'era corrente anche di notte» VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Piastre elettriche e fornelli a gas per scaldare la pasta e fagioli, fili scoperti, un impianto elettrico sgangherato e non si capisce ancora se acceso o spento, stufette elettriche, barattoli di vernici e resine, teli di nylon, pannelli di cartone. E poi, mentre tutti assicurano che di notte La Fenice dormiva nel buio più completo, la sola luce del custo-, de accesa, si scopre che la macchina del caffè sistemata in un bar che non era un bar era sempre in funzione, collegata a una linea elettrica autonoma. Non bastasse, ecco le baruffe tra operai e direzione del Teatro: contro Gianfranco Pontel, il sovrintendente chiamato Attila, e la sua fretta. I testimoni dell'incendio, Idipendenti del Teatro, cominciano a rispondere alle domande di chi indaga. Vanno a piazzale Roma, Squadra mobile, ma prima o dopo non manca una telefonata ai giornalisti o addirittura una conferenza stampa nella redazione de «La Nuova Venezia». Peccato che le versióni non coincidano mai. Così l'elettricista Paolo Padoan, che ha giurato e rigiurato sulla perfetta efficienza dell'impianto antifumo de La Fenice, al secondo interrogatorio cambia i ricordi: «Ma no! Era spento da giorni». Così, dopo aver letto che l'impianto elettrico di notte era staccato, si presenta la barista e assicura il contrario. Anna Maria Rosato, 39 anni, «ma tutti mi chiamano Stella», è la barista de La Fenice da 12 anni. Capelli e sciarpa color carota, minuta e decisa, si è gustata la sua giornata da protagonista. Le resta da capire se nel bene o nel male. In mattinata, due ore in piazzale Roma e altrettante con i giornalisti. Racconta che la prima domanda è stata questa: «Come lavoravano gli operai e com'erano le beghe con la direzione?». Risposta: «Era un nido di vipere. Tutti ce l'avevano con Pontel, "Attila", perché metteva fretta». La pausa, tra mezzogiorno e le due, la passavano con Stella, nel precario bar ricavato in un angolo della Sala Verdi. v «Pericolo di incendi? Quando c'erano gli spettacoli arrivavano i pompieri vestiti come dei Rambo e mi dicevano: "Stella, se senti odor di fumo scappa che qui brucia tutto". Io avevo la macchina del caffè, una Moka-Efti di due anni, a tre gruppi, che da dieci giorni era stata spostata dalla Sala Guidi. Sul soffitto tre ragazzi di Arezzo stavano restaurando un affresco coperto da 25 anni, l'Inferno di Dante». Nel suo bar improvvisato, Stella teneva le piastre elettriche per panini e altro. La direzione, per la verità, l'aveva diffidata. Ma Stella non ha mai deluso i clienti, «anche se fumavano come turchi e mi intossicavano i giacinti!». Nel gran mistero de La Fenice, un bel giorno chi indaga potrebbe scoprire che l'incendio é cominciato proprio da questo bar pieno di fumatori e con la macchina per il caffè sempre accesa. Al momento è solo un'ipotesi tra le tante, e nep- pure la più accreditata. Ma basta il racconto di Stella per render l'idea di quanto La Fenice fosse poco sicura, se non indifesa. «Gii impiegati, siccome non c'era il riscaldamento, si rubavano le stufe l'uno con l'altro. Alle cinque del pomeriggio lavavo per terra con lo straccio e tiravo su tutte le cicche di sigaretta. Poi me ne andavo. La macchina del caffè? La lasciavo accesa, tanto era nuova». Accesa? Difficile, a Venezia o altrove, trovare un barista che lasci TORINO. I sindaci di Torino, Bari, Bologna, Palermo, Catania, Milano, Genova, Roma, Napoli e Firenze organizzeranno uno spettacolo nei loro rispettivi teatri lirici, in contemporanea, a favore della Fenice. Al termine di una riunione svoltasi ieri presso il Comune subalpino, Valentino Castellani lo ha comunicato telefonicamente al «primo cittadino» di Venezia, Massimo Cacciari. I sovrintendenti dei rispettivi enti concorderanno la data. Inol¬ tre, i sindaci hanno dato disponibilità a ospitare nep. teatri gli spettacoli che avrebbero dovuto andare in scena alla Fenice. Il sindaco di Venezia ha ringraziato i colleghi: «L'idea è splendida anche perché la Fenice è un patrimonio di tutti». Il sindaco di Bari, Di Cagno Abbrescia, ha parlato della situazione del teatro Petruzzelli: «Non ci sarebbero problemi a trovare i soldi per la riapertura, ma bisogna che diventi pubblico». [r. cri.] Spettacolo in contemporanea per favorire la ricostruzione Emergono contrasti tra operai e direzione lavori prima del rogo Il sindaco Massimo Cacciari A sinistra, un'immagine della Fenice distrutta dal fuoco Sotto, il teatro com'era '<;.

Persone citate: Anna Maria Rosato, Di Cagno Abbrescia, Gianfranco Pontel, Massimo Cacciari, Paolo Padoan, Pontel, Valentino Castellani