Brivido radioattivo dal Volga di Anna Zafesova
«Sono molto agitata per il pranzo» Brivido radioattivo dal Volga Da una centrale 3 nubi mortali in un mese IL CASO INCUBO CERNOB6L MOSCA NOSTRO SERVIGIO A dieci anni dalla catastrofe di Cernobil in Russia continua l'emergenza nucleare. Ieri a Dimitrovograd, nella regione di Ulianovsk, sul Volga, di nuovo è stata sfiorata la tragedia. Una fuga radioattiva dagli impianti dell'Istituto per le ricerche sui reattori nucleari ha generato una nube tossica che ha inquinato 10 chilometri quadrati. La causa dell'incidente, avvenuto alle 11,15 locali, è dovuta a un errore umano che ha portato a un brusco aumento di pressione dentro il reattore. Come conseguenza, la valvola di sicurezza è entrata in funzione automaticamente, facendo uscire i vapori radioattivi, più o meno come accade in una pentola a pressione. Una nube di gas micidiali, della potenza di 3 curie, larga almeno 50 metri, ha investito il territorio dell'Istituto diffondendosi poi per tutta la zona. Le autorità si sono affrettate a minimizzare l'incidente, al quale è stato assegnato il primo grado sulla scala internazionale. Cioè «insignificante». Il personale dell'Istituto non ha ricevuto dosi di radiazioni pericolose per la salute e apparentemente non c'è nessuna minaccia per la popolazione di Dimitrovograd. Secondo il direttore del centro, Valéry Ivanov, non esiste nemn\eno il pericolo di danni per l'ambiente: la nube era composta prevalentemente di isotopi di manganese, con un periodo di semidecomposizione di 2 ore e mezzo, e già ieri sera l'allarme era cessato. Lidia Popova, direttrice del centro di ecologia nucleare, ha però messo in dubbio questa versione. Secondo lei, nella nube di Dimitrovograd era inevitabile anche la presenza di iodio e carbonio, ben più pericolosi e persistenti. Ma anche se i comunicati ufficiali corrispondono alla verità, il problema rimane. Solo nell'ultimo mese nel reattore di Dimitrovograd, che ha la rispettabile età di 30 anni, sono avvenuti altri due incidenti meno gravi, di cui uno per colpa di un errore dell'operatore, e un altro a causa di un guasto tecnico. E non c'è nessuna speranza che la situazione migliori: l'Istituto, una volta fiore all'occhiello dell'industria nucleare sovietica, oggi è sull'orlo della bancarotta. Il direttore Ivanov è disperato: «Ormai è chiaro che la Russia è scesa al livello dell'Africa, che non può più permettersi ricerche nucleari. Non possiamo farci niente, dobbiamo chiudere». Il guaio però è che anche per congelare un reattore atomico i vogliono, dei soldi. Nel frattempo piccoli incidenti nelle centrali atomiche sono ormai all'ordine del giorno. Solo a gennaio i reattori civili degli impianti russi sono stati fermati 9 volte per guasti e altre 7 volte la catastrofe è stata evitata solo grazie ai dispositivi di sicurezza. E gli esperti indipendenti temono che fughe di gas radioattivi, come quella di Dimitrovograd, siano molto più frequenti di quanto le autorità vogliono ammettere. Due settimane fa i controlli ambientali in Norvegia, Finlandia e Svezia hanno registrato un brusco aumento nell'aria dei micidiali isotopi di iodio e cesio-137. La loro apparizione non può essere dovuta a cause naturali e quasi sicuramente vengono dalla Russia, forse dalla centrale della penisola di Kola, una delle più pericolose. Anna Zafesova I minatori russi da ieri in sciopero
Persone citate: Ivanov, Kola, Lidia Popova
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